Letture coraggiose: recensione de “La donna orso”

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Di Giorgia Bonamoneta

Domenica è il giorno perfetto per le #LettureCoraggiose. Le scorse settimane abbiamo parlato de “La stagione più crudele“, romanzo d’esordio di Chiara Deiana e di “Benedetto sia il padre“, il nuovo libro di Rosa Ventrella. Nei link trovate le recensioni e le interviste alle autrici.
Questa domenica di marzo il clima freddo e grigio è il perfetto sfondo per la recensione de “La donna orso“, ultimo libro di Karolina Ramqvist.

Contenuto:

“Il 16 aprile 1542, una giovane nobildonna francese di nome Marguerite de la Rocque si imbarca assieme al suo tutore Jean-François Roberval su una delle prime spedizioni coloniali nel Nuovo Mondo. A causa di uno scandalo sessuale a bordo della nave, viene abbandonata per punizione insieme al suo amante e a una domestica su un’isola desolata e deserta al largo della costa canadese. Marguerite è incinta e si trova all’improvviso in balia di animali selvaggi e di una natura inclemente.[…] Secoli dopo, un’autrice contemporanea si imbatte in alcuni testi che raccontano questa storia. In breve, la “donna orso” diventa per lei un’ossessione e […] non è solo una storia di sopravvivenza, ma anche una potente meditazione sulla femminilità e sull’atto di scrivere che trascende i secoli, una narrazione affascinante e complessa sulla vita, la morte, il corpo, l’anima, la femminilità, il potere, il denaro, il passato e il presente, la genitorialità, la verità, le bugie e il modo in cui la scrittura si lega al racconto della verità” (dallo store Mondadori).

illustration: Marguerite de la Rocque - photo credits: web
illustration: Marguerite de la Rocque – photo credits: web

La donna orso: recensione

Mentre cercavo Marguerite de la Rocque ho sperato di non trovare un’immagine che la rappresentasse. Volevo tenere stretta in me l’idea di aver letto di una donna poco conosciuta, con una storia misteriosa e dolorosa alle spalle. E invece eccola lì, un’illustrazione tra le altre. È questo il potere della scrittura di Karolina Ramqvist: trasforma il lettore nel custode della memoria di Marguerite.
Leggendo “La donna orso” ho avuto la sensazione di avere tra le mani un romanzo storico, un’autobiografia e un saggio allo stesso tempo. Non importa l’ordine dei tre generi, la percentuale è equamente divisa. L’ibrido si presenta sotto la forma di un libro-cantiere, una struttura non finita, tra appunti e riflessioni sul tema della genitorialità, del denaro, del tempo. Ma soprattutto il tema per permea l’intero testo: la scrittura.

Il rapporto con la figlia e una generazione femminista nuova

Da qualche tempo però mi ero fatta l’idea che i suoi discorsi fossero soprattutto ripetizioni di cose che aveva letto e visto sui social, dove il linguaggio sembrava così standardizzato e il mondo che ne risultata così cristallino, senza complicazioni né sfumature. Quasi come se uno sguardo personale fosse vietato […] Era solo una bambina e io non avevo fatto molto per avvicinarla al mio modo di pensare, eppure era come se mi aspettassi che lei lo capisse.

Due generazioni a confronto. Quello che emerge dalle pagine de “La donna orso” è un conflitto madre-figlia interiorizzato. Il conflitto non sembra essere un profondo sfregio nel rapporto umano tra madre e figlia, ma appare mediato e veicolato dal diverso uso che fanno le due donne del femminismo. Non è uno scontro familiare, è uno scontro generazionale. E in questo scontro fatto di parole non dette non c’è una vincitrice e una vinta, ma due generazioni che si guardano senza toccarsi, che si parlano cercando di mantenere le distanze.

«Ma tu, in quanto donna bianca, senti di poter scrivere quello che vuoi?», mi chiese. […] Il silenzio pareva un mutismo interiore, testimonianza del fatto che non meritavo la sua attenzione, e credo fu quello il momento in cui lei si svelò ai miei occhi, l’avevo trattata come la rappresentante di una generazione e di un problema, mentre in realtà era mia figlia che si rivolgeva a me.

Ramqvist ammette a sé stessa, e quindi anche al lettore, di aver desiderato una figlia, anche se ha sempre cercato di evitare di separare i generi tra maschio e femmina. Le aspettative su un’educazione neutrale, si scontrano con il timore di aver perso di vista la figlia e il suo percorso personale verso la maturità.

La ricerca di sé stessa tramite la ricerca storica

“La donna orso” è prima di tutto un libro autobiografico, dove ricerca storica e riflessione coincido nel processo di scrittura. L’autrice ragiona sulla scrittura in quanto condizione di vita. Allo stesso tempo lo “stato di scrittura” è un stato sentimentale, nel quale il sentimento prende il sopravvento.
Il sentimento della scrittrice, anzi che subisce la scrittrice, si traduce in un flusso di coscienza.

“A me piaceva l’idea che lei fosse cambiata, che quella non fosse la sua natura ma avesse trovato dentro di sé la forza che nessuno avrebbe mai immaginato. Che io avessi introiettato la narrazione cinematografica commerciale, l’idea che il protagonista deve cambiare? Nei miei libri succedeva di rado, o almeno era quello che dicevano, e io non aveva alcuna ragione per affermare il contrario”.

Nella mente della scrittrice si annidano labirinti di pensieri che rischiano di far deviare dalla strada, dal progetto di ricerca. Il percorso della ricerca storica è frammentato da momenti di profonda empatia nei confronti della donna orso, tanto da somigliare a sé stessa. La struttura del romanzo è così al tempo stesso una biografia, uno studio sul tempo e lo spazio della scrittura e una ricerca storica sul personaggio di Marguerite de la Rocque.

La donna orso non è mai esistita

La ricerca storica, la ricerca del sé è stancante, lunga e potenzialmente infinita. Ramqvist si interroga sui dettagli della vita della donna orso, volendo cogliere ogni suo sentimento. Ben presto si scontra con il processo di riscrittura di tre fonti diverse, due uomini e una donna. Nessuno di loro può essere letto senza considerare il contesto nel quale le loro opere sono state prodotte. Il dubbio allora è ancora più forte:

“Sin da quando avevo iniziato a leggere il mio punto di vista femminile mi aveva ostacolato nella lettura e cominciando a scrivere avevo tentato di contrastarlo: l’idea che le donne fossero migliori degli uomini, il desiderio che fosse così anche quando era palesemente falso”.

Cadere nell’errore è facile, lo sa anche Ramqvist, che sfrutta questo testo per mettere in discussione il proprio metodo di lavoro, di scrittura e ricerca. La frustrazione si annida nella stagione invernale, quella più rigida e che in qualche modo profondo la lega alle difficoltà della donna orso su un’isola sperduta. La storia di Marguerite non finisce, si perdono di lei le tracce come se fosse una personale qualunque. Allo stesso modo: “Mi accorgo che non voglio finire. Non voglio mettere un punto. Finalmente lo vedo con chiarezza, vedo cos’è la scrittura, vedo me stessa e la mia paura di ciò che c’è fuori, dopo la conclusione” scrive Ramqvist.
“La donna orso” rappresenta la risposta di Karolina Ramqvist alla domanda: “Cos’è la scrittura?”.

Per oggi è tutto con #LettureCoraggiose, alla prossima domenica.
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Articolo di Giorgia Bonamonet