Master a pagamento? Seconda parte

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Di Redazione Metropolitan

Nel precedente articolo si è accennato ai Virtual Play Weekends, eventi creati dalla Wizards of the Coast, sessioni online a pagamento dove il master selezionato viene retribuito. Ciò ha avviato una riflessone che per quanto “datata” nella community risulta sempre attuale e in grado di generare sempre nuovi commenti. Chi scrive ha sentito la necessità di approfondire.

Due i temi caldi:

  1. Come giudicare l’operato del master?
  2. Quanto pagare?

Partiamo dal primo, rispondendo paradossalmente con almeno altre due o tre domande: come si giudica un film? Come si giudica uno spettacolo teatrale? Come si giudica un quadro? E ancora: è giusto giudicare? O dovremmo appunto afferrare la vera differenza col termine “valutare” e imparare a riferirsi alla questione attraverso quest’ultimo?Probabilmente non si può e non si potranno mai definire parametri che non sfocino sempre e comunque nel soggettivo. Del resto si tratta di interpretazione e scrittura creativa.

Immaginate di andare in pizzeria e dopo aver mangiato capite che la pizza non vi piace, la “giudicate” non all’altezza. Potreste ora rifiutarvi di pagare e mettervi a litigare, tuttavia due fattori sono imprescindibili: A) a voi non è piaciuta, ma altri al contrario potrebbero averla apprezzata tantissimo; B) il pizzaiolo, nel bene o nel male, ci ha messo dentro il suo lavoro, la farina e gli ingredienti, l’ha impastata, l’ha fatta lievitare e l’ha cotta. Da un punto di vista del “prodotto pizza” essa è stata servita. Starà a voi non tornarci più.

Secondo esempio, forse più esplicativo: Andate a teatro e lo spettacolo non vi piace. Perfetto, non vedrete più spettacoli di quella compagnia o magari rappresentazioni curate da quel regista o con quell’attore ecc., tuttavia quelle persone le prove le hanno fatte, ma non solo, la prestazione, in cambio del biglietto, vi è stata corrisposta. Sarete si tornati a casa delusi, ma non a mani vuote. Nessuno vi impedirà poi di scatenarvi in recensioni al vetriolo, è un vostro diritto, ma di certo non si dovrebbe mai dire “gli attori comunque si saranno divertiti a recitare, possono anche farlo gratis se hanno passione”.

Da qui il secondo punto: nessuno, almeno non chi scrive, vuole imporre il pagamento come obbligatorio. Ogni professionista, qualora si voglia considerare e riconoscere una professionalità nella figura del master, ha diritto di scegliere se farsi pagare, come del resto quanto farsi pagare, se avere un tariffario fisso, se contrattare, se accordarsi per delle percentuali o se accettare un’offerta libera e questo è e sarà sacrosanto, sempre.

Una possibile alternativa?

Una proposta, per quanto provocatoria, potrebbe essere il creare un “albo dei master” riconosciuto e con regole da rispettare e far rispettare qualora si decida di aderirvi. Un organo regolatore che garantisca i diritti del master “pro” ma che vigili al contempo anche sulla qualità del suo operato e allo stesso tempo fornisca una serie di parametri ai quali ogni master dovrà avvicinarsi il più possibile per avere realmente la possibilità, l’onesta possibilità, di essere “valutato” e non solo “giudicato”.

Di contro ovviamente, sotto quest’ottica, occorre considerare un elemento non trascurabile, ossia i desideri dei giocatori. Essi dovrebbero essere messi in condizione di fornire delle linee guida sull’esperienza che vogliono vivere, intorno alla quale un master “professionale” dovrebbe muoversi per venire incontro alle esigenze dei “clienti”. Come quando ci rivolgiamo ad un architetto e gli chiediamo una casa moderna o classica o di design.

Il Gioco di Ruolo dal punto di vista dei “servizi” e non solo dei “materiali” non deve diventare un business, tuttavia potrebbe diventarlo, dovrebbe avere la possbilità di farlo, magari parallelamente, per chi vuole, senza necessariamente snaturare le esperienze di chi gioca gratis, dilettantisticamente. D’altronde, se non si fosse nel tempo, in nessuna categoria, passati da “appassionato/amatore” a “professionista” oggi non avremmo nessuna concezione di carriera. E cosa determina realmente il passaggio? Il farsi pagare, ne più, ne meno e a sua volta pagandone le conseguenze, avere la responsabilità di ciò che fa, ne più ne meno.

Dario Bettati

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