Mario Draghi sta iniziando, in questi minuti, a Palazzo Madama il suo difficile cammino come premier del nuovo governo italiano. Lo sostiene una larghissima maggioranza che, però, nasconde al suo interno, tante pericolose diversità, che dovranno essere gestite dall’ex presidente della Bce.
Mario Draghi e i tempi per la fiducia
A quattro giorni dal giuramento, il nuovo governo comparirà in Senato per chiedere la fiducia. L’inizio dell’intervento del premier è fissato per le 10, ma prima della votazione occorrerà aspettare almeno 12 ore. Dopo le comunicazioni, infatti, la seduta verrà sospesa per consentire all’ex presidente della Bce di recarsi alla Camera a depositare le sue dichiarazioni. Quindi ci saranno oltre cinque ore di discussione generale e due per le dichiarazioni di voto. Sommate alla replica del premier e alle pause per la sanificazione, vuol dire che la chiama per la fiducia non comincerà prima delle 22. Una giornata non esattamente leggera quella del debutto parlamentare del nuovo governo.
Mario Draghi e gli attacchi della Lega
In aula l’ex presidente della Bce avrà probabilmente una maggioranza larghissima, ma fuori non mancano polemiche e critiche al neonato governo. Da tre giorni la Lega attacca sistematicamente ogni mossa dei nuovi compagni di viaggio. L’atteggiamento del Carroccio sembra animato da una strategia che, da un lato, spinge verso le larghe intese per poi attaccare frontalmente i sostenitori del governo che facevano parte della maggioranza di Giuseppe Conte. Domenica, ad appena 24 ore dal giuramento, il ministro del Turismo Massimo Garavaglia si è scagliato contro il collega Roberto Speranza sulla mancata riapertura degli impianti di sci.
Ieri, invece, è stato direttamente Matteo Salvini a provocare Draghi, agitando un vecchio cavallo di battaglia della Lega: l’ipotesi di uscire dall’euro. “L’euro irreversibile? Di irreversibile c’è solo la morte”, ha detto il leader del Carroccio. Inoltre, ha tirato fuori un altro argomento a lui molto caro: Il Ponte sullo Stretto “Mi auguro che Draghi lo rilanci”. Il primo a replicare al leghista è stato il segretario del Pd Nicola Zingaretti: “L’Euro e l’Europa sono la dimensione dove pensare e rafforzare il futuro dell’Italia. Dovrebbe essere anche superfluo ripeterlo”. I due si erano visti solo poche ore prima.
I tormenti del Movimento 5 Stelle
In un voto già ampiamente deciso, l’unica incognita è rappresentata dai 5 stelle. Quello di oggi per il M5s rimane una delle decisioni più difficili di sempre. Prima di tutto perché significa accettare di far parte di a un governo insieme al nemico storico: Silvio Berlusconi. La settimana scorsa gli iscritti M5s hanno dato il via libera al sostegno al governo Draghi dopo un voto sulla piattaforma Rousseau: a favore (59.3%) e contrari (40.7%). Un passaggio sostenuto da Beppe Grillo e da tutti i vertici 5 stelle (tranne Alessandro Di Battista) che però è stato travolto dalle polemiche non appena è stata svelata la composizione del nuovo governo: per il fronte dei contrari i ministeri ottenuti non sono sufficienti, il super dicastero non convince, e la presenza dei tre storici berlusconiani Brunetta-Gelmini-Carfagna è inaccettabile. I “ribelli” si appellano al fatto che, da regolamento, sono obbligati a votare un presidente del Consiglio indicato dai 5 stelle e Draghi non lo è. Ma per il capo politico è una recriminazione che non regge: “Il mandato della base è chiaro, chi vota fuori sarà espulso”, ha detto a più riprese. Ma quanti sono i senatori che oggi non voteranno la fiducia? Forse 6 o 7. Nel M5s i malumori sono tanti, ma questo “è il momento dell’unità”.
La nascita dell’Intergruppo M5s – PD – Leu
Da segnalare anche l’ultima mossa dell’ex premier Giuseppe Conte: il premier uscente ha messo il suo sigillo sull’Intergruppo Pd-M5s-Leu a Palazzo Madama e ha parlato della necessità di lavorare insieme per il futuro.
Stefano Vori