Re Carlo III e la Regina Camilla sono pronti per partire alla volta dell’Australia e delle Isole Samoa, dove, a partire da venerdì 18 ottobre, saranno impegnati in un tour che durerà undici giorni. La visita ufficiale è ul viaggio più lungo del sovrano da quando, lo scorso febbraio, ha annunciato la sua diagnosi di cancro e, stando al Daily Mail, i medici hanno hanno dato l’ok per sospendere momentaneamente il suo ciclo di cure, consentendogli in questo modo di assentarsi per un breve periodo.
Un impegno encomiabile da parte del monarca, ma che, ancor prima che il suo aereo decolli, promette di essere costellato dalle polemiche. I primi ministri dei sei Stati che compongono la federazione australiana hanno infatti annunciato che non parteciperanno al ricevimento in onore del re, previsto a Canberra per il 21 ottobre. Ufficialmente, i premier saranno assenti a causa di “precedenti impegni”, ma la diserzione di massa ha il retrogusto amaro del boicottaggio. Il motivo del guanto di sfida, probabilmente, va fatto risalire al recente dibattito riguardo la forma di governo australiana. Una consistente fetta della popolazione, infatti, vorrebbe staccarsi del tutto da Londra per diventare una Repubblica, mentre un’altra desidera restare fedele alla Corona.
Re Carlo: un’accoglienza poco regale da parte dell’Australia
Ad accogliere Carlo sarà dunque solo il premier Anthony Albanese, mentre i capi degli esecutivi di Nuovo Galles del Sud, Victoria, Queensland, Australia Occidentale, Australia Meridionale e Tasmania lasceranno le loro sedie vuote. A chiudere la lunga lista di “no”, partita da Peter Malinauskas, capo dell’Australia del Sud, già impegnato in una riunione di Gabinetto, è stata Jacinta Allan, leader dello Stato di Victoria. Allan ha dichiarato di essere «molto contenta che re Carlo visiti l’Australia» e che, sebbene sia notoriamente a favore della repubblica, modificare il Paese non sia, al momento, la sua priorità.
Diversi rappresentanti filomonarchici sono insorti davanti a questo “affronto”. La deputata liberale Bev McArthur ha definito queste assenze «un insulto nei confronti del sovrano» e tali comportamenti «del tutto indifendibili». McArthur ha ribadito: «Accogliere il re e la regina in Australia è il minimo che possano fare in quanto rappresentanti eletti». Anche alcuni media locali sarebbero intervenuti in difesa della testa coronata. Primo fra tutti The Sydney Morning Herald, che ha etichettato la decisione come «irrispettosa, infantile ed un vero e proprio insulto».
La monarchia inglese è al suo tramonto? Forse, forse no
Ad onor del vero Re Carlo, esattamente come la madre Elisabetta II, non si è mai mostrato contrario all’uscita dell’Australia dal Commonwealth, con conseguente rimozione della sua foto dagli uffici pubblici. La possibilità di un referendum per passare la parola al popolo è un’idea già ampiamente discussa e analizzata, e lo stesso Albanese, in campagna elettorale, aveva promesso ai cittadini che l’ipotesi sarebbe diventata realtà. A rallentare le procedure, con ogni probabilità, è stato il rispetto per la precedente sovrana, amatissima e rispettata da tutti.
Gli ultimi sondaggi, in verità, mostrano un sentimento antimonarchico più debole del previsto. Stando al Daily Telegraph, a Sidney un intervistato su quattro avrebbe un’opinione positiva del monarca, in ascesa nell’indice di gradimento rispetto alla sua incoronazione. Solo il 33% delle persone interpellate sostiene anche di essere pro-repubblica; per loro, Carlo sarebbe «una vecchia gloria che sta andando a tenere il suo tour d’addio». I detrattori sembrano agguerriti, al punto di aver creato, in vista del tour, delle magliette in cui il regnante indossa occhiali da sole scuri, corredate dalla scritta: “Monarchy – The Farewell Tour of Oz”. Uno sfottò innocuo, ma che evidenzia quanto il casato Windsor sia giudicato ancora come “polveroso”, nonostante gli sforzi da parte delle nuove leve di svecchiare la royal family.
Federica Checchia
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