Cinema

“Sabato, domenica e venerdì”: stanchi episodi di commedia italiana

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Sabato, domenica e venerdì” è ideale figlio di una precisa corrente della propria epoca, dove la commedia italiana, sexy o meno che fosse, viene spesso riproposta come un collage arbitrario di nomi celebri buoni per far cassa. Bene di consumo a immediata digestione.

Cinema popolare nell’accezione più avvilente del termine, nomi cult femminili ma non solo ad attirare pubblico in sala e il solito meraviglioso esercito di caratteristi. Mancano le idee, ma a nessuno sembra importare granchè.

“Sabato, domenica e venerdì”: “Sabato” di Sergio Martino

Nicola Labrocca (Lino Banfi) è un ragioniere ossessionato da una fidanzata control freak cui il capo impone di accogliere un ingegnere giapponese in arrivo. Buon per lui che l’ingegnere sia una lei, una bellissima italo-giapponese che scompiglierà le carte in tavola di tutti. I due finiranno per sposarsi e trasferirsi a Tokio, dove Nicola aprirà un ristorante specializzato in orecchiette. Sergio Martino fa il Sergio Martino con le pile del tutto scariche, Lino Banfi fa il Lino Banfi, Edwige Fenech è una meravigliosa quanto improbabile ingegnere giapponese che disdegna i troppi veli e mescola tradizioni orientali senza troppa attenzione al dettaglio.

Prima getta nel Naviglio le polveri del nonno italiano, precedentemente scambiate da Nicola per cocaina, poi lo fa innamorare, lo traveste da geisha e gli regalo quattro marmocchi asiatici cui danno nomi della tradizione pugliese. Un episodio fiacco e sconclusionato. Piange il cuore vedere Milena Vukotic coinvolta in un progetto tanto cheap, dove l’unico piacere cine-nerd è dato dalla presenza delle vecchie glorie caratteriste Daniele Vargas e Salvatore Baccaro.

“Sabato, domenica e venerdì”: “Domenica” di Pasquale F. Campanile

L’esausto camionista Mario (Michele Placido) causa un guasto idraulico è costretto ad andare dall’inquilina del piano di sopra, la giovane e bella Enza (Barbara Bouchet). Le circostanze, in concomitanza dell’arrivo dei rigidissimi genitori siciliani, lo costringeranno a fingersi il marito della donna. I due finiranno per innamorarsi davvero. Classicissima commedia degli equivoci diretta da Pasquale Festa Campanile (“Austostop rosso sangue”), vorrebbe reggersi tutta sullo charme e il richiamo dati dalla presenza dei due celebri protagonisti.

Ma la vicenda, benché meno caricaturale dell’episodio precedente, si regge su pochissime idee e rimane a galleggiare nella banalità della macchietta, dei luoghi comuni regionali e di personaggi da bozzetto. A riempire i vuoti, forzature slapstick e una svolta melò. Ci si stupisce quasi che vogliano puntare su una prova di Barbara Bouchet costantemente vestita, ma recuperano ad un passo dalla chiusura di episodio.

“Venerdì” di Castellano & Pipolo

Ambrose Costantin (Adriano Celentano) è il celebre impresario del balletto Les porte-bonheur, del Crazy Horse parigino. Quando la prima ballerina Jacqueline (Lova Moor) decide di abbandonare il gruppo alla vigilia di una prima per sposarsi con un pericoloso gangster, a Costantin non resta che fare la propria mossa. E confessarle il proprio amore. Se gli episodi procedenti zoppicano a livello di sceneggiatura, l’episodio firmato Castellano & Pipolo ne è del tutto privo. Balletti pruriginosi, mafiosi in gessato e la solita bizzarra e surreale megalomania non sense del Celentano cinematografico.

Ma il Molleggiato non molleggia e su una sceneggiatura del tutto vuota e pretestuosa la sbilenca efficacia della collaborazione tra registi e Celentano non si ripete, tanto dal risultare quasi irritante, sicuramente sprecato.

Andrea Avvenengo

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