Pace, un racconto dedicato all’omonima Giornata internazionale

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Di Stefano Delle Cave

Benvenuti nell’universo letterario di StoryLine. In occasione dell’omonima Giornata internazionale abbiamo deciso di dedicare il nostro racconto di oggi alla pace. Per realizzare il testo originale che vi proponiamo ci siamo ispirati anche ad una famosa canzone di Zucchero intitolata “Diamante”

Era cosi tanto che i loro sorrisi non s’incronciavano da sembrar tutto come se fosse il giorno della loro prima conoscenza. Eppure Dan e Sasha non si erano separati per caso ma tutto era cominciato lo scorso febbraio allo scoppio di una guerra che a soli 8 anni restava comprensibilmente senza un perchè. Ora si erano fortuitamente rivisti 7 mesi dopo a Roma in una fresca giornata di settembre. Dan era stato accolto con la famiglia li perchè in fuga dalla sua Ucraina a causa dei bombardamenti. Sin da quando era arrivato gli piaceva passeggiare lungo il Tevere perchè il fiume sonnacchioso gli ricordava la pace delle acque tiepidi e miti di quello che attraversava la sua cittadina. Poi quell’inaspettato incontro in quella calda giornata dove dentro provò inattesamente un’emozione che piano piano gli saliva al cervello mentre un improvviso ricordo prendeva corpo nella sua mente.

Pace, i bimbi grandi non piangono

Pace, immagine realizzata dal pittore Sergio Totaro

4 mesi prima Dan era nel giardino di casa sua con lo sguardo all’insù fissando nella pace dei sensi della campagna circostante le piccole tracce lasciate dalla neve. In tutto il paese non si parlava d’altro che di un imminente attacco russo mentre gli uomini correvano ad addestrarsi. A Dan invece piaceva vivere in quel mondo protettivo che gli avevano costruito gli adulti dove la guerra era solo un gioco che non si sarebbe mai giocato. Eppure qualcosa stava inevitabilmente cambiando come l‘improvviso divieto di vedere il suo amico Sasha. Si ricordava ancora quando si erano incontrati al matrimonio di un ufficiale russo di cui Sasha era il nipote con una sua parente.

Quel giorno era fisso nella sua mente anche se aveva avuto solo tre anni perchè il paese faceva festa dopo la fine della rivoluzione scoppiata in Ucraina. Un fragile equilibrio che ora sembrava rotto mentre Dan si teneva stretto nella mente il ricordo di quel ragazzino e delle grandi corse che avevano fatto insieme verso il fiume, delle loro infinite partite a pallone e di quel “i bimbi grandi non piangono”. Una frase che Sasha gli ripeteva sempre ad ogni caduta a terra.

Quello stesso “i bimbi grandi non piangono” che Sasha si era affrettato a ripetere a Dan dopo essersi rivisti mentre il suo amico era caduto inseguendo un pallone. Dan però non rispose subito ma preferì primi rialzarsi e ripulirsi mentre pensava di esordire con “i bimbi grandi non dimenticano gli amici” . Poi per l’emozione gli uscì solo un “ciao” non riuscendo a dire tutto quello che aveva pensato di tirare fuori. “Sono quattro mesi che non ci vediamo e tu mi dici solo ciao”. “Non sono io che sono sparito Sasha”. “I nostri paesi sono in guerra”. “Ma noi no”. Sasha stava per contrattaccare quando senti un richiamo familiare. Si voltò guardando la madre pochi passi più in la quando Dan richiamò la sua attenzione. “Che ne dici di far finire questa guerra con una partita di pallone?”, gli chiese. “Russia -Ucraina in diretta da Roma?”, disse Sasha, “ci sto”

Il lungo addio

Sasha però non era stato sempre presente come Dan avrebbe voluto. Dan ricordava bene infatti la mattina del 24 febbraio quando avrebbe voluto sfogarsi con lui e chiedergli perchè alcuni adulti avevano deciso di giocare un gioco che non avrebbero mai dovuto fare. La risposta furono due giorni di silenzio dove Sasha non si fece vivo ne con una telefonata ne con un messaggio mentre nascevano ansia e preoccupazione. Dubbi e strane fantasie che si dissiparono qualche giorno dopo quando prima di andarsene via i due amici si rividero un’ultima volta in vista dell’arrivo imminente dei russi.Siamo in guerra anche noi’?”, gli chiese ma Sasha non rispose venendo trascinato via dal padre. Questa era l’ultima immagine che Dan ebbe dell’amico prima di ritrovarsi in quella strana ed incredibile partita di pallone dove due bambini avevano deciso di giocarsi a modo loro le sorti una stupida ed anacronistica guerra.

“Goal”, disse Sasha strattonando in modo divertente l’amico, “Sto vincendo io e la Russia”. Dan ritornò improvvisamente al presente e non si diede per vinto. Prese il pallone più volte mettendoci tutto l‘impegno possibile e “ho rimontato” disse dieci minuti dopo. Continuarono a combattere la loro fantasiosa guerra tra cadute e risalite non avvedendosi per niente di chi gli era intorno ma solo cercando di far passare più volte la palla tra due pietre che usavano come pali delle porte. “Allora ti arrendi?”, chiese Sasha fermando improvvisamente il pallone. “Neanche per sogno”, fece Dan portando gli via la palla e cercando di segnare un altro goal. Nel frattempo si materializzavano all’orizzonte i richiami delle rispettive famiglie che li stavano cercando e che si ritrovarono a fare il tifo per i rispettivi bambini come se le sorti della guerra si decidessero effettivamente in quel piccolo campo improvvisato.

Epilogo

Dan Sasha si ritrovarono stremati sul punteggio di 4-4 con i rispettivi padri che gli intimavano di non arrendersi quasi in cagnesco. “Questo gioco non mi piace più”, disse improvvisamente Dan. “Neanche me ma ho un’idea per mettere d’accordo tutti. Per quanto mi riguarda la loro guerra può andarsene al diavolo a me basta un abbraccio amico”. Si ritrovarono poco dopo abbracciati al centro dell’argine del fiume con i loro genitori che li guardavano senza riuscire a staccarli. “Sapete”, disse Dan a tutti, “ abbiamo finito in pareggio perchè le guerre non ha vincitori ma solo vinti. Per questo come abbiamo fatto noi, vorremo che anche gli adulti si ricordassero cos’è la pace”. Poco dopo i due padri dei bambi si guardarono negli occhi comprendo di aver avuto una lezione nonostante poco prima credessero di averla data ai loro figli.

Stefano Delle Cave

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