Nel 1993, Maurizio Costanzo fu vittima di un attentato di stampo mafioso. In quel periodo, Costanzo aveva espresso la sua ferma adesione alla lotta contro la mafia. Racconta:
“Uscivo dal Teatro Parioli con quella che poi sarebbe diventata mia moglie, il cane (avevamo un cane lupo) e poi l’autista; non l’autista solito, perché il solito autista, con la solita macchina, mi aveva chiesto un giorno di permesso e io avevo preso un’altra macchina con un altro autista.

Questo è stato l’elemento fortunato, perché il mafioso che doveva premere un tasto e far partire il tritolo, una macchina piena di tritolo, (mi pare fossero circa 100 chilogrammi ) ha perso tempo, perché non riconosceva la macchina ( giustamente non era quella) e quindi “sarà lui, non sarà lui?”.
Si è convinto poi, ad un certo punto, che ero io dentro la macchina, ha premuto, ma noi avevamo fatto in tempo a girare l’angolo fra Via Fauro e una strada perpendicolare a Via Fauro dove c’era una scuola, quando sentimmo questo botto terribile. Basti dire che un infisso della scuola è passato tra me e Maria, in mezzo proprio, bastava solo quello per colpirci e farla finita. Però la verità è che ci siamo salvati, sia Maria che io che l’autista che il cane”.

“Devo anche dire che non è stato facile digerire quell’evento, quell’avvenimento, specie per Maria“, spiega Costanzo.“Pensate che allora era capo della polizia Gianni De Gennaro e io non finirò mai di ringraziarlo per le volte che è venuto a casa, o poi a giugno-luglio dove eravamo in vacanza vicino Roma, per spiegare a Maria cosa significava la mafia, cosa voleva dire, perché Maria non dormiva più, tale era stato lo shock. Io l’ho vissuto in maniera diversa: io ho avuto l’impressione di rinascere un’altra volta, perché m’ero salvato, ero tornato in vita”.
Il racconto di Maria De Filippi. [VIDEO] ⇓
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