“Promising Young Woman”, il film che lascia l’amaro in bocca

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Di Redazione Metropolitan

(Questo articolo contiene spoiler sulla trama di Promising Young Woman, e discussioni sul tema della violenza sessuale)

Promising Young Woman, il debutto alla regia sul grande schermo di Emerald Fennell, ha finora ricevuto fior fiore di riconoscimenti. Dalle ben cinque nominazioni Oscar, e le quattro per i Golden Globes, a Carey Mulligan che continua ad accumulare meritatissimi titoli come miglior attrice protagonista. E per carità, la pellicola ha molto di cui vantarsi. 

Il film è centrato su Cassie, che, come da titolo, era una “promettente giovane donna”, prima della tragedia che precipitò la sua vita. Nina, la sua migliore amica, infatti, fu vittima di stupro a una festa in università. Dopo la denuncia inutile e l’ostracismo sociale che seguirono, Nina cadde in una depressione profonda che finì nel suicidio. Noi incontriamo Cassie, anni dopo il suo abbandono dell’università per occuparsi dell’amica, adesso impegnata in una costante ricerca di vendetta. Verso i predatori sessuali che la portano a casa quando si finge ubriaca fradicia e incapace di camminare da sola. Verso chi, all’epoca della violenza, si preoccupò di più della reputazione del campus o dello stupratore che della salute di Nina. E, infine, verso il diretto colpevole e i suoi complici.

Carey Mulligan, che interpreta Cassie in Promising Young Woman. Photo Credits: dal web

Una pillola forse indorata un po’ troppo

Dalla sceneggiatura all’editing, alle scelte di stile, questo film è una perla. Le battute di dialogo scorrono naturali, senza quasi mai sfociare nel moraleggiante (nonostante la natura del film, almeno in parte didattica). I personaggi si muovono in modo autentico, i loro pensieri e le loro emozioni vengono trasmesse in modo efficace e umano. La scelta di attori famosi per la loro immagine da “bravi ragazzi” per coprire ruoli di uomini spregevoli è un colpo di genio. I colori, i costumi e la soundtrack creano una cornice “bubblegum pop”, dall’apparenza gioviale e spensierata. Cornice che a tratti smussa gli angoli dei delicati temi trattati, a tratti vi stride, in un consapevole tentativo di suscitare disagio nel pubblico.

Tutte scelte ragionate da parte di Emerald Fennell, forte della sua esperienza di attrice, romanziera, e showrunner per la tv. (Tesseremo le lodi di Killing Eve, per cui Fennell ha scritto sei episodi e fatto da produttrice esecutiva, in un altro momento.) Nelle interviste, la regista discute dei motivi dietro queste scelte stilistiche:

“Penso che il piacere e il divertimento siano strumenti importanti, quando si vuole discutere di cose difficili. E specialmente se si vogliono attrarre persone che magari non hanno riflettuto in profondità su queste cose.”

Ed è qui che sorge il problema.

Promising Young Woman medita sul terrore esistenziale di vivere in una società in cui ci si sente prima prede e poi persone. Sugli effetti a catena della violenza sessuale, sulla rabbia, il lutto e il senso d’impotenza di chi ne è bersaglio. Sulle infinite permutazioni di reazioni dalla comunità più ampia, e di come la mancanza di supporto, emotivo, sociale e istituzionale, abbia spesso tragiche conseguenze. Tutti temi interessantissimi, per carità. Qualcuno scriva un trattato sulle interpretazioni anarco-comuniste di questo film! L’alienazione a cui Cassie è condannata, dal lutto e dalla mancanza di supporto, non è forse la stessa che vogliamo combattere con le nostre reti di attivismo e sorellanza?

Al contrario di moltə dellə miə compagnə survivor a cui questo film non è piaciuto, il mio problema non è il finale. È vero, è tutt’altro che empowering, vittorioso o confortante. Ma le fantasie di vendetta sono una risposta emotiva che, seppur comprensibile e degna di empatia, non può essere al centro della battaglia contro la violenza sessuale senza che questa finisca in tragedia. Il femminismo carcerale non ha mai fatto bene a nessuno (se non a rinforzare il potere dello stesso Stato che sfratta i centri antiviolenza). È quindi un finale adatto al tema: non c’è risoluzione, non c’è speranza nel fondo di un tunnel del genere. Ci sono solo le ceneri al vento del corpo di Cassie.

Ciò che però è imperdonabile è che Nina, la vittima vera in Promising Young Woman, è relegata al ruolo di causa scatenante. Non c’è neanche bisogno del flashback strappalacrime in bianco e nero, che la metta sul piedistallo di donna angelica, portata via nel fiore degli anni. Ci pensa Cassie, ci pensa il resto del film, ad appiattirla così. Non sappiamo nulla di ciò che Nina avrebbe voluto, di cosa avrebbe pensato delle macchinazioni di Cassie.

Promising Young Woman non è un film per survivors

Promising Young Woman non è un film sulla violenza sessuale, è un film sulle sue conseguenze su chi non ne è vittima. È un film che, come Cassie, prende il trauma con cui noi dobbiamo convivere e lo mette sotto la lente d’ingrandimento, per esaminare le reazioni che suscita in altri. Per poi spalmarci sopra una bella cucchiaiata di colori pastello e musica pop, e offrirlo come spunto di riflessione al pubblico mainstream. Che sicuramente non mancherà di restituircele, ben digerite, la prossima volta che #MeToo torna in voga.

E in tutto ciò, quantə di noi hanno esitato ad aprirsi su esperienze traumatiche perché ci mancavano le energie per gestire le emozioni altrui sulle nostre tragedie? Quantə hanno dovuto mettere i freni al solerte difensore di turno, ansiosə di farsi valere a suon di “adesso lo vado a cercare e gli spacco le gambe”? Se Promising Young Woman avesse messo al centro della sceneggiatura la rabbia, il dolore, e sì, la sete di vendetta, delle vittime di violenza sessuale, l’impatto della storia sarebbe stato sicuramente più forte. E il senso di vuoto e di tragedia inutile con cui ci avrebbe lasciato sarebbe rimasto limitato alla storia di Nina, e non a tutto il film.

Scritto così, Promising Young Woman lascia l’amaro in bocca non perché la “vittoria” di Cassie le costi tutto. Ma perché, ancora una volta, le nostre storie, le nostre voci, i nostri bisogni e desideri vengono messi da parte per una “riflessione più palatabile”. Riflessione che, francamente, non è troppo originale né interessante. Molti di noi survivors, alla futilità della vendetta, al bisogno di soluzioni più sistematiche e più radicali, e a come queste possano funzionare, ci sono già arrivatə da tempo. Lasciate parlare noi, e mettetevi al passo.

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