Si è delineato il quadro definitivo delle finali che vedranno scontrarsi i migliori U-21 del circuito ATP. Ecco come si presentano alla terza edizione delle Next Gen.

Jannik Sinner

Ieri Jannik è entrato ufficialmente nella Top 100 (precisamente alla 93esima posizione) del tennis mondiale, diventando così il più giovane ad essere presente nella classifica ufficiale ATP e il più giovane italiano di sempre ad esserci riuscito. Esattamente 365 giorni fa si trovava in 785esima posizione. Un’impressionante scalata che ha subito una grande accelerata a inizio anno, in seguito a ottimi risultati ai Futures (tornei che per importanza stanno sotto anche i Challenger) e a Bergamo, dove conquista il suo primo torneo Challenger. Con la vittoria in casa Sinner diventa il primo 2001 a vincere un torneo in questa categoria.

All’età di 17 anni e 8 mesi partecipa al suo primo Master 1000, nella terra rossa di Roma, dove vince anche al primo turno. Comincia così a entrare nel radar di molti osservatori e ad agosto arriva il suo secondo titolo Challenger, sul duro di Lexington. E sempre sul cemento fa il suo debutto nel tabellone di un torneo del Grande Slam: agli US Open gioca contro uno Stan Wawrinka ancora troppo superiore, a cui però riesce a strappare un set. Un’altra grande soddisfazione arriva all’ATP 500 di Anversa, dove arriva fino alle semifinali (italiano più giovane di sempre a raggiungere un traguardo del genere).

Jannik Sinner - ATP
Jannik Sinner – Photo Credit: Ansa

Non riesce a raggiungere i punti necessari per qualificarsi alle finali Next Gen, ma essendo italiano ha di diritto una wild card per giocare il torneo di casa. L’altoatesino sembra giocare come un tennista dieci anni più grande, ha una mentalità da lavoratore e ha un gioco solido (che ad alcuni ha ricordato quello di Andy Murray). Già il prossimo anno potremmo vederlo davvero in alto, magari al fianco di Matteo Berrettini. Il potenziale c’è e l’ambizione anche, ma anche tanti aspetti su cui lavorare, dal fisico al servizio passando per il gioco a rete. A Milano non parte favorito, ma è il più giovane e i progressi fatti finora ci raccontano di un giocatore che si migliora di partita in partita. Ovviamente noi avremo un motivo in più per sperare in una sua vittoria.

Alex De Minaur

Finalista lo scorso anno e favorito per queste finali, Alex De Minaur viene dal suo miglior anno nel circuito ATP. Nessun torneo Challenger, varie apparizioni a Master 1000 e Major e i primi titoli in carriera. Il primo a inizio anno, quando nella città natale di Sydney sconfigge Andreas Seppi. Un bel biglietto di visita per l’Australian Open, dove però si deve arrendere col futuro finalista Rafa Nadal. Dopo la sconfitta contro Zverev ad Acapulco, De Minaur gioca solo 11 partite in quattro mesi. Il suo tipo di gioco, volto a contrattaccare e sfruttare la velocità di palla dell’avversario, non trova la perfetta espressione sulla terra e in quattro tornei sul rosso non passa mai il secondo turno.

Nemmeno sulla sua superficie preferita, l’erba, riesce a ottenere risultati, venendo eliminato al secondo turno anche ai Championship. Ritornando a calpestare il cemento, ritorna anche a vincere. Ad Atlanta batte in finale Tylor Fritz e si aggiudica il secondo titolo in stagione e in carriera. A Flushing Meadows gioca un gran torneo, ma si deve arrendere a un Dimitrov che batterà anche Federer. Tre settimane dopo arriva la tripletta stagionale, con la vittoria all’ATP 250 di Zhuhai in Cina. Le delusioni di Tokyo e Shanghai (in entrambi va fuori al primo turno) vengono compensate con Basilea, dove raggiunge la quarta finale dell’anno, perdendo con il padrone di casa Re Roger. Oggi in campo al Master 1000 di Parigi, ultimo torneo prima delle finali.

Alex De Minaur - ATP
Alex De Minaur con il trofeo di Zhuhai – Photo Credit: AFP

Una velocità fulminea, un’intensità pazzesca,un rovescio potente e insidioso. Basta questo per rendere l’australiano un problema sia in difesa che in attacco per i suoi avversari. Il modo in cui riesce a resistere alle martellate altrui e uscire da situazioni difficili magari vincendo il punto con un passante di rovescio spiazzante e preciso, fanno di lui uno dei giocatori più difficili con cui palleggiare. D’altronde avendo come mentore uno come Lleyton Hewitt non puoi non giocare bene da fondo campo. Recentemente ha dichiarato di voler chiudere l’anno più in alto possibile in classifica. Beh, quale occasione migliore per farlo se non vincendo il titolo nella città dei navigli?

Denis Shapovalov

Quando nel 2017 giocò un agosto fenomenale, arrivando, appena diciottenne, prima in semifinale del Master 1000 di Montreal e poi agli ottavi di finale degli US Open, tutti avevano pensato che fosse appena nata la nuova stella del tennis mondiale. Ma il fiore Shapo non è ancora mai veramente sbocciato in tutta la sua bellezza. E pensare che lui ne avrebbe da vendere. Stilisticamente parlando, Shapovalov potrebbe benissimo essere considerato uno dei migliori in circolazione (basti pensare al suo sensazionale rovescio in salto); al canadese però manca la gestione della partita (sua e dell’avversario), quella cerebralità nella strategia durante gli scambi e la continuità di rendimento.

Diciamo pure che se dovessimo collocare spazialmente il tennis di Shapovalov e quello di Medvedev, quella del russo sarebbe al polo nord e quello del canadese al polo sud. Forma contro sostanza, bellezza dell’esecuzione contro efficacia del colpo. I risultati danno ragione al secondo. Il mondo però non è fatto di bianco e nero, quindi come Medvedev può migliorare l’estetica dei colpi, così Shapovalov può mettere la testa in quello che fa. E questo è anche ciò che gli è mancato questa stagione, caratterizzata, finora, da solamente il 58% dei successi. Ci si aspetta di più da un talento come il suo. La semifinale raggiunta a Miami aveva fatto ben sperare, ma poi è inciampato sia sulla terra che sull’erba.

Denis Shapovalov
Denis Shapovalov – Photo Credit: Andrew Kelly / Reuters

Le due semifinali a Winston Salem e Chengdu servono a preparare il terreno per quello che è avvenuto 9 giorni fa a Stoccolma. Qui Denis conquista la sua prima finale e vittoria in un torneo ATP. Sale 7 posizioni, prima di perderne una dopo Vienna. A disputare le finali di Milano c’è già stato nel 2017, quando però non riuscì a superare i due futuri finalisti, Chung e Rublev. Quest’anno sarebbe dovuto essere affiancato dal connazionale Auger-Aliassime – altra speranza del tennis canadese con cui ha trionfato in doppio juniores agli US Open nel 2015 – che però ha dovuto dare forfait in seguito a un infortunio alla caviglia durante il torneo di Vienna.

Frances Tiafoe

Considerato all’inizio della sua carriera come la più grande promessa del tennis statunitense, Big Foe non si è ancora rivelato quello che avrebbe dovuto. Un po’ come Shapovalov non è stato ancora all’altezza delle aspettative che aveva creato (erano stati addirittura scomodati paragoni con Arthur Ashe). Nel 2017 il raggiungimento del secondo turno agli Australian Open e ai Master 1000 di Miami e Shanghai.

Nel 2018 il primo titolo ATP a Delray Beach (torneo in cui batte agli ottavi il suo idolo Juan Martin Del Potro) e una serie di buone prestazioni ai Master 1000, che gli permettono di entrare in Top 50 e diventare il più giovane americano a riuscirci. Quest’anno parte alla grande e arriva fino ai quarti di finale dello Slam di Melbourne. Questo gli permette di fare registrare il suo career-high in classifica piazzandosi al 29esimo posto. Da lì comincia una discesa frenata solo da alcune buone uscite, come il raggiungimento dei quarti a Madrid. Frances colleziona una serie di sconfitte che, fino ad oggi, gli fanno segnare più sconfitte (27) che vittorie (21) in stagione.

Frances Tiafoe
Frances Tiafoe – Photo Credit: Cédric Lecocq/FFT

Le potenzialità e il talento non gli mancano; fisicamente e tecnicamente è ben messo. Ha un gioco potente (il suo dritto parla per lui), un servizio importante (spesso sopra i 225 km/h) e tanta grinta. Anche a lui mancano ancora continuità e testa da grande giocatore. Le Next Gen possono offrirgli la possibilità di riscattare una stagione che era partita magnificamente ma che rischia di chiudersi in modo deludente. Come De Minaur e Shapovalov ha già partecipato alle finali di Milano e insieme a loro due è quello con più esperienza nei tornei del circuito ATP.

Casper Ruud

L’anno scorso arrivando fino al secondo turno degli Australian Open in molti in lui hanno rivisto papà Christian, che a quel Major aveva raggiunto il quarto turno, un anno prima che nascesse suo figlio. E quando ha raggiunto la Top 100 mondiale, ha riportato il tennis norvegese indietro di 25 anni; all’epoca per la prima volta un giocatore norvegese raggiungeva le prime cento posizioni della classifica ATP. Sì, era proprio papà Christian. Il miglior ranking lo raggiunge nel ’95, salendo fino alla 39esima posizione, dopo una serie di successi in tornei Challenger. Di questi, 10 ne ha vinti sulla terra rossa. Un’attitudine che ha sviluppato anche Casper che, guarda caso, ha come idolo il re di quella superficie, Rafa Nadal (si è anche allenato nella scuola del maiorchino).

E di ottimi risultati sulla terra ne raggiunti quest’anno, non solo in tornei Challenger. Agli ATP in Brasile ha raggiunto i quarti a Rio e le semifinali a San Paolo, mentre a Houston sfiora il suo primo titolo perdendo in finale contro Garin. Ma il vero exploit ce l’ha a Roma, dove si qualifica facilmente ed elimina al secondo turno Nick Kyrgios che, infastidito dal movimento di alcuni spettatori sugli spalti, dà di matto e prima spacca la racchetta ricevendo una penalità dall’arbitro e poi addirittura lancia in aria una sedia. In una recente intervista Ruud ha dichiarato che Kyrgios si è comportato come un idiota in quell’occasione. Resta il fatto che il norvegese passa il turno e approda agli ottavi, dove però esce per mano di Del Potro.

Casper Ruud
Casper Ruud – Photo Credit: Erik Johansen / NTB

Dieci giorni dopo a Parigi continua a giocare un bel tennis e contro Gulbis e Berrettini non concede neanche un set, arrivando al terzo turno dove però si ferma di fronte a Federer. Dopo la brevissima parentesi erbaiola del primo turno di Wimbledon, ritorna sulla terra, ma non riesce a mettere in bacheca il suo primo titolo ATP. Manca quello per fare il salto di qualità e Casper ha tutte le carte in regola per centrare il traguardo. Ha diversi margini di miglioramento e buone basi da cui partire. Non è forte di rovescio come il padre, lui predilige il gioco in dritto, ma come lui è solido difensivamente. Non arriva di certo da favorito alle finali, ma sarà un osso duro per gli avversari.

Ugo Humbert

Il 2019 è stato l’anno in cui il francese ha definitivamente uscito la testa dal guscio e ha deciso di misurarsi coi più grandi con più continuità e meno Challenger. Di questi però ne vince tre quest’anno, ultimo quello a Brest l’altro ieri, in vista del Master di Parigi. A inizio anno arriva agli ottavi di Auckland e fino in semifinale a Marsiglia. A Indian Wells riesce a superare le qualificazioni, ma viene eliminato al primo turno da Maximilian Marterer. Stessa sorte gli tocca anche al Master di Miami. Sulla terra ottiene risultati modesti e una sconfitta al primi turno del Roland Garros. Ma il risultato migliore per il francese arriva qualche settimana dopo, quando sull’erba di Wimbledon sale alla ribalta mondiale.

Al primo turno elimina il connazionale Gael Monfils, al secondo turno Granollers-Pujol e al terzo turno Auger-Aliassime. Diventa così il 42esimo giocatore della storia a raggiungere gli ottavi di finale di Wimbledon al debutto. Qui incontra quello che sarà il campione di Londra, Novak Djokovic che infatti lo liquida facilmente in tre set. Dopo l’impresa ai Championship entra per la prima volta in Top 50. Due settimane dopo, sul manto erboso di Newport si spinge fino alle semifinali, dove viene battuto da un altro che di prime di servizio ne sa qualcosa, John Isner. Sul cemento si ferma agli ottavi sia ad Atlanta che a Winston Salem, mentre a Flushing Meadows non dura più di un turno uscendo un po’ a sorpresa contro Copil.

Ugo Humbert
Ugo Humbert – Photo Credit: Matthew Stockman

Dopo la vittoria del Challenger a Istanbul passa un mesetto di magra, fino ad arrivare a un altro buon risultato. Ad Anversa riesce a battere l’idolo di casa, David Goffin, batte Pella ai quarti e arriva in semifinale. Qui incontra e perde contro un Andy Murray che in finale commuoverà tutti, andando a vincere di nuovo un titolo ATP dopo due anni di calvario. Secondo mancino del torneo insieme a Shapovalov, Humbert dispone di un buon servizio (74% di punti vincenti sulla prima di servizio) sfruttando i suoi 188 cm di altezza. Non disdegna il gioco a rete, fondamentale con cui si destreggia abbastanza bene. Alle finali dell’anno scorso era stato designato come riserva e quest’anno è pronto a fare il suo debutto tra i migliori U-21 del mondo.

Miomir Kecmanović

Il ventenne serbo è la rappresentazione del fatto che un soffio di vento può farti passare dal cadere in un baratro al rialzarti e volare. È quello che è successo a Kecmanovic nel mese di marzo di quest’anno. Dopo un buon inizio ai tornei australiani (ottavi a Brisbane e primo turno a Melbourne) e una serie di fallimenti ai Challenger statunitensi, tocca uno dei punti più bassi della sua carriera. Contro Giron perde il secondo turno di qualificazioni a Indian Wells e un’ombra nera si abbatte su di lui. Addirittura pensa al ritiro, ma tiene duro e si dice di non mollare. Ecco che arriva il soffio di vento: Kevin Anderson dà forfait e il serbo, che è alto tra i lucky loser, viene inserito nel tabellone principale.

Miomir sa che quando ti viene data una seconda chance è meglio non sprecarla e dare tutto per sfruttarla. Approfittando di un altro ritiro, questa volta di Nishioka agli ottavi, Kecmanovic approda ai quarti di finale. Qui incontra Milos Raonic che però lo sconfigge come già a Brisbane. Il giovane di Belgrado non può dirsi che soddisfatto e poco dopo arriva anche la wild card per il Master di Miami, dove viene eliminato al secondo turno da Tiafoe. Una parentesi terraiola non particolarmente entusiasmante lo porta sull’erba di Stoccarda, di Halle e soprattutto dell’ATP di Antalya.

Miomir Kecmanović
Miomir Kecmanović – Photo Credit: Getty Images

Qui sfiora il primo titolo in carriera perdendo in finale contro il “nostro” Sonego, mentre a Wimbledon esce al secondo turno in seguito a un infortunio. Sul cemento americano ottiene ottimi risultati, raggiungendo i quarti ad Atlanta e gli ottavi a Washington, Cincinnati (dove batte anche Sascha Zverev) e Winston Salem, prima di uscire al secondo turno di New York. Da lì pochi risultati, fino ad arrivare a Milano, dove spera di poter fare esprimere al meglio il suo tennis, fatto di un buon dritto, resistenza e potenza. Anche per lui molte volte paga l’inesperienza, ma può migliorare magari prendendo spunto dai consigli del connazionale Nole.

Mikael Ymer

Svedese di origini etiopi, Mikael è riuscito a riportare il tennis svedese in top 100 dopo 7 anni, quando Soderling (l’ultimo vero buon giocatore scandinavo) ha cominciato a dare segni di cedimento. Dopo la vittoria a Orleans del suo terzo torneo Challenger annuale ha fatto un balzo di 22 posizioni, passando dalla 105esima posizione alla 83esima. E pensare che ha iniziato la sua stagione proprio così, vincendo un Challenger. Il primo a Noumea già il 6 gennaio. Poi la qualificazione al Master 1000 di Miami (dove esce al primo turno) prima delle due finali Challenger a Murcia (dove perde con Carballes Baena) e a Bordeaux (dove viene eliminato per mano di Pouille).

A Parigi debutta al suo primo Major e lo fa in grande stile passando le qualificazioni e il primo turno del Major contro Rola. Al secondo turno si arrende a uno Zverev ancora troppo distante. Sull’erba non ottiene grandi risultati e nemmeno la qualificazione a Wimbledon, così decide di tornare sulla terra rossa. A Tampere centra nuovamente la finale, questa volta non facendosela sfuggire. Non riesce ad accedere al tabellone principale degli US Open e un mese dopo arriva il sopracitato Challenger di Orleans. Si ripete subito dopo a Mouilleron-Le-Captif, ma a Stoccolma esce a sorpresa davanti il suo pubblico.

Mikael Ymer
Mikael Ymer – Photo Credit: Getty Images

Infine non riesce a centrare la qualificazione a Parigi Bercy uscendo per mano del coetaneo Casper Ruud. Buon atletismo, rapidità di piedi, un rovescio interessante e un buon servizio. Mike non è ancora un giocatore fatto e manca qualche banco di prova di alto livello, ma i presupposti per fare bene in futuro ci sono tutti. La tenuta mentale c’è, quella fisica un po’ meno (nel 2016 è stato fuori 10 mesi per un problema all’anca). Approfittando del forfait di Auger-Aliassime e della decisione di Tsitsipas di giocare le altre Finals, quelle di Londra, a Milano anche farà il suo debutto alle Next Generation ATP Finals.