“The Imitation Game”, storia e riscatto di Alan Turing

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Di Redazione Metropolitan

Benedict Cumberbatch in The Imitation Game (2014) - Ph. credit: IMDB.com
Benedict Cumberbatch in The Imitation Game (2014) – Ph. credit: IMDB.com

The Imitation Game (2014) è la prima produzione hollywoodiana del regista norvegese Morten Tyldum, che proprio per quest’opera riceve la nomination all’Oscar. Compresa la Miglior regia, il film ottiene in totale otto nomination e vince quella per la miglior sceneggiatura non originale. Lo sceneggiatore Graham Moore, infatti, adatta per lo schermo la biografia Alan Turing: The Enigma di Andrew Hodges (1983).

La curiosità è che questo progetto non nasce direttamente a Hollywood. Era una sceneggiatura inserita nella cosiddetta black list, la lista di sceneggiature promettenti ma non ancora prodotte. Stranamente molti dei film premiati con l’Oscar negli ultimi anni sono stati estrapolati da questa lista (es. Il caso Spotlight).

“The Imitation Game” e il computer che vinse la Guerra.

La macchina di Turing, The Imitation Game - Ph. credit: IMDB.com
La macchina di Turing, The Imitation Game – Ph. credit: IMDB.com

Benedict Cumberbatch è dunque Alan Turing, il matematico e crittoanalista che ebbe un ruolo essenziale nella decodifica dei codici nazisti e quindi nella vittoria della Seconda Guerra Mondiale. Il film inizia nel 1951, anno in cui un furto non denunciato in casa di Alan Turing fa crescere dei sospetti all’interno della polizia di Manchester. Un agente in particolare è ossessionato dall’idea che il Professore nasconda segreti importanti e pericolosi, così ottiene un interrogatorio.

Tutti i dati dell’Intelligence Militare sono secretati o meglio inesistenti intorno alla figura di Turing, Questo non fa che accrescere i sospetti ma è lo stesso accademico a raccontare il motivo. La struttura del racconto è dunque quella di flashback a incastri. Il tempo presente è quello di Turing nella sala dell’interrogatorio. Inizia a raccontare gli eventi che lo coinvolgono dal 1939 al 1945, quando entra nel segretissimo progetto di decodifica della macchina tedesca Enigma.

Enigma, l'indecifrabile macchina tedesca - Ph. Credit: IMDB.com
Enigma, l’indecifrabile macchina tedesca – Ph. Credit: IMDB.com

Nel frattempo, soprattutto per approfondire la psicologia molto complessa e introversa del protagonista, si inserisce un terzo livello temporale, il 1928, che racconta l’esperienza collegiale di Turing. Sono scene essenziali per capire la sua alienazione e la scoperta dell’omosessualità, cristallizzata nell’affetto per il compagno di classe Christopher.

I temi in sottotraccia

L’omosessualità, o meglio il suo rifiuto nella società del tempo, è forse il tema principale al di sotto della trama storica. The Imitation Game è infatti senza dubbio un film sull’enorme contribuito dei geni di Bletchley Park nella sconfitta del nazismo. Ma è soprattutto un’opera di pubblica ammenda nei confronti della figura di Alan Turing.

Giovani Christopher e Alan, The Imitation Game - Ph. credit:IMDB.com
Giovani Christopher e Alan, The Imitation Game – Ph. credit:IMDB.com

Poiché solo un anno prima del film, nel 2013, la Regina Elisabetta II ha riabilitato ufficialmente la persona e l’opera del grande matematico per i servizi resi alla Corona e al mondo. La sovrana in quell’occasione ha elargito una vera e propria grazia postuma, in riferimento al reato di omosessualità e atti osceni per cui Turing fu perseguito. Egli, tuttavia, morì suicida nel 1954 dopo un anno di terapia ormonale (castrazione chimica) proprio in seguito alla sua condanna definitiva.

Era il suo più grande segreto, ancor più grande del codice Enigma, proprio perché metteva a repentaglio la sua vita e la sua esistenza. E la sceneggiatura di Moore riesce a incastrare questo segreto fra i tanti che hanno permesso alle Forze Alleate di vincere la guerra. The Imitation Game assume così una profondità umana, oltre che storica, molto apprezzabile.

Il ruolo chiave di Keira Knightley

Keira Knightley in The Imitation Game - Ph. credit: IMDB.com
Keira Knightley in The Imitation Game – Ph. credit: IMDB.com

Uno degli aspetti migliori del film è sicuramente il ruolo di Keira Knightley (nominata all’Oscar come miglio attrice non protagonista). La sua Joan Clarke è la chiave attraverso cui il mondo diventa più leggibile e comprensibile agli occhi di Turing. Come ogni mente geniale, infatti, il matematico è totalmente alienato, è altrove rispetto alla gente comune. Incapace di stabilire una connessione, semplicemente vi rinuncia a prescindere.

Joan con la sua forte empatia riconnette Turing al mondo intorno a sé. Con lei accanto Turing è capace di stabilire una contatto anche con il resto della squadra di Bletchley Park e arrivare finalmente ai primi risultati. Non va dimenticato poi che la figura di Joan rispecchia totalmente quella di Turing da un punto di vista sociale. Entrambi sono reietti, uno perché gay, l’altra perché è donna.

Benedict Cumberbatch e Keira Knightley, The Imitation Game - Ph. credit: IMDB.com
Benedict Cumberbatch e Keira Knightley, The Imitation Game – Ph. credit: IMDB.com

Insieme rielaborano le convenzioni, piegando le aspettative sociali al loro bisogno di libertà, lavorativa e personale, almeno in un primo momento del film. Joan è una figura pioneristica, l’unica persona che riesce a battere Turing nella risoluzione di enigmi, l’unica donna in un lavoro da uomini. È sensibile quanto basta per capire l’animo complesso di Turing, ma questo non piega le sue esigenze. È determinata, lungimirante e perfettamente capace di remare contro le aspettative del contesto sociale, pur di realizzare i suoi progetti.

Una regia al servizio della storia

The Imitation Game è quindi un lavoro meticoloso di ricostruzione e racconto storico ma proprio per questo non esagera nello stile. La regia è al totale servizio del racconto e dei personaggi, prosegue lineare, senza portare su di sé l’attenzione. In particolare lascia molto spazio al maestoso Benedict Cumberbatch, che in questo film si mantiene straordinariamente alienato fino alla grande scena finale, stracolma di dolore.

Articolo di Valeria Verbaro

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