L’idea di produrre un lungometraggio come Night Swim risale a dieci anni fa, al 2014. In quel periodo, il regista Bryce McGuire dirige un suo corto dalla durata di tre minuti intitolato proprio Night Swim. Lo short (che trovate qui) è interessante, funzionale e ha la giusta dose di inquietudine per considerarlo una buona idea. Ma di certo, non è un soggetto per un film intero. E non è altrettanto semplice passare da un corto (soprattutto di questa durata) ad un lungometraggio di un’ora e quaranta. E infatti McGuire ha impiegato dieci anni per riuscire a sviluppare una sceneggiatura che avesse la parvenza di un film. Ma è evidente che l’idea di fondo non era abbastanza forte da reggere. Prodotto da James Wan (al quale vorremo chiedere solo “perché?”), Night Swim è un film con un’idea di fondo talmente tanto assurda e ironica da risultare, alla fine, interessante, ma che non regge decisamente per un lungometraggio.

Night Swim: possessione

Night Swim: Ray (Wyatt Russell) e Eve (Kerry Condon) in una scena del film

La trama di Night Swim è esattamente quello che ci si aspetta possa raccontare un titolo del genere. Una famiglia acquista una casa in cui sistemarsi dopo che il padre, giocatore di baseball infortunato, ha deciso di sistemarsi. Si innamorano subito di questa villetta con piscina. Dopo giorni di divertimento nel giardino, si rendono conto che la piscina ha qualcosa che non va. Le strane presenze viste durante la notte e le voci mentre nuotano fanno presagire che qualcosa di sinistro abita nella vasca. E il plot è praticamente tutto qui: la piscina è posseduta. Incredibile ma vero, McGuire è riuscito a costruire un film di quasi due ore su questa premessa qui. Scontato che il risultato sia disastroso. E quello che dovrebbe essere il colpo di scena più importante del film, viene praticamente telefonato nei primi dieci minuti di pellicola.

Non c’è una vera tensione né drammatica né horror nel film. Qualsiasi maldestro tentativo di alzare il climax della tensione si risolve, in ogni singolo momento, con un blando jumpscare. E gli unici momenti in cui l’ansia è lievemente superiore sono quelli in cui McGuire ricalca l’idea presente nel corto. Sono le situazioni in cui presenze fuori e dentro l’acqua infestano i protagonisti ma che, di certo, non bastano per risollevare la situazione. Specialmente se reiterate per troppo tempo.

Rule of cool, si o no?

Night Swim, però, potrebbe reggersi anche solamente grazie alla Rule of Cool, no? Ovvero quell’assioma che permette l’allontanamento dalla sospensione dell’incredulità di fronte a momenti importanti e di bellezza visiva superiore. Ma purtroppo Bryce McGuire non riesce a mettere in campo momenti registici degni di nota. Non bastano movimenti a salire, immagini sghembe sulla piscina o un gusto spiccatamente alla James Wan per non far storcere il naso davanti a più di una scelta. Personaggi che mantengono il respiro sott’acqua come campioni olimpici, cliché sulle figure sinistre che hanno vissuto nella casa e il classico topos affrettatissimo del momento investigativo rendono Night Swim una sequenza infinita di già visto e già sperimentato. Evidente quindi come un concept che, seppure in parte interessante nella sua assurdità, non può essere sviluppato se dietro non ha una sceneggiatura e una regia che siano degne di note. Specialmente quando si parla di horror, genere che fa della scrittura il suo punto focale e fondamentale.

Alessandro Libianchi

Seguici su Google News