Piazza Tienanmen, storia del Rivoltoso Sconosciuto

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Di Stefano Delle Cave

Piazza Tienanmen è il settimo appuntamento della nostra rubrica di narrativa StoryLine. Il racconto di oggi è dedicato al misterioso Rivoltoso Sconosciuto, simbolo della rivolta cinese del 1989. Un uomo divenuto leggenda grazie ad una famosa foto scattata il 5 giugno di quell’anno.

Piazza Tienanmen, l’inizio


Sorseggiava un caffè a Piazza Tienanmen come ogni giorno e ogni giorno gli sembrava sempre di più di essere inutile. Nel 2005 Carlo Gilliani lasciò Genova perché aveva scelto di fare l’inviato in Cina arso dal desiderio di conquistarsi il suo bel Pulitzer. Aveva capito che un posto dove non c’è libertà è il luogo migliore per fare notizia. Eppure dopo ben due anni aveva iniziato a pentirsi della sua scelta. Non riusciva a capire come mai si fosse così tanto allontanato dalla sua famiglia e fosse finito in un paese cosi difficile da capire. Questo si domandò sorseggiando il suo caffè in quella tiepida estate del 2007.

Poi improvvisamente un rumore ruppe la sua routine distogliendo la sua attenzione. Qualche tavolo più in la un cinese sulla quarantina beva un tè colpendosi le tempie con dei piccoli schiaffetti. Nessuno sembrò curarsi di lui ma Carlo s’incuriosì e decise di conoscere quello strano uomo che sembrava così indifeso di fronte alla realtà che lo circondava. “Wang”, disse lo sconosciuto tendendogli una pallida mano. “Carlo”, rispose Carlo, “ero a prendere un caffè e ho visto che si colpiva la testa ma perché lo fa?”. “Loro mi hanno tolto tutto non ho più niente nemmeno i miei sogni”,gli sussurò Wang, “solo quel terribile rumore di carro armato”. “Carri armati?”, chiese sorpreso Carlo,” qui non passano carri armati dal almeno vent’anni”.

Piazza Tienanmen è il settimo appuntamento con la rubrica di narrativa StoryLine
Qui non passano carri armati da almeno vent’anni, questa immagine come quella di copertina è stata realizzata dal pittore Sergio Totaro

Sussurri, grida e libertà


“Lo so ma per come sé passassero ancora”, disse Wang stringendo tra le mani la sua tazza di tè, “è come se l’odore acre di fumo mi riempisse ancora le narici. È come se le mie mani fossero ancora sporche del sangue di mio fratello che con l’ultimo sussurro di vita mi urla nelle orecchie “fermali, fermali”. “Deve essere stato terribile”, affermò Carlo. “Terribile è quando per vent’anni devi dimenticarti della speranza e che esiste la libertà”, riprese Wang. Carlo rimase colpito dalle parole del suo interlocutore tanto che sentiva da non avere la forza di rispondere.

La rivoluzione del 1989

Sebbene avesse voluto da vecchia volpe giornalistica fargli qualche domanda tentando di scoprire la storia del secolo, non aveva il coraggio di stimolare quella che sembrava una mente devastata dagli eventi. Perciò si limitò a dire, “sta parlando del 1989?”. “1989-1990, non ha importanza, io non avrei dovuto esserci”, rispose Wang, “mia madre mi diceva di non andare, che era una follia. Era già morto mio fratello e quanti ancora dovevano portati da via dal folle vento della libertà”. “Lei non ha obbedito?”, continuò Carlo quasi riferendosi a se stesso visto che proprio per una disubbidienza familiare si trovava in Cina. “No, non riuscivo a smettere di piangere”, disse Wang dandosi un colpo alla testa mentre gli occhi si riempivano di lacrime, “di mio fratello mi era rimasto solo polvere in una scatoletta consegnatami dal governo. Volevo che se ne andassero via così quando ho sentito i carri armati sono corso in strada e ho provato a fermarli”.

Piazza Tienanmen è il settimo appuntamento con la rubrica di narrativa StoryLine
Non potete uccidere la speranza, immagine realizzata dal pittore Sergio Totaro

Tank Man


“Non è possibile e proprio lui? Quello della fotografia non era morto?”, rimuginò Carlo non avendo il coraggio di chiederlo pensando che forse Wang non conoscesse nemmeno l’esistenza della famosa fotografia del Rivoltoso Sconosciuto di piazza Tienanmen e che non fosse giusto in ogni caso vendere il dolore di un uomo. “La fotografia, quale fotografia?”, chiese sorpreso Wang interrompendo i pensieri di Carlo che in quel momento tentava a tutti costi di rinunciare ad un’avvenente gloria. “Nessuna fotografia, volevo chiederle è riuscito a fermarli carri armati?”. “Io ci ho provato con tutte le mie forze muovendovi a destra e a sinistra lungo la strada con in mano la busta con la scatoletta delle polveri di mio fratello perché volevo che vedessero quello che avevano fatto. Ho pure parlato con un capitano”. “Quello del carro armato?”, chiese Carlo senza pensarci. “Come fa a saperlo?”, rispose Wang, “Ho solo tirato a indovinare ma cosa gli ha detto?”, continuò Carlo letteralmente preso dalla brama di sapere che gli stava facendo dimenticare i suoi sani propositi. “Andatevene, potete ucciderci una alla volta ma non potete uccidere la speranza”, rispose Wang, “poi dei soldati mi portarono via e sono morto per vent’anni insieme a mio fratello”.

La verità

È lui ma come faccio?”, pensò Carlo. Non ebbe nemmeno tempo di finire una frase che un uomo alle sue spalle disse: “Wang Weilin deve venire con noi è in arresto”. “Gli avete già fatto abbastanza”, disse Carlo.”Non una parola su questa storia mister Gellini”, disse un altro uomo robusto fermandolo. Carlo rimase impassibile mentre trascinavano via il suo strano amico. Poi. mentre Wang stava per entrare in un auto della polizia, gli si avvicinò. Trattenuto strenuamente da due uomini e disse, “Non ci sono riusciti, non hanno ucciso la speranza. Ti hanno scattato una foto che ha acceso quella di milioni di persone”. Wang alzò la mano in segno di vittoria prima di scomparire nuovamente nell’ombra della storia.