L’aborto non è più un diritto garantito: il punto sui medici obiettori

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Di Martina Cordella

L’interruzione volontaria di gravidanza è una procedura medica, un servizio sanitario, nonché un diritto che in Italia dovrebbe essere garantito dalla Legge 194 sull’aborto. Anche se la legge lo consente, però, a conti fatti non è poi così semplice accedervi, in quanto le strutture in cui i medici obiettori di coscienza raggiungono un numero piuttosto elevato nel nostro paese. Non sono rare le gravidanze indesiderate – secondo l’OMS raggiungono il 50% ogni anno – ed è importante garantire un accesso sicuro alla loro interruzione, in quanto, in caso contrario, le donne potrebbero ricorrere a metodi non sicuri.

Aborto: la situazione in Italia

Quest’anno la Legge 194 compie 44 anni, ma sembra che non goda di un ottimo stato di salute. A fare il punto della situazione sono Chiara Lalli e Sonia Montegiove, che hanno portato avanti l’indagine Mai Dati! per conto dell’Associazione Luca Coscioni. Dal rapporto emerge che 72 ospedali hanno tra l’80% e il 100% di obiettori di coscienza; 22 ospedali e 4 consultori presentano il 100% di obiezione tra medici ginecologi, anestesisti e personale infermieristico; 18 ospedali ospitano il 100% di ginecologi obiettori; 46 hanno una percentuale di obiettori superiore all’80%.

Tra le regioni che meno rispettano il diritto sull’aborto troviamo Sardegna e Sicilia, la cui percentuale di inadempienza raggiunge l’80%. Viene denunciato il fatto che nel rapporto di attuazione del Ministero della Salute ci sono solo dati chiusi, aggregati esclusivamente per regione e aggiornati al 2019. Chiedono quindi al Ministero dati aperti e di aggiornarli per ogni singola struttura, in quanto senza questi non è possibile scegliere in quale ospedale andare.

“Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”

Garantire che le donne abbiano accesso all’interruzione volontaria di gravidanza è inoltre fondamentale per raggiungere gli Obiettivi di Sostenibilità dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. L’SDG 3 vuole infatti «garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età» e, nei suoi sotto obiettivi, comprende il ridurre il tasso di mortalità materna globale.

Martina Cordella