Nello spazio di LetteralMente Donna una donna eccezionale che si è distinta per il suo attivismo per i suoi scritti diventando una delle massime esponenti del femminismo della seconda ondata. La donna è Kate Millett e questo è il suo pensiero
Prima di parlare di Kate Millett è opportuno sapere che il femminismo radicale della seconda ondata si differenzia totalmente dalla prima ondata di femminismo della fine dell’800 e degli inizi del 900′. La prima ondata infatti si dedicò soprattutto alla lotta per il suffragio universale e l’uguaglianza sociale delle donne. Negli anni 60′ arrivò la più radicale seconda ondata femminista che ha allargato il dibattito al tema del lavoro, della sessualità e del diritto alla riproduzione. In quest’ottica muove i suoi passi la Millett che nel 1969 era candidata al dottorato presso la Columbia University ed era un’attivista femminista nei gruppi Redstockings e New York Radical Feminists. Aveva perso il lavoro da insegnante perchè coinvolta in prima linea nelle proteste studentesche del 68′. Per questo iniziò a lavorare alla sua tesi di laurea migliorandola e approfondendola.
Kate Millett e il sesso come fonte di dominio
“Sono partita basandomi sul presupposto che c’è spazio per una critica che prenda in considerazione il più ampio contesto culturale in cui la letteratura viene concepita e prodotta”
Queste parole sono tratte dall’introduzione a “Sexual Politics”, il libro nato dalla lavorazione della tesi di Kate Millett. La famosa attivista per questo testo che è diventato la “bibbia” del femminismo della seconda ondata propone un’ampia ricerca accademica che si muove in un contesto antropologico, giuridico e letterario. Al centro della dibattito in questo libro è il sesso inteso come forma di oppressione patriarcale con cui l’uomo instaura il suo dominio politico sulla donna. Le relazioni sessuali sono intese come relazioni politiche sulla cui base si regge la società patriarcale e la sottomissione femminile. Un patriarcato che per la Millett si trova in ogni istituzione sociale compresi la famiglia e il matrimonio
Scrive infatti nel suo libro la Millett, come riportato su la Fionda, che “la nostra società, come tutte le altre civiltà storiche, è un patriarcato. Tale realtà appare subito evidente se si ricorda che le forze armate, l’industria, la tecnologia, le università, la scienza, le cariche politiche, e le finanze, in breve ogni accesso al potere nell’ambito della società, compresa la forza coercitiva della polizia, sono completamente nelle mani dei maschi”. Per questo la Millet invocava una vera e propria rivoluzione sessuale che fosse, come lei stesso scriveva, “la fine dei tabù e delle inibizioni sessuali tradizionali, in particolare di quelli che minacciano il matrimonio monogamo patriarcale: omosessualità, “illegittimità”, sessualità adolescenziale, pre ed extra coniugale”
La dimostrazione letteraria della tesi della Millet
A sostegno della sua tesi nel libro “Sexual Politics” la Millet cita quattro famosi autori letterari come D.H. Lawrence, Henry Miller , Norman Mailer e Jean Genet come “agenti culturali che rispecchiato e influenzato degli atteggiamenti mentali” . La Millet, in particolare, aveva puntato l’indice contro Lawrence per la sua teoria sull’amore per dominare l’altro. Miller era da lei invece considerato un autore sessista e Mailer invece era “prigioniero della virilità”. Tutti tre gli esempi servivano perfettamente a dimostrare la sua teoria del patriarcato mentre Jean Genet era importante per la sua teoria sull’oppressione sessuale.
La parte letteraria insieme a quella politica era utile, in definitiva, al messaggio di cambiamento che la Millet voleva lanciare con la sua opera. Un messaggio dirompente in un’epoca come il 1970 in cui in America le donne guadagnavano meno di un uomo ed ad Harward, per esempio, c’erano solo due professoresse donne di ruolo. Era necessario per questo un cambiamento radicale che la Millett attraverso la sua rivoluzione sessuale gridava a gran voce.
Stefano Delle Cave
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