James Gunn ha definito The Flash “incredibilmente bello” mentre Micheal Shannon un film in cui “qualcuno gioca con delle action figure” criticando direttamente il film. La critica internazionale si è divisa quasi a metà con alcuni che lo hanno addirittura definito “tra i migliori film di supereroi mai fatti”. Insomma, dopo una lunga e travagliata gestazione produttiva (il film doveva originariamente uscire nel 2018), arriva nelle sale The Flash, nuovo capitolo del DC Extended Universe con Ezra Miller, Micheal Keaton e Sasha Calle sotto la direzione dell’Andy Muschietti dei due IT moderni. Non è di certo il miglior cinecomics di sempre, ma possiamo considerarlo il miglior prodotto del DCEU. Ma non tanto per suoi meriti, quanto per i demeriti di un universo esteso nato male e continuato peggio. The Flash è il canto del cigno dello Snyderverse e il punto di inizio della gestione Gunn. Tutto sommato un film godibile e che fa egregiamente il suo lavoro da grande blockbuster, al netto di criticità abbastanza evidenti.
The Flash: i due Barry Allen
Barry Allen divide il suo tempo tra il lavoro di chimico forense e quello di supereroe. In contatto con il padre in prigione, Barry indaga per scagionarlo dalle accuse dell’assassinio della madre. Quando si renderà conto che neanche l’aiuto di Bruce Wayne potrà salvare il padre dalla condanna, deluso e affranto, Barry inizierà a correre per sfuggire ai fantasmi del suo passato e ai dolori del presente, senza rendersi conto di aver superato la velocità della luce. In quell’istante, viaggia nel tempo e diventa consapevole che, grazie alla sua velocità, può cambiare il passato. Nonostante gli avvertimenti dello stesso Batman, Flash decide che l’unico modo per salvare entrambi i suoi genitori è quello di prevenire l’assassinio della madre. Barry riesce nel suo intento, senza però rendersi conto di aver totalmente cambiato il futuro. Si ritrova quindi in una dimensione in cui non ha poteri, in cui Superman non è mai arrivato sulla terra e Bruce Wayne è ormai avanti con l’età. Come se non bastasse, incontra la sua versione diciottenne senza poteri, cosa che ogni film sui viaggi nel tempo ci ha proibito di fare, se mai ne avremo l’occasione. Quindi, con l’aiuto del Barry alternativo, del Batman di Micheal Keaton e di una Supergirl liberata dai brutti e cattivi (e non ben precisati) russi, Barry dovrà far fronte all’arrivo di Zod sulla terra e tentare di tornare a casa.
È possibile vivere in una realtà alternativa in cui Eric Stoltz è Marty di Ritorno al Futuro, Michael J. Fox è Ren di Footloose e Kevin Bacon Maverick di Top Gun? Citazioni ad Eric Stoltz a parte (ricordiamo che girò per settimane Ritorno al Futuro finché Zemeckis non si rese conto che non era adatto) è quello che ci siamo chiesti guardando questo The Flash. L’operazione venduta come mastodontica a cui abbiamo assistito, non scavalca la concezione di cinecomics classico. Non è un film rivoluzionario né il prossimo grande evento dei cine fumetti statunitensi . È, però, assolutamente un film che sa di cosa parla e lo mette in scena altrettanto bene. Andy Muschietti, dopo i due IT, si sposta su di una pellicola di tutt’altro respiro, mentendo una regia classica e ancorata a elementi chiari del DCEU come gli slow-motion e i grandi campi lunghi con i supereroi che se le danno. Alcuni problemi sorgono, però, in fase di scrittura e, soprattutto in post-produzione. Se la prima metà del film ci ha conquistati con la sua freschezza, l’ironia mai banale e mai scadente e la sua velocità nella narrazione, non si può dire lo stesso della seconda. Rallenta il ritmo vertiginosamente nella parte centrale (tutta la sezione a Central City, nella bat caverna e alla prigione russa, per intenderci) per poi esplodere nel terzo atto con un vortice di eventi consequenziali in cui ci si perde totalmente. Tra Zod, Supergirl, l’esercito, i Barry e i viaggi nel tempo il film diventa un marasma di, come definito da noi in proiezione, “puro casino”. I paradossi temporali si sprecano (Ritorno al futuro fa ancora scuola) e i personaggi perdono lo spessore che avevano acquisito. Ed è per questo che The Flash acquisisce il suo maggior spessore quando narra l’intimità di Barry Allen e si limita al racconto delle duplici origini del personaggio. Perché di questo, alla fine, si tratta: è la terza apparizione di Flash al cinema, ma è anche la prima volta che ci viene mostrato come è nato l’eroe. Il compito non era semplice ed è stato svolto davvero bene. Peccato solamente per tutta la seconda parte, quella multiversale, che fa scendere i gradi della pellicola, non avendo la stessa forza dirompente della prima.
Vera nota dolente del film sono gli effetti speciali. Ma non tutti, anzi. Ci sono dei momenti davvero fantastici, ovviamente fatti totalmente in VFX, ma che rendono benissimo a schermo. Ad esempio, il momento in cui Barry si ritrova in una dimensione esterna a tutte le altre o le corse nel suo appartamento, in cui la dose di effetti speciali è bilanciata alla perfezione. In altri istanti, invece, lo stupore per questi fantastici FX lascia il posto a momenti totalmente posticci e artefatti. Troppo finti e visibili. Sembrano scene di un videogioco, fatto neanche troppo bene. È il caso del salvataggio dei bambini o dei combattimenti di Supergirl. Un vero peccato. Altra nota stonata del film è il fatto che non ci sia un vero Villain ad ostacolare i nostri Flash. Zod lo abbiamo già conosciuto in Man of Steel ma qui diventa praticamente solo funzionale agli eventi, non ha alcun valore psicologico. Ed è esattamente la critica che Michael Shannon ha mosso al film. Da elogiare, invece, un sorprendente Ezra Miller che, al netto di tutti i suoi problemi giudiziari e non, tira fuori un’interpretazione ottima. È credibile nei panni di entrambi i Barry e non è mai caricato. Così come Michael Keaton che riprende dopo Trentun anni il ruolo storico di Batman. Non è cambiato di una virgola il suo carisma, così come la sua forza a schermo. Non entusiasmante invece la Kara (Supergirl) di Sasha Calle che non regala una performance memorabile, sicuramente non aiutata da un personaggio piuttosto piatto.
Una corsa contro il tempo
The Flash è quindi croce e delizia del cinecomics moderno, sempre esplosivo, con un tono da colossal e da prossimo grande evento cinematografico ma con tanti problemi di scrittura e di effetti speciali che non ci saremmo aspettati, visto il budget. In realtà, il film non si discosta dal dualismo dei due Barry, i due Batman, i due Kryptoniani e i due universi. Il mood scanzonato di Barry Allen pervade tutto il film, soprattutto nella prima metà. E a dominare è la sua parabola psicologica di accettazione del lutto. Il film inizia perché lui non riesce ad accettare la perdita dei genitori e finisce con la sua consapevolezza, dispensata, per altro, in due modi differenti, visti le due versioni di Barry. The Flash è un tentativo da parte di DC di raggiungere la Marvel nella guerra ai multiversi. È una corsa, contro il tempo, per rimettersi in pari dopo anni di disastrosa gestione dell’universo cinematografico. E il tentativo è tutto sommato riuscito, con un film divertente, ricco di citazioni e di cameo (non buttati a caso, tra l’altro). Piccola nota a margine con un leggero spoiler (quindi se non ne volete proprio, fermatevi qua): il cameo sul finale del mai fatto Superman di Nicolas Cage è forse il momento più alto del film. Ed è incredibile come riesca sempre ad essere mono-espressivo, anche se fatto totalmente in CGI, tanto da fare il giro e diventare un grande attore.
Alessandro Libianchi