Con i 6 episodi della quarta stagione di The Umbrella Academy si conclude un viaggio iniziato nel Febbraio del 2019. La folle, disfunzionale e amata famiglia Hargreeves saluta i suoi fan con un’ultima avventura. Tra le critiche e gli apprezzamenti, ecco cosa ha funzionato e cosa ha lasciato delle perplessità in quest’ultima stagione di TUA.
The Umbrella Academy 4: one last time
Tra gli show più guardati di Netflix, la quarta stagione di The Umbrella Academy, rilasciata lo scorso 8 Agosto, marca la fine dello show che adatta l’omonimo fumetto di Gerard Way e Gabriel Bá. Sono passati sei anni e la famiglia si ritrova, in una timeline resettata e senza abilità soprannaturali, a combattere per evitare l’ennesima apocalisse. Ben è in questa stagione, ancora una volta, il collante che tiene insieme i personaggi e la narrazione. L’incidente mortale del fratello, da principio motivo di rottura del rapporto familiare, diventa ciò che, nella catastrofe, lega di nuovo insieme gli Hargreeves.
In questo ultimo viaggio nelle linee temporali, i nostri sette protagonisti incontrano Jennifer dando finalmente un volto ad un’ombra da sempre conosciuta. L’elemento di novità è dato dunque dalle dinamiche che innesca la nuova arrivata. Il suo incontro con Ben cambia le sorti non solo degli Hargreeves ma dell’intera umanità in un processo di rinascita chiamato “catarsi”.
La narrazione: scelta di regia o completo abbandono creativo?
Nonostante le grandi aspettative, quest’ultima serie di episodi non è riuscita a soddisfare i fan, producendo una storia che non è stata capace di rendere giustizia ad un prodotto che sarebbe potuto essere “the next big thing”. Quando l’elemento di novità – la comparsa di Jennifer ed il conseguente progresso di trama – viene disvelato, l’intera narrazione viene immersa in un registro che la schiaccia completamente. Il desiderio di generare nostalgia e continuità narrativa si traduce in una banalità d’intenti e una piattezza che è impossibile da ignorare. Ci troviamo davanti ad una stagione completamente sconnessa in cui ogni cosa è giustificabile perché nessun elemento sembra essere legato all’altro.
Perché l’aspetto di Luther torna quello della prima stagione nonostante il Marigold non abbia mai avuto influenza su esso? Come è giustificata l’esistenza di Claire e gli altri nella rinnovata timeline dopo la spiegazione del grandfather paradox nella terza stagione? Queste sono solo alcune delle domande che mostrano l’incoerenza narrativa dell’intera stagione. Spazzando via, come dimenticati, i progressi nella storyline, gli showrunners trasformano un show ambizioso in una storia ciclica che gira in tondo senza mai arrivare.
Ancora di più i punti lasciati irrisolti. Davanti alle pochissime informazioni sul personaggio di Jennifer e la sua storia, la catarsi si fonda su basi vuote e linee confuse che stordiscono lo spettatore. Il pubblico arriva a non farsi più domande. Questo consuma passivamente il contenuto senza curarsi delle spiegazioni, guardando uno show che abbandona totalmente, dopo circa 2 episodi, l’obiettivo di dinamicità.
La fine della famiglia Hargreeves
Oltre alla mancanza di pathos, ciò che rende questa stagione l’apice di un declino annunciato è la scelta di un finale nobile a discapito di una pienezza di trama. Il pubblico non sente l’adrenalina ma attende una fine che, nella sua tragicità, non riesce a pieno a smuovere gli animi. Senza impatto emotivo, la conclusione diventa come un sacrificio evitabile. Gli Hargreeves divengono, al fine, degli anti-eroi passivi che subiscono l’azione.
Molto della quarta stagione sembra affrettato. Gli elementi di suspense, di rivelazione e di ansia anticipatoria per una fine oppressiva, sono sempre stati fondamentali nell’esperienza di visione di The Umbrella Academy. Questo è ciò che viene a mancare in questo ultimo capitolo. La mancanza di spiegazioni, la velocità con la quale si formano legami e la storia, non permetto la nascita di emozioni necessarie per lo spettatore. Il finale lascia l’amaro in bocca con un progetto che si chiude su stesso in scelte narrative che non riescono a massimizzare le potenzialità lasciate inesplorate.
È nel guardare al sacrificio della famiglia come ad un atto di crescita che si può trovare del buono in questo finale di stagione. Il gruppo di anti-eroi non salva il mondo con gesta straordinarie ma con l’accettazione ed il silenzio. C’è della bellezza nella distruzione. L’utilizzo di “I Think We’re Alone Now” come soundtrack finale riporta poi gli spettatori al primo momento in cui hanno conosciuto i magici protagonisti, danzanti sulle note della cover di Tiffany del 1987. In queste scelte si ritrova la dolcezza che è il collante dell’intero show.
Tra gli anti-eroi dimenticati e l’amore familiare
L’unicità dei personaggi e delle dinamiche familiari è da sempre il cuore di The Umbrella Academy. In quest’ultima stagione, i personaggi sono l’unica cosa ancora capace di appassionare gli spettatori. Victor, nel mezzo del caos, è protagonista di una catarsi personale. Questi episodi servono, al personaggio più coerente e meglio sviluppato dell’intera serie, per venire a patti con i propri traumi. Victor riesce a riconciliarsi con un Reginald che, se non fa parte dell’originale timeline, è comunque la personificazione del conflitto paterno. Un altro personaggio che non tradisce se stesso è Allison. Determinata, con i suoi difetti ed un grande cuore, Allison crea insieme a Klaus e la figlia Claire un angolo di comprensione in mezzo alla tragedia.
Proprio il personaggio di Klaus, però, viene completamente abbandonato e trasformato in comic relief. Questo viene umiliato, rapito, sepolto vivo e dimenticato senza che ciò abbia concreto effetto sulla storyline della stagione. La sua tossicodipendenza, la sua volontà di migliorare e la sua paura del mondo vengono lasciate sullo sfondo perdendo l’opportunità di sensibilizzare un pubblico su temi di grande importanza e dare spazio ad una figura che nella sua fragilità trova una forza ammirabile.
I fan hanno iniziato a trendare l’hashtag #NOTMYFIVE sin dal giorno del rilascio. Il cambiamento irreversibile che attraversa il protagonista più amato della serie non può passare inosservato. È totalmente atipico per un personaggio come Five Hargreeves, che il pubblico ha visto fare sacrifici e sopravvivere in solitudine per 45 anni nella speranza di rivedere i propri fratelli, decidere di abbandonare la propria famiglia. Ancora più assurda è la sua relazione con Lila, un’altra vittima di questo gioco. Dopo una vita passata a sentirsi fuori posto, desiderando una famiglia ma sentendo di non meritarsela, Lila cresce, nelle stagioni, trovando l’amore e se stessa. La sua unione con Five, non solo sembra insensata se si pensa al trascorso del duo, ma va contro i principi fondamentali di due personaggi che hanno sempre avuto a cuore il bene della famiglia più di ogni altra cosa.
Francesca Cramerotti
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