
Tre palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nei pressi di Nablus, nel nord della Cisgiordania. I tre erano armati e hanno aperto il fuoco contro una postazione militare israeliana al checkpoint di Surra-Jit. Il fatto – secondo quanto riferiscono fonti locali – è avvenuto verso le 3.30 locali. “Tre uomini armati sono stati neutralizzati durante lo scontro a fuoco e un altro uomo armato si è consegnato alle forze ed è stato arrestato”, si legge in un comunicato dell’esercito

Secondo le informazioni rilasciate dai militari, i tre palestinesi, che sono stati uccisi al posto di blocco di Surra-Jit, in un’area controllata dalle forze di sicurezza di Israele che divide la città palestinese di Nablus, bastione di vari gruppi armati, da insediamenti israeliani, avevano “aperto il fuoco”. Il fatto che all’obitorio di Nablus non siano arrivati corpi – come attestano fonti mediche palestinesi – fa pensare che i cadaveri dei palestinesi uccisi siano stati trattenuti dai soldati. Fonti palestinesi dicono di non sapere nulla di quanto accaduto, anche se diversi residenti affermano di aver sentito il rumore colpi d’arma da fuoco nel cuore della notte. Non si sa nulla neanche del miliziano che si è arreso. I soldati che hanno sparato e ucciso i tre palestinesi, fa sapere l’esercito israeliano, fanno parte dell’unità d’élite Golan e hanno sequestrato tre fucili d’assalto M-16, molti caricatori e una pistola. La violenza e la tensione in Cisgiordania è aumentata da quando si è insediato a Gerusalemme il governo Netanyahu, il più a destra della storia israeliana, e ha conosciuto un picco dopo il recente blitz delle forze di sicurezza israeliane a Jenin il 7 marzo, costato la vita a sei palestinesi, seguito da crescenti appelli alla vendetta e attentati, come quello nel centro di Tel Aviv di pochi giorni fa.
Perché centinaia di migliaia di persone da giorni scendono in piazza in Israele? Perché un Paese di cui siamo abituati a sentir parlare o per le sue strat up e la vita di Tel Aviv o per il conflitto arabo israeliano, gli scontri, gli attentati o le guerre tra israeliani e palestinesi ora è dilaniato da una spaccatura interna alla popolazione israeliana?
Tutto nasce dalla riforma del sistema giudiziario che il governo di destra guidato da Benjamin Netanyahu vuole varare. Attualmente in Israele ogni legge può essere annullata dalla Corte Suprema. Lo Stato ebraico non ha una costituzione, ma la Corte fa riferimento ad una serie di leggi fondamentali ed ad un principio tanto importante quanto vago come quello della ragionevolezza. I quindici giudici della Corte sono votati da un gruppo di nove persone a maggioranza magistrati o avvocati.
Ora, quindi, qualsiasi legge o provvedimento amministrativo decisi dal governo o dal parlamento possono essere affossati dall’Alta Corte. In un paese dove esiste da più di cinquant’anni uno stato di occupazione dei territori palestinesi, dove è necessaria una lotta al terrorismo che deve osservare i limiti dello stato di diritto, il controllo e il potere di una Corte Suprema indipendente dalla politica è sempre stato considerato indispensabile.
Bibi Netanyahu, il premier fautore della riforma, è a processo per corruzione e abuso d’ufficio. La sua volontà di sottomettere il sistema giudiziario al governo da lui presieduto sa di palese ricerca di impunità. Terzo, e forse fattore più importante. Israele, come dicevamo prima, ha un conflitto aperto. Gli scontri i Cisgiordania sono ripresi e così gli attentati palestinesi e i raid dell’esercito. La maggioranza di governo attuale è formata da partiti di estrema destra. Il più moderato è il Likud di Netanyahu. Alcuni ministri israeliani sono apertamente omofobi e razzisti. Il venti per cento della popolazione con passaporto israeliano è araba e denuncia da sempre discriminazioni di fatto anche se non formali. Il governo più estremista della storia d’Israele privo di istituzioni superiori che lo ancorino ai basilari vincoli giuridici e allo stato di diritto spaventa i cittadini arabo israeliani ma anche moltissimi cittadini ebrei che hanno a cuore il rispetto dei diritti fondamentali e che animano una società per alcuni aspetti ultra moderna.