Smart working secondo Tezenis: spunto di riflessione

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Di Redazione Metropolitan

La tempesta scatenata dalla campagna di Tezenis “smart-working mood” offre su un piatto d’argento, il via per una riflessione. Molte donne infatti, non sono rimaste contente di come è stato rappresentato il “telelavoro” dal noto brand. Talmente tante le critiche negative che hanno invaso lo spazio commenti sotto all’immagine pubblicata su Instagram, che Tezenis si è trovato costretto a modificare la didascalia in “Movie-Time mood”.

smart working secondo tezenis - photo credits_ tezenisofficial
smart working secondo tezenis – photo credits_ tezenisofficial

Vi ricordate le divertenti puntate di “Ma come ti vesti”, dove la severissima Carla Gozzi – affiancata dall’eccentrico Enzo Miccio – rimproverava tutte quelle donne che timidamente confessavano di preferire la comodità anche a casa o al parco con il cane? La stilista si indignava, spiegando che, anche tra le mura domestiche o quando si porta a spasso il nostro amato Fido – alle 5 del lunedì mattina e con 3 gradi sotto 0 – si deve essere impeccabili. 

Quindi trucco, parrucco e – se ci si riesce – “tacchettino” anche in casa, mentre si prepara l’arrosto della domenica. Sì, perché a quanto pare tutte queste “cose” – cliché – appartengono a noi. Un po’ come nella famiglia del Mulino Bianco, avete presente? Tutti felicemente accomodati, attorno ad un tavolo circolare perfettamente apparecchiato, e la “donna di casa” che, impeccabilmente vestita, serve la pietanza domenicale.

Vi dico un po’ la mia. Che la donna – sotto certi aspetti – sia un po’ – come dire – penalizzata rispetto l’uomo, penso sia palese. Certo, anche questi se la vedono brutta in alcune dinamiche, ma forse le nostre rogne sono un po’ … di più? Non penso di esagerare. Andiamo step by step, pensando ai tanti stereotipi che gravano come spade di Damocle sulle nostre teste. Se lavori e vuoi fare carriera, devi vergognarti perché non hai il senso di maternità. Se sogni una famiglia numerosa, vergognati comunque, perché non pensi al lavoro o a studiare e, 90 su 100, ambisci a qualche magnate per farti mantenere.

Cos’altro … ah! Se cammini per strada mano nella mano con un uomo attempato è scontato, ci stai per soldi. E vogliamo parlare del nostro corpo? Perché se Madre Natura ti ha dato un seno prosperoso, puoi starne certa, sarai “tutta tette e niente cervello” o “la poco di buono del quartiere”.  Ma sei sei piatta, mica sono contenti, perché a quel punto sarai “una tavola da surf”.  Ah! E tutte quelle ragazze che danno consigli di make up o di cura delle pelle, mostrandosi senza un filo di trucco? Acne, imperfezioni, brufoli – roba, che dai sù, c’abbiamo un po’ tutti –  per suggerire qualche trattamento ma soprattuto incoraggiare ad essere più sicure di noi stesse. Eppure, quanti commenti di odio e discriminazione si susseguono sotto ai loro video. “Fatti operare” oppure “ma non ti vergogni” o ancora “mi fai schifo” e per finire “truccati che è meglio”.

E vi prego. Risparmiatevi la solita scusa del vittimismo. Perché a me pare più un dato di fatto. Quante volte leggo sui social che noi donne facciamo le vittime. Molto spesso mi capita di leggerlo, tra i commenti lasciati alle foto di quelle bellissime ragazze che tanto scatenano la nostra invidia. Toniche, prive di imperfezioni e senza nemmeno un piccolo buco di cellulite. Quelle sì, che vengono adulate e apprezzate … sono impeccabili! Leggo lì sotto tante accuse di vittimismo, dove ogni volta si scatena una guerra di confronto tra donne indignate da alcuni – come dire – espliciti apprezzamenti degli uomini e questi ultimi, infastiditi dal – così scrivono – vittimismo delle “paladine” femministe.

Smart working secondo Tezenis: un’immagine un po’ surreale

Ma il punto qui è un altro. Perché  è vero, vedere quelle ragazze diventare mangime per maiali infastidisce, ma forse c’è qualcosa di più. Forse ci indisponiamo anche perché non riusciamo a rispecchiarci in quella perfezione così ingombrante, in quelle figure sinuose così tanto invidiate e desiderate dagli uomini. Donne e ragazze perfette, che Barbie a confronto non è nessuno. Magre, toniche, gambe lunghe e poi capelli fluenti e pelle perfetta anche senza trucco. E dee del genere, ce le ritroviamo pure nelle pubblicità.

Guardiamo un po’ lo smart working secondo Tezenis. La foto, è stata pubblicata sulla pagina ufficiale di Instagram del noto franchising di intimo – per la campagna “Smart working mood”, lanciata sui social. Una giovane donna, con un completino formato da una canottiera in pendant col pantaloncino di raso ricamato, è seduta sul lettone davanti ad un computer portatile. E si ritorna al discorso di prima. Una ragazza molto attraente, priva di imperfezioni, truccatissima e impeccabile nonostante sia alle prese col lavoro. I commenti di disappunto si sono susseguiti “complimenti, una cliente in meno” o “campagna penosa e degradante. Ecco come si perdono i clienti”. 

Perché siamo sinceri, dove sta il nesso? Cosa c’entra quel look con il lavorare da casa? Un po’ come il famoso tutorial di qualche mese fa a Detto Fatto dove, una bellissima ballerina di pole dance, ha mostrato come una donna dovrebbe muoversi tra gli scaffali del supermercato mentre fa la spesa. Deve essere – quante volte ho già scritto questa parola? – impeccabile. E quindi via! Sedere in fuori, schiena inarcata, polpaccio teso da crampi lancinanti e “sculettamento” su tacchi vertiginosi. Perché è così che agli uomini piace.

La perfezione non esiste

Perfezione. Impeccabilità. Pensiamo alle ragazzine di undici anni che, invece di giocare con le bambole, a quell’età pensano a come diventare un angelo di Victoria’s Secret. Perché sembra proprio che la nostra prima ambizione debba essere la bellezza, quando in realtà, avremmo tutto il diritto di mostrarci per quello che realmente siamo: umane. Siamo esseri umani e, come tali, siamo imperfetti.

smart workign secondo tezenis photo credits: ilchirurgoplastico.it
photo credits: ilchirurgoplastico.it

Ecco cosa c’è di sbagliato nello “smart working secondo Tezenis”. Non è il raso, né il pizzo o la bella modella fotografata. È il “come”. Come la donna, che sia nuda o vestita, viene rappresentata.

La foto pubblicata da Tezenis è semplicemente sbagliata. E non mi riferisco al pigiama di seta, ma ai capelli impeccabili, la pelle impeccabile, la posa impeccabile, le unghie impeccabili e il trucco impeccabile. E se la ragazza in questione fosse stata messa lì, sempre con indosso il completo di raso, ma con i capelli un po’ arruffati, gli occhiali da vista e magari una bella tazza di latte e Nesquik? Sempre lei, bella e giovane, ma un pelino più vera. Perché noi donne siamo belle anche dietro le quinte, in casa stanche e struccate dopo una serata in discoteca o una giornata di lavoro, o mentre studiamo col raffreddore per l’interrogazione del giorno dopo. Siamo belle anche senza i filtri di Instagram o il sedere “all’infuori” in una foto.

Il prendersi cura di se stesse non è un crimine. La vanità non uccide nessuno. Il make up è bello, la palestra fa bene, borse e bei vestiti piacciono a tutte … ma non deve essere un’ossessione. Finché i brufoli saranno un crimine, la cellulite motivo di vergogna, gli addominali indispensabili e il correttore uno scudo, rimarremo così. Ferme. Senza riuscire a farci una risata davanti ad uno smart-working davvero improbabile.

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