Hanno aperto alle sette di stamattina ora locale e italiana le urne delle elezioni parlamentari in Polonia cui sono chiamati circa 29 milioni di elettori per scegliere soprattutto tra il partito sovranista “Diritto e Giustizia” (Pis) di Jarosław Kaczyński e l’alleanza europeista “Coalizione Civica” (Ko) di Donald Tusk

Si tratta di eleggere per i prossimi quattro anni 460 deputati del Sejm, la camera bassa del Parlamento, e 100 senatori. Le urne chiudono alle 21, quando sono previsti exit-poll di incerta affidabilità. Stando ai sondaggi, che gli attribuiscono un 33-36% delle intenzioni di voto pur in forte calo rispetto al 43,6% del 2019, al primo posto dovrebbe confermarsi il partito conservatore e populista guidato da Kaczynski. L’alleanza elettorale centrista ed europeista “Ko” dell’ex-presidente del Consiglio europeo Tusk sarebbe seconda con una ‘forchetta’ del 26-28%.

Anzitutto è difficile parlare di un voto realmente libero: in Polonia ormai giornali e televisioni sono quasi interamente controllati dal governo. L’unico dibattito televisivo della campagna elettorale, trasmesso nemmeno in prima serata ma alle sei e mezza di sera, si è tenuto in condizioni che non permettevano realmente un dibattito, sia per i tempi dati ai partecipanti che per il tipo di domande. C’è chi l’ha definito «una farsa».

In secondo luogo nello stesso giorno in cui si vota è stato organizzato un referendum incentrato su quattro quesiti estremamente identitari, quasi delle domande retoriche a favore del governo. Sono domande con cui Diritto e Giustizia mira probabilmente ad attrarre i voti degli elettori più indecisi, e che in qualche modo contengono già una risposta che nei fatti è un incoraggiamento a votare per questo partito: tra le domande c’è per esempio “Sei d’accordo con la vendita di aziende pubbliche agli stranieri, in modo che i polacchi perdano il controllo strategico sulla propria economia?”, oppure: “Sei d’accordo con l’accoglienza di migliaia di immigrati irregolari dal Medio Oriente e dall’Africa, come previsto dal meccanismo di ricollocamento forzato imposto dalla burocrazia europea?”.

Stando ai sondaggi, che gli attribuiscono un 33-36% delle intenzioni di voto pur in forte calo rispetto al 43.6% del 2019, al primo posto dovrebbe confermarsi il partito conservatore e populista “Diritto e Giustizia” (Pis) guidato da Kaczynski.

L’alleanza elettorale centrista ed europeista “Coalizione Civica” (Ko) dell’ex-presidente del Consiglio europeo Tusk sarebbe seconda con una forchetta del 26-28%. Ma con il complesso sistema elettorale polacco questa affermazione non basterà per un terzo mandato del Pis, che sarebbe senza precedenti nella peraltro breve storia parlamentare democratica polacca iniziata nel 1989 grazie a Solidarnosc.

Decisivo è però quanti seggi raccoglierà “Confederazione”, un partito di estrema destra, razzista, omofobo e intenzionato a tagliare gli aiuti militari all’Ucraina che peraltro nega di volersi alleare col Pis. Pure Kaczynski dice di non volerli.

Tusk invece, ricambiato, vuole accordarsi con i partiti di due alleanze minori: quella neonata di centro-destra a parziale connotato agricolo “Terza Via” e la socialdemocratica, filo-Ue e progressista detta “La Sinistra”.