Ormai disponibile su Netflix il remake coreano de “La Casa di Carta”. Ambientata in una Corea ucronica e unita, gli unici aspetti in comune sono (ma di lontano!) la premessa della rapina alla Zecca, i nomi dei personaggi, le tute rosse. La serie si lascia apprezzare, e sarà indubbiamente gradita ai fan della serie originale di Alex Pina, a patto che la considerino come “cosa a sé”. Più violenta dell’originale, chi ha amato Squid Game adorerà questa versione più sanguinolenta, quasi splatter, del successo spagnolo. Nella serie, le star, già conosciute in occidente, di Lost, Old Boy e Squid Game.
La Casa di Carta, Corea: lo stesso impianto strutturale ma un tono più cupo e violento
La Casa di Carta, Joint Economic Area: questo il sottotitolo del remake made in Corea. L’Area Economica Unica è lo sfondo tutto nuovo su cui si muoveranno i protagonisti della serie, guidati dal Professore. Di identico all’originale, come si diceva più su, ci sta soltanto il pretesto della rapina alla Zecca, le tute rosse, i nomi in codice dei rapinatori. Il resto, è una riuscitissima miscela di pulp e azione iperviolenta, che meglio si adatta al gusto orientale ma che su cui il pubblico europeo e americano di certo non storcerà il naso. Se qualche fan (come è ovvio che sia per la legge dei grandi numeri) potrà rimanere deluso da un prodotto “non all’altezza dell’originale”, ricordategli di considerarlo come un prodotto “ispirato” dalla serie di Alex Pina, che, ricordiamolo, ha supervisionato tutta la produzione.
Del resto, se molti elementi potrebbero perdersi (pensate a tutti i riferimenti ai giochi infantili di Squid Game!), il pubblico europeo ha sapientemente adattato concetti e media orientali fino a farli praticamente propri. Se gridate all’appropriazione culturale, guardate al remake americano di Old Boy, con Josh Brolin e Samuel L. Jackson. Due prodotti radicalmente differenti, vero? Ecco, è in questa luce che dev’essere intesa “La Casa di Carta – Joint Economic Area”: un’idea che funziona (e che “non si cambia”). Evitiamo paragoni, e gustiamoci piuttosto come i rapinatori – tutti psicologicamente definiti, con profondità quasi maniacale, e spesso senza nulla da perdere – tenteranno di portarsi via il bottino di 4 miliardi di won. Senza spargimento di sangue. O almeno, stando al piano…
Alberto Alessi
Seguici su Google News