Lorenzo Musetti, viaggio nella vita del ragazzo e del tennista

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Di Redazione Sport

Anche Lorenzo Musetti può finalmente esultare. Il tennista italiano ha vinto, recentemente, il torneo ATP di Amburgo sconfiggendo nella finalissima un lanciatissimo Carlos Alcaraz. La vittoria è stata importante per tutto il movimento tennistico italiano: adesso il ragazzo non vuole più fermarsi e punta verso nuovo, fantastiche, sfide di una carriera che tutti sperano sia solo all’inizio delle sue gioie.

Lorenzo Musetti: “Non ho avuto tempo di metabolizzare la vittoria su Alcaraz”

Lorenzo Musetti

Ecco qualche passaggio dell’intervista a Lorenzo Musetti realizzato da Il Correre della Sera:

Ho avuto poco tempo per metabolizzare: il giorno dopo la finale di Amburgo sono partito con Alcaraz per Umago su un aereo privato messoci a disposizione. Quel sapore lo sto apprezzando di più ora, a freddo. In Germania ho dovuto tenere la mente più sgombra possibile, vietato cullarsi sugli allori. La felicità dura poco. Ho provato un lampo di gioia furibonda subito dopo il match point con Alcaraz, l’adrenalina della battaglia è confluita tutta lì insieme alla sofferenza, al nervosismo, a tutte le emozioni che ho provato in tre ore di partita. A ripensarci bene è stata più liberazione che felicità, come se di colpo mi fossi sbarazzato di tutte le catene che avevo nello stomaco“.

Mi sono evoluto, sono cresciuto con una combinazione di lavoro e fortuna. Nel mio caso è stato un percorso graduale, però sentivo che il botto era nell’aria. Doveva esserci una prima volta anche per me: è arrivata ad Amburgo, con Alcaraz che fuori dal campo è anche un amico, giocando la partita più bella della mia carriera. Nel suo scantinato, a Carrara, è cominciato tutto. C’era uno spazio ampio, dove non correvo il rischio di fare danni con la pallina. Il mio primo maestro è stato il muro di nonna Maria, che di fronte alla dedica si è commossa. Ho perso il conto delle ore che ho passato là sotto con la racchetta e il mio babbo“.

Berrettini e Sinner? Non sono mai stato invidioso dei loro successi, anzi sono stato contento. Mi hanno spinto a fare di più e meglio, a darmi un traguardo, a non accontentarmi. Li devo ringraziare di essere arrivati prima, di avermi mantenuto in un cono d’ombra permettendomi di lavorare tranquillo e di avermi coinvolto emotivamente nelle loro vittorie. E credo che il nostro esempio stia facendo bene a tutto il movimento: Zeppieri e Agamenone in semifinale a Umago, Cobolli, Passaro e il giovane Nardi, che stanno arrivando. Cappellino? È una necessità: nasce con i capelli lunghi, alla Borg, è una questione di vita o di morte. Ho provato anche bandana e coda, ma non funzionano altrettanto bene“.

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