Tchia, intervista agli sviluppatori del gioco

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Di Federica Giorgi

Tchia è il nuovo titolo di Awaceb che uscirà il 21 marzo di quest’anno. Abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda ai developers, in particolare abbiamo parlato con Phil Crifo, co-founder della software house. Ecco per voi la nostra breve intervista.

Breve introduzione al gioco

Tchia è un titolo totalmente ispirato alla Nuova Caledonia, terra madre dei suoi sviluppatori. Nel gioco vestiamo i panni di una bambina che si imbarca in un’avventura per salvare suo padre, rapito dal malvagio Meavora e dai suoi sottoposti.
Il titolo immerge completamente i videogiocatori nelle magnifiche e pittoresche ambientazioni neocaledonesi, ispirandosi anche a leggende e tradizioni del luogo.
Un piccolo gioiello di cui vi avevamo già parlato in preview, ma presto avrete la recensione completa.

Tchia, le nostre domande a Phil Crifo

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Phil Crifo, co-founder Awaceb

Tchia racconta in modo molto appassionato la storia della vostra terra natia. Com’è nata l’idea di un gioco che tratta temi così personali? Siete stati ispirati anche da altro?

L’idea è nata quando eravamo ancora un team di due persone, ci siamo seduti e abbiamo iniziato a pensare cosa rendesse Awaceb unica e che tipo di messaggio avremmo voluto trasmettere. Fin dall’inizio avremmo voluto creare un gioco abbastanza universale, in modo che tutti potessero apprezzarlo, ma anche fedele alle sue origini e alle culture che lo hanno ispirato. Sicuramente è servito un buon lavoro di bilanciamento, ma credo che siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio.
Miyazaki e i film dello Studio Ghibli sono sempre stati d’ispirazione per noi, in particolare nel modo in cui raccontano storie di finzione universali, ma infondendole con tematiche nipponiche, creando mondi apprezzabili da tutti, ma allo stesso tempo unici e originali. Questo è l’approccio che ho cercato di avere con Tchia
.

La meccanica del Salto dell’Anima è molto interessante e innovativa. Da cosa nasce questa idea?

Il Salto dell’Anima ha subito varie modifiche. Inizialmente era soltanto telecinesi, divertente ma abbastanza limitante dato che non aiutava con le meccaniche di movimento ed era d’ostacolo durante i combat. Si è poi evoluta nella possessione, ma con Tchia ferma in un punto in uno stato di trance, comunque limitante in termini di movimento perché a fine possessione si sarebbe tornati al punto di partenza.
Da questi esperimenti è nata quella che adesso nel gioco vedete come il trasformarsi in oggetti e animali, dove Tchia attraversa il mondo mentre salta con l’anima in oggetti e animali. Questa evoluzione è dovuta anche al fatto che folklore e leggende neocaledonesi spesso parlano di mutaforma, animali che prendono il posto degli umani e viceversa, quindi è anche tematicamente rilevante.

Quanto è difficile lavorare a un gioco in pochi? Quali sono i pro e i contro?

E’ fantastico perché ognuno può occuparsi di un proprio elemento del gioco, costruisce fiducia e passione per il progetto. E’ stato anche difficile perché abbiamo creato un gioco ambizioso e con questo arrivano anche tante responsabilità. Sicuramente Tchia non sarebbe lo stesso se il team fosse stato più numeroso, è proprio il fatto che siamo una squadra affiatata che ci ha permesso di esplorare direzioni che altrimenti non ci saremmo permessi di pensare.

In Tchia la musica (insieme a molto altro) ha un ruolo importante. Siete stati ispirati da qualche artista neocaledonese in particolare?

Volevamo creare un sound unico, che fosse sia orchestrato con delle melodie familiari sia tradizionale, così che la musica avesse molta anima e le influenze locali potessero brillare. Abbiamo integrato alcune canzoni neocaledonesi molto conosciute nel gioco. Per il resto della colonna sonora, invece, abbiamo creato qualcosa di originale, composto negli Stati Uniti da John Robert Matz. Dopo il suo lavoro iniziale (orchestrazione, scrittura) abbiamo mandato i brani a musicisti e cori neocaledonesi, che sono stati in grado di reinterpretarli e aggiungere sonorità locali.

Puoi descrivere il lavoro dietro Tchia in tre parole?

Appassionato, difficile, gratificante

L’ambiente gioca un ruolo molto importante in Tchia. La salvaguardia della Terra è un argomento molto importante al giorno d’oggi, c’è un messaggio che vuoi mandare ai giocatori del tuo titolo?

Essendo nato in un’isola, sono ovviamente affezionato all’Oceano e alla salvaguardia della natura. Più di tutto credo che le persone, per voler preservare qualcosa, devono amarla in primo luogo. E’ facile martellare le persone con le pratiche più corrette, ma dagli un motivo di amare qualcosa e faranno di tutto per proteggerlo. Spero che Tchia possa portare un piccolo riflettore sull’Oceano Pacifico e aiuti ad aumentare la consapevolezza del perché va protetto.

La protagonista del vostro gioco è una bambina. Cosa pensate della rappresentazione stereotipata della donna nei videogiochi di oggi? Cosa pensate l’industria videoludica possa fare per affrontare questo problema?

Onestamente non riesco a capire perché qualcuno dovrebbe lamentarsi dell’avere diverse rappresentazioni nei videogiochi, o in ogni altra storia. In Tchia non l’abbiamo fatto come atto di ribellione contro lo status quo, ci sembrava solo la scelta più giusta per la storia e i temi che volevamo raccontare. Vorrei solo che le persone guardassero ai personaggi per quello che apportano alla storia e a loro stessi, come fargli aprire gli occhi su nuove culture, modi di vivere, visioni e prospettive… E’ benefico in ogni caso. Inoltre abbiamo visto così tanti tizi bianchi protagonisti, non vi siete stancati?

Vorrei aggiungere che ho davvero amato il vostro lavoro e non vedo l’ora di scrivere la recensione completa di Tchia!

Grazie mille! Significa davvero molto per noi. E’ stato un viaggio intenso, ma questi incoraggiamenti fanno capire che ne è valsa la pena.

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Tchia

Restate sintonizzati per la recensione completa di Tchia, il titolo di Awaceb in arrivo il 21 marzo!

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Federica Giorgi