”La ragazza mela”, Italo Calvino: crescere con le fiabe italiane

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Di Stella Grillo

La ragazza mela, Italo Calvino - Photo Credits: web
La ragazza mela, Italo Calvino – Photo Credits: web

La ragazza mela: nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’infanzia, una fiaba popolare contenuta, successivamente, nella raccolta ”Fiabe italiane” di Italo Calvino.

La ragazza mela, desiderio e crescita

Le Fiabe italiane di Italo Calvino, sono una raccolta di storie prelevate dalla tradizione popolare, scritte in lingua dai vari dialetti. La ragazza mela è una fiaba propria della città di Firenze, che si trova nel primo volume di Fiabe Italiane, edito nel 1956. La trama della fiaba presenta personaggi con desideri contrastanti; una regina che, alla vista di un melo nel suo giardino che produce frutti meravigliosi, brama di avere una figlia. La sovrana, ben presto, vedrà il suo desiderio esaudito: partorirà, infatti, una bellissima mela. Nel tempo, un re vicino al regno della regina inizia ad osservare questa ragazza, bianca e rossa dalle sembianze di una mela lucente. La osserva lavarsi e pettinarsi, rimanendo abbagliato dalla sua beltà. La brama di avere per sé la ragazza mela, diventa sempre più impellente.

La ragazza mela - Photo Credits: web
La ragazza mela – Photo Credits: web

Così, i due sovrani, sono costretti a consegnare la figlia al re, in modo tale da mantenere buoni rapporti con il vicinato. Il re continuerà ad osservare passivamente la ragazza lavarsi e pettinarsi: prepararsi, quindi, ad un evento che simboleggia l’incontro sessuale. Tuttavia, la giovane, non è ancora pronta all’atto, per cui, si sottrae cessando di nutrirsi, di parlare, isolandosi dal mondo esterno. L’azione del non nutrirsi è una negazione: la fanciulla non è ancora consapevole del suo corpo e, in preadolescenza, è facile che il cibo possa diventare allegoria di conflitto: rifiuto dello stesso o sostitutivo di rapporti sociali o affettivi.

Maturità fisica e sessuale

La fiaba prosegue con l’imminente partenza del re per la guerra. L’uomo lascia la ragazza mela in custodia ad un fedele servitore in modo tale che tenga celata la sua presenza. Tuttavia, sarà la matrigna del giovane re, che troverà la ragazza: entrando nella stanza vedrà solo una mela poggiata su di un ripiano d’oro. La donna inizierà a trafiggere il frutto, facendo sgorgare una copiosa quantità di sangue dalle ferite inferte. Questo passaggio, simboleggia il mestruo: il sangue è infatti testimone dell’avvenuta maturità sessuale della ragazza mela. Sarà il servitore a curare la fanciulla, con l’aiuto di una zia fata: con una polverina magica, curerò le sue ferita e la giovane uscirà dal torsolo tutta bendata parlando, finalmente, per la prima volta:

 “Ho diciotto anni e sono uscita dall’incantesimo, se mi vuoi sarò tua sposa”.

La ragazza è quindi pronta per l’incontro fisico, poiché fiorita nella sua femminilità; un passaggio che attesta la sua maturità fisica anche per contrarre un eventuale matrimonio. La particolarità della fiaba sta nei due uomini che tutelano la ragazza mela, evitandole il contatto con il mondo circostante; le donne, invece, sono i punti di riferimento che dirigono la fanciulla in quei cambiamenti fondamentali della vita di ogni donna: dapprima, il matrimonio non consumato. Successivamente, l’inizio dell’età fertile, la comparsa del mestruo e le polveri fatate che alleviano il flusso, fermandolo. Una favola apparentemente ingenua, ma che introduce cambiamento ed evoluzione: la madre che le dà la vita introducendola in un possibile futuro, e, la matrigna, che “provoca” la crescita della fanciulla: un evento imprescindibile nella vita di ogni giovane donna.