Totò, un racconto dedicato al grande principe della risata

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Di Stefano Delle Cave

Benvenuti nell’universo narrativo di StoryLine. Il 15 aprile 1967 se ne andava Antonio de Curtis noto semplicemente come Totò. Per questo abbiamo deciso di dedicare il nostro racconto di oggi al grande principe della risata. Lo abbiamo fatto ispirandoci ad alcune sue bellissime poesie tratte dal suo famoso libro “’A Livella”. Lo abbiamo fatto unendole in una sola storia

Erano davanti a lui come ombre così nitidamente distinte eppure stentava a crederci che fossero proprio il marchese de Bittis e don Gennaro Esposito. Stavano litigando per questioni di vicinanza di tombe perchè il nobile marchese non voleva essere sepolto vicino ad un povero netturbino. Totò Riccio osservava l’accaduto spaventato e divertito da un fatto mai visto prima. D’altronde nonostante i vent’anni di onorato servizio come beccamorto era la prima volta che era prigioniero di notte in un cimitero. Era l’incredibile chiusura di una giornata faticosa che sarebbe dovuta finire con un saluto alla tomba dell’amata zia Vincenza ed un bel pezzo di torrone al cioccolato. Un’ultima curiosa sepoltura da svolgere aveva però ritardato tutto.

Totò e la tomba di don Gennaro Esposito

Abbiamo dedicato questa puntata di StoryLine a Totò
La moglie del defunto non chiese nulla, immagine realizzata dal pittore Sergio Totaro

Tutto era cominciato la mattina precedente quando Totò dovette recarsi a prelevare la salma di un vecchio netturbino in un basso dei Quartieri Spagnoli. “Schiattamorti si nasce e io modestamente lo nacqui”, si presentò sfoderando tutte le sue referenze di vent’anni di stimata professione. Promise come sempre ogni tipo di trattamento estetico del defunto e e di sepoltura garantendo che si sarebbe preso cura del fu don Gennaro come un bambino. Curiosamente la moglie del defunto non chiese nulla. Nessuna pettinatura, barba o trucco che facesse apparire il vecchio defunto marito il bel giovane del tempo ma una sola condizione. Don Gennaro doveva essere sepolto tra le tombe dei ricchi perchè almeno da morto doveva fare il signore.

Totò aveva conosciuto don Gennaro che era un po’ il saggio consigliere del quartiere. Un uomo tutto d’un pezzo che aveva fatto la guerra e, dicevano tutti, aveva cacciato a sberle quattro tedeschi da solo dal suo vicolo durante le Quattro Giornate. In particolare Totò ricordava un giorno di maggio dove lo aveva incontrato in un campo di rottami. Andava spesso in quel posto a rifugiarsi lontano dal suo lavoro immaginando di guidare alcune di quelle vecchie auto che erano state gettate li. “Vengo qui a studiare la morte “, gli aveva detto don Gennaro una volta accortosi di lui, “quella vera non le pagliacciate che metti in scena con trucchi e addobbi. Di questa vecchie auto una volta liquefatte se ne faranno martelli e ferri da stiro ma di un uomo quando muore non si può fare nemmeno una caffettiera perchè torna polvere. Noi facciamo mausolei illudendoci di essere passare come signori ma a che serve? “

La morte è ignorante

Abbiamo dedicato questa puntata di StoryLine a Totò
L’inumazione sarebbe avvenuta a tarda sera, immagine realizzata dal pittore Sergio Totaro

Del resto anche Totò aveva imparato nel suo lungo servizio da beccamorto che la morte è ignorante. Non guarda se sei straccione o signore ti prende e basta senza guardare in faccia a nessuno. Don Gennaro però gli aveva fatto vedere le cose aldilà di quel velo di ipocrisia con cui metteva su ogni volta il suo teatrino da beccamorto. Uno spettacolo unico di cui si riteneva l’unico autore e protagonista . Qualcosa che illudeva la gente che la morte fosse una festa normale dove ci si incontrasse.

Quella mattina Totò si era ricordato di quell’incontro doveaveva visto per un attimo la verità dietro il sipario. Ciò nonostante aveva fatto la sua solita sceneggiata per esorcizzare ancora una volta la morte. Eppure si era trovato a fare i conti con una singolare richiesta. Non poteva rifiutarsi di realizzare l’ultimo desiderio di una moglie per il marito morto. Per questo stabilì che l’inumazione sarebbe avvenuta a tarda sera perchè nessuno si accorgesse di quell’insolita tomba di un netturbino accanto ad un signore .

Don Gennaro e il Marchese

Totò stabilì che lo spazio adatto come nuova ricca dimora di don Gennaro era fianco della tomba del marchese Gaspare de Bittis. Era un nobile scomparso da 30 anni con in vita parenti lontani che sarebbero venuti una volta l’anno. Il problema era che don Gennaro era morto in un giorno affollato come il 2 novembre per questo si era stabilito che si arrivasse al cimitero non prima delle 23. Sarebbe stata presente solo la moglie per evitare schiamazzi. Una volta finito aveva pensato di andare subito da sua zia Vincenza a renderle omaggio. Poi però si era ritrovato ad osservare un ultima volta la tomba di un povero netturbino insieme a quelle dei nobili.

Era finito perciò suo malgrado in una disputa tra defunti che lui stesso aveva contribuito a causare. Voleva raccontare al Marchese e don Gennaro la verità ma poi preso dalla paura restò ad assistere senza dire nulla. Poi comprese dalle parole di don Gennaro che non ce ne era bisogno. Poteva essere morto fisicamente ma lo spirito era sempre quello di un profondo conoscitore della vita. “Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive”, aveva detto infatti al marchese, “nuje simmo serie, appartenimmo à morte!”. Totò in quell’istante notò che i due erano scomparsi forse perchè il marchese aveva compreso l’inutilità delle sue pretese. Forse era stata semplicemente immaginazione o forse aveva finalmente compreso quello che voleva dire don Gennaro quel giorno a campo. La morte è una livella che ci fa comprendere di essere tutti uguali contrariamente all’ipocrisia umana che vede tutti diversi.

Stefano Delle Cave