Domenica è il giorno perfetto per far uscire una nuova recensione per la rubrica Letture Coraggiose. Oggi vi parlo del libro, edito da Fandango Libri, di Simone AllivaCaccia all’omo, viaggio nel paese dell’omofobia“, uscito lo scorso anno (2020).

Le scorse settimane abbiamo parlato de “La stagione più crudele“, romanzo d’esordio di Chiara Deiana e de “La donna orso“, il nuovo libro di Karolina Ramqvist, ma anche del libro d’esordio di Camihawke, “Per tutto il resto dei miei sbagli”, che al contrario degli altri qui presenti non consiglio e nella recensione vi spiego per bene i miei motivi. Nei link trovate le recensioni e le interviste alle autrici.

Caccia all’omo, un viaggio nel paese dell’omofobia

Di cosa parla questo libro? Rispondo con un’altra domanda: di cosa non parla? Non è un fantasy, non è fantascienza (per quanto mi piacerebbe dire che è solo finzione) e non è un romanzo. È la fotografia del nostro Paese. In questo testo fatto di interviste, analisi personali degli eventi e della cronaca vengono raccontati odio e discriminazioni ai danni della comunità LGBTQIA. Non è un libro piacevole, è scomodo come una sedia rotta o un abito troppo stretto, soffocante. Si arriva alle ultime pagine con il nodo alla gola e una certa ansia per il futuro dei diritti umani e civili.

Per questo è un libro che serve. Serve alle sinistre per capire dove hanno sbagliato o dove peccano, serve alle destre per far loro aprire gli occhi, serve agli omofobi per metterli davanti a uno specchio e serve alle persone queer per imparare a riconoscere le minacce, per ricordare la forza necessaria per la lotta ai diritti. Serve per far emergere la necessità di alzarsi da quella sedia scomoda e fare qualcosa.

Caccia all’omo, Simone Alliva – Photo Credits: foto libro by Giorgia Bonamoneta

La recensione non recensione di “Caccia all’omo”

Scrivere la recensione di un libro simile è impossibile, metto subito le mani avanti. Non si può commentare lo stile o la trama, non è un romanzo appunto. “Caccia all’omo” è un vero e proprio viaggio nel nostro Paese, non solo geografico, ma anche storico. Leggerlo tutto d’un fiato lascia nel lettore la sensazione di star vivendo in un Paese con un preciso piano di delegittimazione delle realtà queer. E non sono 200 pagine di allarmismo costruito a tavolino da Alliva, ma sono 200 pagine di testimonianze di un odio subdolo, spesso famigliare, giustificato dall’alto delle istituzioni.

In queste pagine si narra della costruzione volontaria di un’ideologia gender dai contorni distorti e dai toni grotteschi. “Lobby gay”, “teoria del gender”, “politicamente corretto”, “utero in affitto”, sono tutte parole che, se non si è parte o alleati della comunità LGBTQAI, non si conoscono nel modo corretto. Ed è facile colmare questo abisso di ignoranza, lì dove c’è un vuoto educativo famigliare e scolastico (sperato, voluto e alimentato) con l’odio e con l’omotransfobia.

“Perché ci odiano?”

L’Italia descritta da Simone Alliva in questo testo è reale, è materiale, ha un corpo e questo corpo è martirizzato. Ci sono schizzi di sangue sulle pareti e ogni schizzo ha la forma di una discriminazione. Ci sono esempi di omofobia, transfobia, abilismo, razzismo e misoginia, eppure nel nostro Paese ancora si giustifica il matador.

Alliva scrive che tutte le storie di omotransfobia che ha sentito e raccontato lo hanno portato a pensare che questo odio mascherato da paura nasca come non accettazione della diversità, o “di quello che percepiamo come negativo“. Riporto la risposta presente in “Caccia all’omo” data da due esperti: Vittorio Lingiardi, psichiatra e professore di Psicologia dinamica e Guido Giovanardi, psicologo.

“Perché ci odiano?”
C’è davvero negli episodi di omotransfobia […] questa sorta di “conflitto” in corso tra persone Lgbt e persone eterosessuali. Quasi come se l’orientamento sessuale e l’identità di genere fossero diventati fenomeni “tribali” che portano alla polarizzazione, al divario tra “noi” e “loro” e dunque allo scontro.

La politica più semplice, quella degli elenchi con le dita e dei video su Facebook, si affida all’odio come mezzo di comunicazione. L’odio e la paura sono emozioni estreme, l’uno genera l’altra.

Quando avevo 7-8 anni e capitava che non volessi fare i compiti mia nonna usava una minaccia serissima per convincermi. Diceva: “Sai chi si fa comandare e influenzare? Chi ha paura. E come fai ad avere paura? Non conoscendo qualcosa. Se studi, se leggi, se ti informi conoscerai e la conoscenza ti renderà coraggiosa”. Invece determinate politiche censorie (ma censurati sono solo gli argomenti “gender”) o dichiarazioni sulla televisione – per qualcuno è ancora il mezzo della verità – causano ignoranza e l’ignoranza si colma di paura e di odio.

Un piccolo passo per P., un grande passo per la comunità LGBTQIA

Voglio raccontare la mia personale esperienza, come faccio sempre, prendendo un piccolo spazio nella recensione di “Caccia all’omo”, perché durante la lettura di alcune parti mi è tornata in mente P. Quando mi sono presentata come ragazza della mia attuale dolce metà, sua madre la voleva cacciare di casa. Mi sono arrabbiata, a ogni gesto o parola omofoba io ho urlato per me e per la mia fidanzata e quando non ho avuto più fiato, quando ormai le avevo sciorinato tutte le informazioni possibili sul concetto di “normalità” e “amore” che avevo in magazzino, lei è cambiata. L’ho vista evolvere insieme alla conoscenza, attraverso la lettura di libri, fino a quando non ha affermato che non avrebbe più votato Lega (un partito, una certezza anti-queer). Troppo omofoba ha detto, troppo razzista ha aggiunto.

Cosa volevo raccontare con questo mini spaccato della mia vita? Che sono brava a convincere le persone o che l’ideologia gender colpisce anche i più “puri” di cuore? No, volevo solo far notare come, se metti in mano a una persona che ha letto solo harmony nella vita, un libro di storia questa capirà chi sono le prede e chi i predatori.

La caccia all’omo è figlia della disumanizzazione

Il grande tema dietro queste pagine di “Caccia all’omo” è il noi contro loro. Gli esseri normali, contro i mostri. Disumanizzati, contro natura, diversi, deviati. Noi contro loro. “Solo in questo modo si può odiare senza vergognarsi, perché si odia qualcuno che non è più umano“, scrive Alliva. Mi è capitato di leggere questa stessa interpretazione ne “Il mostruoso femminile”. Donne, omosessuali, ma anche immigrati dipinti come violenti e violentatori a tutti i costi o diffusori di virus. Le minoranze sono tutte, perennemente, sotto attacco. La guerra più lunga che la storia conosca.

Molte volte basterebbe fare un passo indietro per capire di essere solo un altro soggetto da discriminare. “Chi è senza discriminanti scagli la prima pietra”, sarebbe un ottimo messaggio se quelle “pietre” non fossero fornite dallo Stato, se si tentasse di proteggere i diritti più che le poltrone e le ideologie.
Quello che “Caccia all’omo” cerca di fare è di costruire un percorso di consapevolezza. In 200 pagine spiega perché il Ddl Zan sia necessario e, in queste ore di dibattito vergognoso e di millate (passatemi l’uso gergale) di emendamenti, perché sia una priorità. A dirlo sono i numeri e a raccontarlo sono le voci.

L’accanimento sui corpi

Con questo ultimo paragrafo volevo descrivere le varie forme di discriminazioni e violenze subite da giovani e meno giovani per il loro orientamento sessuale, genere, identità, disabilità etc., ma è impossibile. Perché? Perché sono troppi gli episodi, troppi i corpi a terra. In questo libro ci sono storie di violenza famigliare, di figlie e figli “rieducati” a calci o peggio, di aggressioni di gruppo, di poliziotti che fanno finta di non sentire le grida; di politici egoisti, di discriminazioni spacciate per religione e natura, di dolore venduto come un “se lo sono cercato”.

Tutte queste storie sono l’esempio di una “Caccia all’omo”. Per questo mi spingo a consigliarne la lettura ribelle nelle classi. Lo consiglierei nelle scuole accanto alle “ore di kamasutra” (grazie Pro Vita & Famiglia per questa perla) aka educazione sessuale e sentimentale; sarebbe da leggere il 17 maggio, da discutere in classe durante l’ora di educazione civile o storia, ̶d̶a̶ ̶s̶o̶s̶t̶i̶t̶u̶i̶r̶e̶ ̶a̶l̶l̶’̶o̶r̶a̶ ̶i̶n̶u̶t̶i̶l̶e̶ ̶d̶i̶ ̶r̶e̶l̶i̶g̶i̶o̶n̶e̶. No, passo indietro, questo in Italia non si può dire.

Non è una sviolinata ad Alliva, autore che comunque per onestà devo dire di ammirare; il mio è, invece, un invito all’introduzione di testi con queste tematiche nelle scuole, perché prima delle ideologie, prima delle campagne elettorali che strizzano l’occhio agli ultras cattolici o agli amanti delle camicie nere, nelle scuole si devono porre le basi per un Paese civile, sano e inclusivo.

Vi invitiamo a leggere gli scorsi episodi di #LettureCoraggiose. Le scorse settimane abbiamo parlato de “La stagione più crudele“, romanzo d’esordio di Chiara Deiana, di “Benedetto sia il padre“, il nuovo libro di Rosa Ventrella e “La donna orso” di Karolina Ramqvist. Nei link trovate le recensioni e le interviste alle autrici. Per non perdervi le nuove uscite di #LettureCoraggiose seguiteci su:
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Articolo di Giorgia Bonamoneta.