Tampon Tax in Italia: l’lva sugli assorbenti e l’epidemia del free bleeding

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Di Redazione Metropolitan

La proposta di riduzione dell’Iva sugli assorbenti e i prodotti per l’igiene personale femminile proposta dalla parlamentare Beatrice Brignone, segretaria di Possibile, il movimento politico fondato da Giuseppe Civati,  non ha ottenuto l’approvazione dalla Camera durante l’Iter della Legge di Bilancio.

La Tampon Tax, che attualmente prevede, in Italia, un’Iva al 22%, costituisce uno degli oneri più gravosi in Italia, insieme al prezzo della benzina, compromettendo uno dei principali diritti delle donne che ogni mese effettuano la spesa di assorbenti per fare fronte al proprio ciclo mestruale.

Cosa che invece non accade per i rasoi, già da tempo detassati al fine di essere alla portata di tutti e che non accade, in generale, all’estero: la Scozia è stato il primo governo al mondo rendere gratuiti i prodotti per l’igiene femminile; Canada, India e Australia hanno già abolito ogni tassa; Inghilterra, Francia e Spagna hanno ridotto l’iva ad un range che oscilla tra il 4 e il 5%.

Di recente, per giunta, ha preso a diffondersi una forma di protesta femminista totalmente inadatta a risolvere il problema economico della tampon tax: si tratta del free bleeding, una pratica nata negli anni settanta che prevede il sanguinamento libero della donna durante il ciclo mestruale, senza l’uso di alcuna forma di protezione o assorbente. Esponente di questa assurda protesta, l’atleta Kiran Gandhi che, durante la maratona di Londra del 26 aprile 2015, ha partecipato al campionato senza assorbente, col sangue che in diretta si diffondeva sui pantaloncini.

Ma quanto può mai essere efficace un movimento che si fonda sul libero sanguinamento? Poco e niente.

Il free bleeding, infatti, riporta indietro la scienza e la società di millenni, alla faccia del progresso scientifico e dello sforzo ingegnoso che dalle garze adoperate nell’antica Grecia arriva agli Asciugamani Lister promossi dal chirurgo sterile Joseph Lister nel 1896, fino alla coppetta contenitiva brevettata dall’attrice Lenoa Chalmers nel 1937. Le battaglie di secoli, affinché il ciclo mestruale non venisse demonizzato come fenomeno di cui nutrire vergogna e imbarazzo, ma per cui adottare soluzioni pratiche, verrebbero spazzate via da una soluzione tanto spiazzante quanto scabrosa. Esatto: scabrosa, perché le norme igieniche per le quali erano stati appositamente creati gli assorbenti, cioè per contenere il sangue ed evitare la trasmissione di infezioni ad altri individui durante l’uso di bagni e luoghi pubblici, vengono completamente violate, in nome di una libertà personale che ha l’arroganza di limitare quella del prossimo senza alcuna ragione o rispetto.

Non sarebbe più ragionevole che i movimenti femministi si rendessero conto che i nuovi veicoli per una sana protesta sociale non passano per la degradazione del proprio corpo o la messa in scena della propria intimità? E’ più rivoltoso esporre il proprio sangue che scorre libero lungo le cosce o magari, invece, promuovere, nelle scuole e nei centri ad uso dei giovani, iniziative scientifiche e divulgative a proposito dell’igiene personale e dell’importanza di assorbenti e preservativi?

In una società in cui l’Hiv, le epatiti e il Papilloma Virus sono ormai in uno stadio di diffusione così alto da rasentare l’epidemia, sarebbe bene rammentare che le più gravi e mortali malattie vengono sempre contratte, dal sistema immunitario, mediante lo scambio di liquidi: saliva, sperma e, last but not least, sangue.

Auguriamoci davvero che le giovani femministe italiane capiscano che il rigagnolo di sangue che dallo slip scorre lungo la coscia può avere un fascino artistico solo se dipinto su tela o immortalato per una estemporanea di fotografia. Auguriamoci che le battaglie reali contro gli aumenti dell’Iva abbiano carattere sociologico e non antropologico. Auguriamoci che il valore dell’igiene personale venga considerato universale e  non solo circoscritto a determinati prodotti (in città come Dublino o Barcellona gli assorbenti costano relativamente poco, ma per acquistare un sapone intimo occorre recarsi in farmacia e sborsare dai 10 ai 12 euro).

Speriamo di cuore che dalla mania degenerata del free bleeding, per protestare sull’iva del 22%, che vale anche sui pannolini per bimbi, non si passi al free pooping, ma a un po’ di buonsenso.

GIORGIA MARIA PAGLIARO