Jean de La Fontaine, noto scrittore francese famoso per le sue Favole; nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’Infanzia, un’analisi su colui che si proclamò continuatore di Esopo e Fedro, e discepolo di Epicuro.
Jean de La Fontaine, favole alla corte del Re Sole
Il poeta francese è ricordato principalmente per la sua raccolta di Favole, divenute un classico della letteratura. Ispirandosi ai suoi antichi predecessori, Esopo e Fedro, le sue narrazioni hanno come protagonisti animali antropomorfi, simboleggianti vizi e virtù dell’uomo; tramite un gioco dialogico costituito da una fine satira traccia, quindi, le caratteristiche dell’umanità. Grazie alle varie conoscenze illustri, tra cui il duca di Bouillon, riesce a mettersi al servizio della duchessa d’Orléans, interagendo sia con l’alta società del tempo, sia con noti scrittori dell’epoca, fra cui, Molière. Nel 1668 pubblica i primi sei libri delle Favole, nel 1679 altri cinque e l’ultimo nel 1694. Le Favole erano dedicate al Delfino di Francia, figlio di Luigi XIV, il re Sole, e di Maria Teresa d’Austria.
Favole dai toni sarcastici per alludere all’attualità, alla poesia ed alla politica
Il carattere di Jean de La Fontaine era intriso di sensibilità, finezza d’animo, ironia e acutezza nell’osservare ciò che lo circondava. Ed è proprio dovuto al connubio fra umorismo e sarcasmo elegante e non dispregiativo, il successo delle sue opere: con maestria e leggiadria dei toni, usa proprio le favole – prevalentemente un genere poco consono a dipingere vizi e virtù del sociale – per alludere a tematiche sociali o anche, alla politica.

La narrazione è infatti naturale seppur indaghi su aspetti dell’esistenza, a volte, amari. Nelle opere dell’autore francese, si contraddistinguono anche sprazzi di realismo: dalle sue favole, infatti, spesso traspare una parvenza pessimistica della vita che, tuttavia, non attinge all’esperienza personale dello scrittore. E’ piuttosto un manifesto della società francese del tempo ma, soprattutto, dell’umanità nelle sue varie sfumature.
Jean de La Fontaine e l’ispirazione alla letteratura classica
La letteratura classica fu fonte di ispirazione per la produzione letteraria dell’autore francese; la scintilla immaginativa dell’autore riprende interamente i grandi autori antichi, anche nella produzione dei suoi romanzi. Un esempio calzante è Gli amori di Psiche e Cupido ispirato ai racconti mitologici. Anche nella rappresentazione dei vizi umani, si ha un palese rifacimento alla tradizione favolistica del greco Esopo e del latino Fedro; gli animali, infatti, sono la rappresentazione metaforica dei comportamenti dell’uomo. La superbia del re è uguale alla prepotenza del leone, mentre i nobili sono subdoli e furbi come le volpi. Colpisce l’anarchismo lessicale di Jean de La Fontaine : uno stile sciolto e scevro da schemi preimpostati, seppur, raffinato e fantasioso.
Il parere di Rousseau sulle favole di La Fontaine e le affinità con Charles Perrault
Jean-Jacques Rousseau ritenne che le favole proposte da La Fontaine, fossero inadatte ad un pubblico infantile, poiché molto filosofeggianti. Non considerò che quegli animali che interagivano fra loro con discorsi arguti, non fossero altro che maschere degli uomini; era questa la peculiarità. I ragazzi che vi si accostavano si immergevano in un mondo apparentemente ludico, ma dall’alta morale. Del resto, lo stesso Charles Perrault inventore della fiaba come genere letterario, non accostava la sua produzione ai bambini: la morale delle sue fiabe rifletteva messaggi per adulti nonostante i suoi testi fossero popolati da fate e gnomi, piuttosto che di animali. Il desiderio di offrire un insegnamento ai lettori, rese meno frivole le narrazioni dello Perrault. Le favole di La Fontaine si contraddistinguono per le poche righe in cui, alla fine di ogni favola, esplicita una sorta di lezione morale: pedagogicamente interessante da un lato, poiché fornisce una sorta di spiegazione razionale della favola. Dall’altro, tuttavia, potrebbe togliere al lettore la libertà interpretativa.