“La vedova Winchester”: la montagna e il topolino

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Di Redazione Metropolitan

La vedova Winchester (Helen Mirren) è impazzita. O almeno è quello che credono al consiglio di amministrazione della Winchester Repeating Arms Company.

La morte del marito e quella successiva del figlio sono stati due colpi terribili da cui non ha avuto la forza di rialzarsi. E certe sue scelte sulla gestione della compagnia ai più all’interno della compagnia sembrano quantomeno discutibili. O forse è il senso di colpa per la sterminata folla di cadaveri su cui è stata costruita la sua immane ricchezza.

“La vedova Winchester”: la casa più infestata della storia

Si è poi trasferita a San Jose, California. Qui giorno e notte una squadra di operai continua ad espandere la sua villa in un accrocchio folle e demenziale di stanze all’interno di altre stanze, finestre interne senza senso alcuno, scale che non portano da nessuna parte. A svolgere una perizia psichiatrica è incaricato il dott. Eric Price (Jason Clarke), medico con un passato doloroso e un presente fatto di abusi chimici e alcolici. Una volta entrato nella dimora Winchester, non tarderà a toccare con mano qualcosa che sembra andare ben oltre la sua totale fiducia nella scienza e nella razionalità.

Per quanto poco conosciuta a queste latitudini, la Winchester Mistery House di San Jose, California, è famigerata per l’incredibile quantità di apparizioni che pare si siano realizzate all’interno delle sue mura. E’ stata battezzata in tempi non sospetti “la casa più stregata del mondo”. Sconfinata – è composta da più di 200 locali – si è man mano allargata seguendo rigorosamente le istruzioni che la signora Sarah Winchester, vedova del magnate della armi Oliver, riceveva nottetempo dagli spiriti che la infestavano. Si narra che alla vedova, nel tentativo di contattare lo spirito del marito morto di tubercolosi tramite una medium di Boston, venne  richiesto della stesso di abbandonare la sua casa di New Heaven e recarsi a ovest.

Same, old ghost story

Qui avrebbe dovuto costruire una dimora con una stanza per ognuna delle vittime delle armi prodotte dalla propria azienda. Avrebbe continuato con le sue costruzioni fino alla morte, avvenuta nel 1922. Tanta, tantissima ciccia su cui lavorare per ottenere una pellicola con un carattere proprio. Mille prospettive da sviluppare: i “fatti realmente accaduti”, una folle e sinistra magione hescheriana, una donna schiacciata dagli accadimenti della vita e dal senso di colpa. E poi, naturalmente, sua maestà Helen Mirrer. Peccato che i fratelli Michael e Peter Spierig (“Predestination”, “Daybreakers”) scelgano la soluzione più semplice e conservativa. “La vedova Winchester” diventa così una ghost story convenzionale nel senso più riduttivo del termine. Costruita intorno ad una prevedibile sequenza di jump scares che poco o niente hanno a che vedere con i potenti presupposti narrativi iniziali, ridotti a mero pretesto.

La folle, meravigliosa abitazione diventa un mero, curioso sfondo. La tragedia collettiva dietro al successo della famiglia Winchester si riduce a un singolo poltergeist confederato particolarmente vendicativo (e gli afroamericani? E i nativi, eventualmente!?). L’infinito talento di Helen Mirren risulta semplicemente soffocato dai panni di una spettrale, testarda  vedova sui generis in equivoco bilico tra follia ed estrema lucidità. Siamo sempre dalle parti del contraddittorio tra razionale e metafisico, niente di più. Con la banale figura del dottor Price (il Jason Clarke di “Zero Dark Thirty”) a fare da prevedibile solutore dell’intera vicenda e, già che ci siamo, dei suoi stessi demoni. Dovendo per forza giocare al rilancio costante, la pellicola finisce per concludersi con una sorta di stallo alla messicana tra il dottore e il poltergeist che fa lievitare a mezz’aria diversi Winchester. Ai limiti dell’imbarazzante, soprattutto se si pensa al grande materiale a disposizione e al topolino che ha partorito.

Andrea Avvenengo Dalberto

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