Odio il Natale: recensione della serie Netflix

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Di Eleonora Quarchioni

Odio il Natale è la comedy romantica uscita su Netflix il 7 dicembre. In sei episodi da trenta minuti ciascuno, questa produzione Lux Vide è l’adattamento italiano della serie norvegese Natale con uno sconosciuto. La regia è firmata dai CRIC (Davide Mardegan e Clemente De Muro).

Single Bell

Gianna (Pilar Fogliati) è una ragazza di Chioggia che dopo essersi lasciata tre anni prima con l’ex storico non ha più trovato un ragazzo. Le feste incombenti, o meglio la sua numerosa famiglia, le ricordano la sua “triste” vita sentimentale a suon di domande insistenti e frecciatine più e meno esplicite. Gianna ha il terrore di dover passare il Natale a tavola al fianco dei suoi due nipotini, come se fosse anche lei una bambina. Durante una cena in famiglia, allora, inventa la scusa di avere un ragazzo e dice che lo porterà per la cena di Natale. Da lì in poi, per Gianna partirà un conto alla rovescia di 24 giorni per trovare un partner entro la fatidica cena natalizia.

Supportata dai consigli divergenti delle amiche Titti (Beatrice Annera) e Caterina (Cecilia Bertozzi), l’una spirito libero e l’altra ancora vergine, nonché dalla sorella Margherita (Fiorenza Pieri), Gianna si rimetterà in gioco per raggiungere il suo obiettivo. Per via dei tempi stringenti, e forse anche di una certa disabitudine al flirt, Gianna darà l’occasione a svariate tipologie di casi umani, nella speranza di trovare il vero amore. O almeno, un tizio decente da presentare a sua madre.

Al centro, la protagonista Gianna (Pilar Fogliati).

Una commedia leggera, ma non scontata

Quando ho visto il trailer su Netflix, mi sono detta che questa sarebbe stata la solita commedia sentimentale natalizia, piena di stereotipi di gender e di inutili frasi da baci perugina. E invece, Odio il Natale sorprende nel suo essere una commedia fruibile, leggera, ma ben studiata, dalla messa in scena fino ai dialoghi. Nonostante prenda il via da uno schema più volte riutilizzato, ovvero quello del single infelice a Natale, il percorso seguito dalla protagonista e dagli altri personaggi non è altrettanto prevedibile.

Gianna si eleva dallo status di ragazza “acqua e sapone” per far emergere una personalità peculiare, non contraria agli uomini in quanto tali, ma ben conscia dei loro atteggiamenti viziati da una cultura patriarcale. Lei, però, accetta il gioco con (auto)ironia e quel po’ di disincanto che non guasta mai. Le sue amiche Titti e Caterina, invece, risultano più stereotipate e vanno a incarnare quei prototipi di donna più volte riutilizzati e ispirati alla serie tv Sex and the City: Titti ricorda Samantha, seduttrice in carriera che non vuole relazioni, e Caterina è la versione nostrana di Charlotte, con delle punte più accentuate di romanticismo e tradizionalismo.

Uno stile molto buono

Una menzione speciale va data alla peculiarità dell’ambientazione, tra Chioggia e Venezia, nonché alla fotografia dai toni caldi e rassicuranti. Ciliegina sulla torta: un montaggio veloce che però non perde di vista nulla. La narrazione, di per sé lineare, viene interrotta da momenti in cui la protagonista rompe la quarta parete e si rivolge in camera per esprimere il suo stato d’animo e commentare i suoi appuntamenti. L’operazione ricorda un po’ quella che si è vista in Fleabag, ma qui è meno spinta.

Conclusione

Odio il natale è una serie che presenta degli elementi forse un po’ troppo tradizionali, ma che riesce a emergere dal grigiore di altre produzioni simili grazie a un’estrema scorrevolezza narrativa e alla buona riuscita delle interpretazioni, specie per la protagonista. E’ una serie senza troppe pretese, ma è proprio questa consapevolezza a renderla piacevole.

Il cliffhanger con cui si chiude l’ultimo episodio fa pensare all’uscita di una seconda stagione, così come è stato fatto nell’originale norvegese. Magari a Natale 2023.

Di Eleonora Quarchioni

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