Benvenuti nell’universo cinematografico di Movie Award. Faremo un viaggio nella Mostra del Cinema di Venezia del 1959 alla scoperta di un film che ha vinto quell’anno il Leone d’oro. Parleremo di guerra, di trincea, e di antieroi. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a “La grande guerra” di Mario Monicelli
“Una specie di grossa pentola in ebollizione, da cui ogni tanto veniva fuori un personaggio; una massa amorfa di umanità, di soldati, di operai, di braccianti, sbattuti nelle trincee in mezzo al fango, lungo i tratturi, da cui uscissero fuori qua e là dei tipi, dei momenti”
Così Mario Monicelli pensava inizialmente al suo capolavoro “La grande guerra”. Un’idea poi messa da parte con la scelta di concentrarsi sui due personaggi principali interpretati da due mostri sacri come Alberto Sordi e Vittorio Gasssman. Il risultato fu un capolavoro capace di muoversi tra due generi apparentemente distanti come la tragedia e la commedia.
La grande guerra e gli antieroi di Mario Monicelli
Con “La grande guerra” Mario Monicelli mette da parte L’esaltazione patriottica e il mito glorioso ma racconta spietatamente la guerra di trincea in tutta la sua pietà e drammaticità. Lo fa soffermandosi anche sui dettagli che possono sembrare più banali. Lo fa soprattutto dagli occhi di due protagonisti che non sono superuomini quanto persone pavide in attesa di salvezza dove coraggio e vigliaccheria si fondono perfettamente. Monicelli in questo film si cala perfettamente accanto a loro, condividendo gioie e dolori dei soldati di trincea.
La vittoria a Venezia e il caso Billy Wilder
Quando “La grande guerra” sbarcò a Venezia non fu accolto benissimo. Innanzitutto ci furono polemiche per il fatto che la pellicola di Monicelli fosse stata selezionata per la Mostra del Cinema con le riprese ancora in corso. Poi arrivarono accuse per l‘eccessiva importanza data ai due attori protagonisti. Dalla seconda proiezione cominciò tutta via la grande ascesa di questo film fino alla vittoria del Leone d’oro exaequo con “Il generale Della Rovere” di Rossellini. Bisogna però anche dire che la vittoria dei due grandi registi italiani fu anche l’occasione mancata per premiare un cult come “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder. Un premio che sarebbe stato epocale e rivoluzionario per una commedia molto avanti rispetto ai suoi tempi.
Stefano Delle Cave