La domanda con cui avevamo chiuso la recensione del quarto episodio di The Mandalorian sembra aver ricevuto una risposta con questo quinto episodio. La struttura classica della serie è solo apparentemente salda e il compito di puntata, la side-quest, si intreccia efficacemente con quello che sembra essere il topos dominante della stagione. Molti nodi vengono al pettine e molti altri vengono creati, in un episodio che finalmente da colore al quadro di una stagione fino ad ora in chiaroscuro. Le sottotrame che erano state imbastite in precedenza si allineano e stanno per travolgere Grogu e il Mandaloriano.
The Mandalorian stagione 3: Navarro
L’episodio si apre su Navarro, ormai non più bettola dell’orlo esterno ma pianeta rispettabile che sta cercando di diventare un luogo accogliente. La serie torna di continuo in questo posto. Si è aperta qui e continua ad essere centrale per la narrazione. Come se fosse un grande magnete che attrae tutti gli intrecci di trama a sé. Come è stato ai tempi per Tatooine o Jakku. Sotto la guida dell’alto consigliere Greef Karga il posto sembra splendere di luce propria. Se non fosse per la sua posizione e il suo svantaggio nel non essere parte dello statuto della Nuova Repubblica. Proprio per questo motivo, il pirata spaziale Gorian Shand, gridando vendetta, assalta Navarro per farne una propria base. Greef Karga lancia l’aiuto verso un suo vecchio conoscente della resistenza e ora membro della Repubblica che fa di tutto per aiutarlo, trovando però un muro e accusando il nuovo governo di usare dei metodi, in fondo, ancora imperiali. Il capitano Teva, tramite R5, riesce a rintracciare il gruppo di mandaloriani e chiede disperatamente il loro aiuto. In virtù dell’amicizia che lega Din Djarin e Karga, il mandaloriano chiede l’aiuto al consiglio, che accetta anche per un tornaconto personale del credo. Karga, infatti aveva promesso della terra al nostro protagonista, che ora può diventare la nuova casa dei mandaloriani.
Dopo una lunga sequenza d’azione dove Navarro viene finalmente liberata, il finale di puntata ci fa capire esattamente qual è l’obbiettivo narrativo di questa terza stagione. L’Armaiola convoca Bo-Katan e le intima di togliersi l’elmo. Lo fa perché vuole che lei, unica figlia dei due mondi mandaloriani (quello del credo e quello dei rinnegati) parta per la galassia alla ricerca dei clan dispersi, per potersi riunire e far tornare a splendere Mandalore. In quello che è il contro-finale di puntata, invece, vi è un importante rivelazione: Tava rintraccia un trasporto prigionieri dove, presumibilmente, viaggia Moff Gideon. La nave è stata assaltata e ora rimangono soltanto resti e corpi. Ma la cosa più inquietante è un’altra: incastrato tra i detriti, la sonda rileva una scaglia di Beskar. Cosa c’entrano i mandaloriani con la fuga di Gideon?
Un quadro tardivo
Finalmente, dopo un inizio di stagione veramente incerto, viene alla luce quelli che sono gli elementi di trama importanti e che vogliono essere raccontati. Mandalore che viene ricostruita, Gideon che è stato liberato e Bo Katan figlia del credo e dei rinnegati con un compito fondamentale. Anche il quadro e l’intento dei precedenti episodi risulta più chiaro: il primo ha posto le basi per l’invasione dei pirati. Il secondo ha reso Bo-Katan centrale, essendo anche unica testimone dell’esistenza del Mitosauro. Il terzo ha posto ci ha permesso di capire che l’ideologia Imperiale non è mai morta ma che anzi, agisce all’interno e alle spalle della Nuova Repubblica. È tutto più centrato grazie a questo quinto episodio. Risulta comunque problematico il fatto che si sia arrivati ad una summa solamente ora, quando mancano tre episodi alla fine della stagione.
Questo episodio risulta il punto di partenza dello storytelling e non dovrebbe essere così. Sia ben oltre metà stagione e riassumere tutto in tre puntata rischia di essere fin troppo sbrigativo, anche per The Mandalorian. La coesione narrativa è sicuramente ritrovata ed è chiaro come la tendenza, in parte, sia quella di allontanarsi da Din e Grogu e di concentrarsi su questione più politiche alla Andor. E questo non è assolutamente un male, anzi. La problematica però è ormai sempre la stessa: lo storytelling si è andato a perdere e sembra che lo smalto delle prime due stagioni sia stato grattato via. È sicuramente necessaria una nuova linfa narrativa e un nuovo modo di narrare. Questo quinto episodio è comunque il secondo migliore episodio di questa terza stagione e finalmente, forse troppo tardi, sappiamo dove The Mandalorian sta andando a parare.
Alessandro Libianchi
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