Umberto Saba, il poeta onesto

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Di Redazione Metropolitan

Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, nacque a Trieste da una famiglia ebraica nel 1883. Ebbe un’infanzia sofferta e travagliata, ma allietata dalla presenza della nutrice cattolica Gioseffa Gabrovich Schobar, conosciuta anche come “Peppa Sabaz”. Molto probabilmente è da lei che il poeta trasse il proprio pseudonimo. Le si affezionò al punto da definirla «madre di gioia». Saba sin dalla giovinezza considerò la poesia come una forma di riscatto per i traumi subiti, quali l’abbandono del padre o il difficile rapporto con la madre. La sua vita venne inoltre fortemente scossa dai due conflitti mondiali e dall’antisemitismo.

Una poesia onesta

Umberto Saba definisce i suoi versi come «poesia onesta», in quanto ispirata dagli aspetti più umili e semplici della vita. In seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale venne chiamato alle armi. Lì ebbe modo di leggere e approfondire autori come Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud. La psicoanalisi lo colpì particolarmente, poiché per lui la poesia era uno strumento per indagare la verità interiore. Nei suoi scritti cerca di approfondire la conoscenza del sé, con la speranza di poter curare il proprio malessere. Le sue liriche si focalizzano su quelli che sono gli elementi base della quotidianità di un essere umano, come il cibo o gli animali domestici. Questi ultimi erano tendenzialmente trascurati nella storia della letteratura. L’autore si sofferma molto anche a parlare di Trieste, sua città natale, e si sofferma ad elogiarne i caratteri e l’aspetto.

Tra tutti i temi ve n’è uno che spicca in particolar modo: l’amore per sua moglie Lina. Si tratta di un elemento innovativo, poiché di rado i poeti sceglievano di dedicare i loro versi alle loro consorti. Saba considerò A mia moglie il suo più bel componimento, ma questa non sembrò apprezzarlo in seguito ad una prima lettura.

Mi aspettavo un ringraziamento ed un elogio; con mia grande meraviglia, non ricevetti né una cosa né l’altra. Era invece rimasta male, molto male; mancò poco litigasse con me. Ma è anche vero che poca fatica durai a persuaderla che nessuna offesa ne veniva alla sua persona, che era «la mia più bella poesia», e che la dovevo a lei.

Umberto Saba

Ludovica Nolfi

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