Quei migranti che ci osservano dall’alto

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Di Redazione Metropolitan

Nadira è una rondine originaria del Ciad. Ogni anno le rondini migrano dal Sud Africa verso l’Europa e poi tornano indietro. Dall’alto, Nadira vede un fiume di migranti che fanno lo stesso viaggio. Questo, è il racconto dal suo punto di vista.

Un viaggio attraverso l’Africa

Migranti in Ciad
Il Ciad è uno degli stati più poveri dell’Africa – Photo Credit: bigmama.travel

Mi chiamo Nadira, sono una rondine e faccio parte dei migranti del cielo.

Sapete, molti di noi affrontano la stagione migratoria partendo dal Sud Africa, ma io sono originaria del Ciad e i primi voli non mi portavano molto lontano. A poco a poco le distanze sono aumentate: il cielo è così vasto!

Abbiamo fatto davvero tanta strada, ma se non avessi guardato verso il basso, non me ne sarei mai accorta.
Dal Ciad al Niger, poi in Algeria e in Tunisia, poi di nuovo in Algeria e in Marocco e poi non saprei dire: davanti a me, la maggior parte delle volte, c’era solo una distesa di bianco e di azzurro.

La terra dello stivale

In un giorno soleggiato siamo arrivati in una nuova zona. 
In genere voliamo bassi, a poca distanza dal terreno, ma le nubi dei giorni precedenti ci avevano costretti a stare più in alto e da quell’altezza riuscimmo a individuarla subito. La nostra destinazione.

Meraviglia!
Sotto di noi, sin dove l’occhio riusciva ad arrivare, si estendeva una terra circondata dal mare, ma solo su tre lati.
Avevamo sentito parlare della terra dello stivale, ma non tutti sapevano cosa fosse uno stivale. Io si, perché nei campi abbandonati di Nokou, giù nel Ciad, ne avevo visti alcuni vicino al nido in cui ero nata. Per questo, fui tra i primi a riconoscerla. 

Anche il mio amico Saiko faceva parte dei migranti del cielo. Era già stato in quella zona e, di ritorno da un viaggio, aveva giurato di non aver mai volato in una clima più piacevole di quello. 
Italia, la chiamavano. 

Migranti giungono in Italia
L’Italia vista dall’alto – Photo Credit: foolsjournals.wordpress.com

C’era sole splendente in ogni direzione…” diceva “…e quando la pioggia imperversava, potevi rifugiarti tra gli alberi, tra le montagne e tra le grotte o nei pressi di laghi e fiumi suggestivi… e le città Nadira! Potevi ripararti sotto i monumenti più belli che abbia mai visto e lasciarti sommergere da tanta bellezza!“.
Saiko avrebbe potuto continuare all’infinito.
E le persone?” ricordo di avergli chiesto una volta, ma lui aveva scosso la testa. Senza rispondere.

Il Tirreno, da cima a fondo

Il giorno in cui lo stormo giunse in Italia, decidemmo di scendere giù: per mesi volammo avanti e indietro, godendoci ogni istante di quella magnifica avventura. Liberi, come solo i migranti del cielo potevano essere.
A volte ci separavamo, per poi ricongiungerci, e in uno di quei momenti solitari decisi di percorrere la costa occidentale: da cima a fondo.
Quella parte di mare che loro chiamano Tirreno

In spiaggia era pieno di gente. Molti se ne stavano sdraiati a prendere il sole e a giocare a carte, altri leggevano libri o facevano le parole crociate, altri ancora mangiavano del cibo e quando le briciole cadevano, mi sbrigavo a rubarne un po’.

Spiaggia Italia
Un comune stabilimento italiano – Photo Credit: anzio.estate

Sulla sabbia, la gente sembrava divertirsi: c’era chi giocava con i racchettoni, chi a calcio o a pallavolo, chi a bocce e chi con le biglie. E poi c’erano i bambini che facevano tutto insieme. Correvano da una parte all’altra, si inseguivano e rotolavano nella sabbia, si tuffavano in acqua, scherzavano tra di loro e facevano disperare i propri genitori, costretti a rincorrerli. E come ridevano, come erano felici!

Avevano volti sorridenti, risate contagiose e il suono della loro gioia riecheggiava su tutta la costa occidentale: da cima a fondo.
Saiko, questo, non glielo aveva detto.
Che bella giornata!” pensavo “Il sole splende e i bambini sono felici!“.
Poi giunsi sul fondo della costa, nel punto più a sud: fu allora che vidi i migranti della terra.
E le cose cambiarono.

L’incontro con i migranti

Sapevo che mi stavo allontanando troppo.
Sotto di me vedevo un’isola e capii, con quel poco di italiano che avevo imparato, che doveva essere la Sicilia
Improvvisamente, compresi che di fronte a me, al di là del mare, c’era Casa. Certo, c’erano la Tunisia, la Libia e molti altri paesi prima di casa, ma come l’ago di una bussola volge verso il Nord, così la mia anima puntava verso il Ciad. Avevo nostalgia. 

Pensai che la terra con lo stivale fosse un bel posto, ma a casa avevo lasciato degli amici (A Saiko dovevo raccontare il suono della risata dei bambini!) e poi si stava bene in Ciad: c’era cibo in abbondanza e nessuno che volesse uccidermi, c’era pace e silenzio. In fondo, gran parte dei posti erano ormai disabitati.

I saggi tra le rondini raccontavano dei grandi cambiamenti che avevano scosso il mondo degli uomini. C’erano guerre, fame e povertà e c’era voglia di vivere: un bisogno più forte dell’ago di una bussola, che spingeva uomini e donne nella direzione opposta a quella del cuore.
Dall’alto li avevamo visti: fiumi di persone si riversavano sulle spiagge e si imbarcavano nella speranza di raggiungere un posto migliore.

Mentre riflettevo su questo, il mio volo mi condusse oltre la Sicilia.
In lontananza vedevo un’altra isola – piccola, troppo piccola – e in mezzo c’era il mare e la sua legge.
E tra un onda e l’altra c’era una nave.
E a bordo vidi tante cose.

Migranti
Migranti – Photo Credit: quasimezzogiorno.org

C’erano persone che aiutavano altre persone, ma quest’ultime erano di più.
Tra loro vedevo tanti uomini: alcuni erano malati, tutti erano stanchi. Vedevo tante donne: alcune aspettavano un bambino, altre erano malate, tutte erano stanche.
Inoltre, vedevo i bambini: non correvano l’uno dietro l’altro, né giocavano a nascondino. Se ne stavano in silenzio, vicino alle proprie madri (quelli che ancora ne avevano una) e mangiavano il cibo dato loro dagli uomini in divisa: lo tenevano stretto, perché avevano solo quello. Alcuni erano malati, alcuni piangevano, tutti erano stanchi. Tutti erano tristi.
C’erano risate, ogni tanto, tirate fuori a forza, ma la serenità di un momento non è felicità.

Rotta verso il Ciad

Badate bene, forse mi sbaglio, è solo un pensiero come un altro: in fin dei conti, sono solo una rondine e una rondine non fa primavera. Eppure sentivo di avere imparato qualcosa.
Ora sapevo che una bella giornata non è quella in cui splende il sole e i bambini ridono, perché sotto quello stesso sole giocano i bambini sulla spiaggia e muoiono quelli sulla nave. 

Mi alzai in volo e puntai dritto verso casa, io che potevo, io che ne avevo una. Mentre volavo ripensavo alle persone sulla spiaggia e a Saiko che scuoteva la testa. Ero ancora confusa, ma avevo appreso una lezione importante.

Bambini
Il sorriso di un bambino è la nostra vittoria più grande – Photo Credit: listino.com

Una bella giornata è quella in cui i bambini ridono.
Tutti i bambini.


Nonostante la pioggia, nonostante tutto“.