«L’amore è eterno». La frase motto della serie televisiva del 1992. Quando l’omonimo personaggio del fumetto francese creato da Morris e René Goscinny (lo stesso creatore di Asterix), dalla sagoma inconfondibile, fazzoletto al collo, fondina, e una sigaretta mai spenta, ispirò Terence Hill, Richard Schlesinger e Ted Nicolaou, registi della saga. “Lucky Luke – La mamma dei Dalton“, stasera in tv il pistolero più solitario, che ha un cavallo per letto e il cielo per coperta.

Gli episodi previsti sarebbero dovuti essere 13, con la presenza, nel ruolo di Billy the kid, di Ross, figlio adottivo di Terence Hill. Ma dopo la sua morte in un tragico incidente d’auto con l’amico Kevin, Terence entrò in un periodo di depressione. E il numero delle puntate venne ridotto a 8. A Daisy Town, la cittadina del Far West imperversata da indiani, malviventi, bari e criminali incalliti, si può contare sullo sceriffo Lucky Luke (Terence Hill); la cui ombra muove la pistola in ritardo, innamorato di Lotta Legs (Nancy Morgan) proprietaria del saloon, e aiutato dal fidato destriero Jolly Jumper. I dialoghi che si ascoltano tra un boccale di birra e un fischio di pistola portato in eco dal vento, sono questi: “la piega dei tuoi pantaloni non mi piace! – E a me non piace il tuo alito da whisky adulterato…”.

Lucky Luke, quell’aria da cowboy niente male

Lucky Luke, in “La mamma dei Dalton” stasera in tv, deve indagare su una serie di rapine, apparentemente compiute dall’innocua e simpatica madre dei fratelli Dalton, poco svegli ma in cerca di grane. Si scoprirà che erano loro, travestiti dalla vecchietta, a compiere i crimini. Con un cavallo parlante e filosofo, Jolly Jumper, doppiato dalla voce di Giuseppe Rinaldi, che avvicina il western alla comicità; “Qui sono sepolti i fratelli Dalton, morti senza togliersi gli stivali“, reciterà il loro epitaffio. Lo sceriffo biondo con gli occhi azzurri, stella in petto e passo felpato, con i trench nel guardaroba come Tex, nei momenti più esilaranti sarà accompagnato dall’attore René Auberjonois nel ruolo di un messicano fissato col caffé; e da Neil Summers nei panni del vice sceriffo.

La trama è ambientata in Messico, in tutte le sue forme e colori: il cibo piccante, amache per un pisolino pomeridiano, le tequila, i sombrero e l’avvoltoio “domestico”. Lucky Luke, poche parole ma tanta destrezza di mano: con una mossa e una mano sola, rolla sigarette e rigira la pistola. Lui che suona l’armonica durante il duello con i Dalton e gioca a scacchi con il cavallo. La sigla di apertura del film è la canzone “Lucky Luke Rides Again”, eseguita dal famoso Roger Miller. Il tema principale è la canzone “The Lonesomest Cowboy in the West”, di Arlo Guthrie. “Sono un povero cowboy, solitario me ne andrò. Sono un povero cowboy, ed una casa più non ho“, dice la traduzione italiana della canzone finale di ogni avventura.

Lucky Luke, più veloce della sua ombra

Se avessi dell’alcol, potrei anche avere delle visioni sgradevoli, ma dal momento che è Cola, non credo proprio..” dice Lucky Luke difronte i temibili Dalton. Delle sue avventure, 300 milioni di libri son stati venduti, e le storie del cowboy solitario son state tradotte in ben 29 lingue. Quella sigaretta era accuratamente preparata ogni volta con tabacco e cartine. E, nel 1988, l’Organizzazione mondiale della sanità ha insignito il personaggio e il suo disegnatore, di un riconoscimento ufficiale per aver deciso di smettere di fumare, sostituendo l’originaria sigaretta di Lucky Luke con un filo d’erba. Così, per le sconfinate distese del colorado, per l’arizzona fra montagne rocciose, canyon e praterie, cercherrà di non ucciderà mai nessuno e, in groppa al suo ronzino, resterà leggenda per quel giunco, parte integrante della sua ombra.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema. Seguici