
La gomma cancella gli errori sul foglio ma li fa commettere sui fairway, non importa se cade dal banco e poi atterra in rough, la si cerca comunque. Perchè senza di lei, il compito non si può finire.
Golf e fisico
Attacco a Pearl Harbor, gli USA entrano in guerra dopo aver subìto per la prima volta danni a casa loro, è il dicembre 1941. Dopo cinque mesi il Presidente Roosevelt crea l’Ufficio di Difesa Civile ed al suo interno si dà importanza alla più statunitense delle divisioni, quella della “Forma fisica”.
Il capo della sezione deve esserne la rappresentazione, John Kelly è ex-campione olimpico di canottaggio e uomo d’affari di successo nell’edilizia: l’emblema della bandiera a stelle e strisce. John Kelly oltre allo sport ama il cinema, luogo in cui prima accompagna e poi ammira sua figlia Grace, prima che si sieda sul trono di Monaco.
John gioca anche golf ma dall’acqua porta sull’erba una qualità inedita: la velocità di gioco. Questa caratteristica non conta sullo score ma la si accusa nel fisico, rendendo le sue diciotto buche più faticose (e più indolori dati i suoi risultati a fine giro).

(Credits: University of Pennsylvania Archives)
Francesi in poltrona
Un popolo in forma è capace di fronteggiare un’invasione ed il golf è lo sport perfetto: fa sudare, allena la resistenza e rilassa chi lo gioca (a volte). Kelly si lancia anche in affermazioni pesanti: “Se i francesi avessero mollato vino e formaggio avrebbero fronteggiato l’avanzata tedesca”. Non giocare a golf in periodo di guerra per Kelly sarebbe un disastro nazionale e, per farsi ascoltare, propone la sua visione tramite l’unico colore che mette tutti d’accordo: il verde della speranza, ma soprattutto dei dollari. Insieme al golfista per eccellenza Bobby Jones, lo US Champion Craig Wood ed il presidente della PGA Ed Dudley si decide di indire una serie di tornei per sostenere lo sforzo bellico: “Hale America tournaments”.

(Credits: www.pbagalleries.com)
Ma le palline?
L’entusiasmo di John Kelly ha però un fondamento. Nove giorni dopo Pearl Harbor il Governo annuncia il razionamento dei materiali, tra cui la gomma. La mattina seguente i golfisti di tutti gli Stati Uniti comprano quante più palline possibili, tante da stoppare la produzione centrale. Il negozio con più coda vende 24.000 palline in un giorno: Abercrombie&Fitch di New York, dimostrando di generare affluenza anche senza corpi statuari al suo ingresso. Nei giorni seguenti le aziende produttrici limitano la vendita ad un massino di dodici palline per persona, creando così metodi alternativi di ricerca. La corsa all’oro era già estinta però la figura del cercatore si ricicla intorno ai fairway verso altre pepite, non più di metallo prezioso ma di gomma dura altrettanto rara.
Chiunque compri oltre i suoi immediati bisogni ruba ai suoi concittadini e merita il loro disprezzo.
Randal Heymanson descrive la corsa alle palline da golf [Corrispondente per il The Herald]

Credits: (www.thecarycollection.com)
Palline e denaro
L’inizio della guerra non ferma quindi il golf in America, anzi, perchè la necessità porta progresso. Nel 1942 una palla toppata (colpita troppo nella parte superiore) rischia di squarciarsi, rendendo quindi la penuria di palline ancora più grave. Questo problema avrebbe comportato l’abbandono del gioco ma la United States Rubber Company trova il metodo di riprocessare le palline danneggiate, riparandole di modo da non doverle buttare senza sprecare della gomma.
Nonostante questi problemi le buche giocate aumentano, nel 1942 si registrano più di 120 milioni di giri completati, il doppio rispetto al 1941, anno di relativa pace per gli americani. La USGA si ritrova un putt facile solo da imbucare: ogni giocatore sul primo tee è fortemente consigliato dallo Zio Sam a donare dieci centesimi in una scatola della Croce Rossa.

Credits: (www.periodpaper.com)
Il sole di guerra non scalda l’acqua ma ne prosciuga le pozze in eccesso, ostacoli compresi, poi ci si riversa tutti alla fonte per prendere ciò che resta ma il flusso viene deviato… non più verso i green ma verso il fronte.