Da domani, come riportato qui, saranno disponibili per il download gratuito due pietre miliari del catalogo Sony Playstation: la saga di Uncharted in versione rimasterizzata e Journey. Scopriamo questo piccolo capolavoro Sony, passato quasi in sordina e vediamo le sue potenzialità!
Journey, il viaggio come metafora della vita stessa
“La strada è vita”, scriveva Jack Kerouac e l’indie Journey sembra proprio reincarnare questo spirito. Sviluppato dalla software house indipendente Thatgamecompany nel 2013 come esclusiva PS3, il gioco è approdato in versione remaster per PS4 nel 2015.
Un gioco che non ha l’azione e il dinamismo nelle sue corde. Journey è un gioco lento, introspettivo, delicato. Così come delicata è la sua atmosfera, i suoi colori pastello, le ombre sinuose del nostro protagonista.
Il protagonista, silente, è un essere umano – supponiamo che lo sia – incappucciato, il suo volto è scuro e gli occhi incredibilmente luminosi. Il drappo rosso che lo protegge rievoca lo stile di tuniche antiche, romane, che si allungherà man mano nel corso della nostra avventura per permetterci di volare.
Ci troviamo soli, nel deserto. Davanti a noi uno spazio completamente esplorabile da sembrare infinito. Dovremmo muoverci per andare avanti, risolvere enigmi, evitando giganti mostri di pietra. Il nostro obiettivo è salire in cima alla montagna e – prima di arrivare lì – molti scenari appariranno davanti ai nostri occhi.
Il viaggio di Journey è un viaggio calmo, in cui potremo prenderci del tempo, fermarci un attimo e ascoltare la bellissima colonna sonora, riprendere per cercare dei piccoli esserini di stoffa – ricordano le bandiere delle preghiere buddiste – che ci aiuteranno a fluttuare nell’aria, per spostarci da una parte all’altra della nostra mappa.
Per tutta l’avventura dovremo cercare piccoli altari, una figura bianca e luminosa ci mostrerà la strada e le origini del mondo di cui facciamo parte. Non vengono citati nomi, non c’è una storia: l’unica storia è il viaggio; e come ogni viaggio che si rispetti, è un’esperienza unica ed irripetibile, per ognuno di noi.
Penso a Journey come se fosse il racconto della vita stessa: si nasce, si impara a camminare, si impara a trovare un posto nel mondo e andare avanti contando solo su noi stessi, sulle nostre forze. I piccoli drappi rossi che aiutano il nostro protagonista a volare in aria sono la nostra volontà, la nostra tenacia, la nostra motivazione e l’appoggio delle persone a noi care. Sono lo slancio per imparare a volare verso nuove realtà.
Come se fossimo un albero, le cui radici sono ben salde a terra, ma con rami che si allungano verso nuovi orizzonti.
Il fine ultimo del nostro viaggio è una montagna imponente, che osserva tutto il deserto da cui il nostro protagonista “nasce”. Le difficoltà che troveremo lungo la scalata saranno gli ostacoli della nostra vita: le delusioni, il lutto, le malattie. Journey invita a non abbattersi, a conquistare la nostra “vetta”, invitandoci ad andare oltre. E’ la vera essenza della vita.
In Journey il protagonista silente è da solo, è vero. Ma non è detto: sarà possibile trovare altre figure incappucciate proprio come il nostro protagonista, che porteranno avanti il loro Journey. Sarà possibile unirci nell’avventura e proseguire insieme. Da essere un gioco in solitaria, Journey può trasformarsi in un gioco condivisibile con qualcun’altro.
Qui, il viaggio diventa condivisione ed empatia. La scalata di una montagna diventa più leggera perché si può fare in due, o in tre. Ci sarà qualcuno pronto ad aiutarci oppure qualcun’altro che ci ignorerà e andrà avanti per la sua strada: un po’ come le persone che incontriamo nella vita di tutti i giorni.
Alla fine del nostro viaggio, senza fare spoiler di alcun tipo, nei titoli di coda troveremo il nostro nickname e – eventualmente – quello del nostro compagno di viaggio.
E’ una piccola accortezza fatta dagli sviluppatori che – personalmente – a me ha scaldato il cuore. Mi ha dato un senso di soddisfazione estrema, un bellissimo racconto di vita. Ho trovato anche io qualcuno con cui ho ultimato il mio viaggio in Journey. Sono passati anni e non ricordo il suo nickname, ma ho come sentito una spinta dentro di me, una voglia innata di dirgli/dirle: “Grazie, per aver condiviso questo viaggio con me“. Grazie, per essere stato paziente fino alla fine. Per il tuo protagonista, per te stesso.
Ho spento la console con un sorriso quasi infantile sul viso. Quasi due ore e Journey, una bellissima gemma videoludica, ha saputo regalarmi questo. Una metafora su un viaggio così delicata, quasi come una breve poesia, che è entrata silenziosamente nel mio pomeriggio e mi ha donato il significato della vita stessa.
Fatevi un favore: Giocate Journey!
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