“Un sacco bello”, appuntamento al ‘palo della morte’ con Verdone stasera in tv

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Di Federica De Candia

“T’avevo telefonato per sapè come t’eri messo per Ferragosto“. Enzo (no Renzo), nonostante la macchina accessoriata, le penne a biro e le calze di nylon già in valigia, rimane senza compagno di viaggio, sino alla telefonata con l’amico di Martucci. Si incontrano a piazzale dei Partigiani, e con lui riprenderà la tabella di marcia per passare il 15 di agosto nella città polacca di Cracovia. “..Cioè, siccome me s’è creata una situazione strana, nel senso che me s’è liberato un posto in machina… per un viaggio che m’ero organizzato in Polonia, ‘na cosa favolosa, guarda!”. Da allora qualunque appuntamento prenderemo per Ferragosto, qualsiasi meta vacanziera toccheranno le nostre membra, in mente avremo lui, attaccato al telefono, in piena calura, con decine di conoscenti. “Tabbella de Marcia: Roma, Var de Chiana, Borzano, Cracovia“, stasera in tv si scaldano ancora cilindri e motori della spider in “Un sacco bello“.

“A mezzogiorno al Palo della Morte”. Un traliccio dell’alta tensione che oggi non esiste più, ma il bello, un sacco, è che centinaia di persone si danno ancora oggi l’appuntamento ‘ferragostano’, a mezzogiorno in punto, in via Giovanni Conti, all’angolo con via delle Vigne Nuove, in zona Tufello, per celebrare la pietra miliare della romanità. Come fu quel giorno, quando tutta cromata arriva l’auto, la Fiat Dino con i pulsanti truccati di Enzo: Voi la musica? Music! Voi beve? Drink! Voi fuma’? Smoke! Te la voi sbraga’? Fuck!”. Era il 1980 quando Carlo Verdone esordì al cinema con “Un sacco bello“, e stasera in tv torna la parafrasi, e la beffa, dei personaggi di quegli anni, tutti interpretati da lui: astuto, incallito scrutatore di stada!

Un sacco Verdone

C’è il bullo coatto (Enzo) che veste come Elvis e in mente ha solo il sesso; un mammone, tonto e ingenuotto (Leo Nuvolone), che doveva raggiungere Ladispoli ma incontra la turista spagnola bella e disinibita; l’hippy (Ruggero) ‘figlio dell’amore eterno’, con i suoi ‘Love, Love, Love,’ misticamente rapito da visioni e sette di moda ai tempi. E poi don Alfio da Crotone, pane vino e parabole. Diverso dalla tonaca di “Acqua e sapone“, il finto padre Spinetti e le sue locuzioni: “con questo Cristo Che si immola“. Alfio, invece, sotto un rovo di spine parlava a otto anni con se stesso.

Tutti, in una Roma assolata e deserta, senza mai incontrarsi tra loro, devono raggiungere il luogo vacanziero prescelto. “Nun vojo manco sapè n’annate a dormì…me vengono li brividi!”. Mario Brega, stasera in tv in “Un sacco bello“, recita al naturale, ed è impagabile nel ruolo del padre di Ruggero. Violentemente umano, comunista con due pugni alzati, con il grande monologo della “Spada de foco“, o quando costretto a suggerire la parabola scordata dal prete: “..E mi vado a lavare le mani come Pilato davanti a…” -“…A nostro signore, santa Madonna, manco le basi der mestiere te ricordi… ma che cazzo, Arfiooooo”.

‘In che senzo?’

Ma ‘n padre pò avè un fijio così, senza ‘na casa, senza ‘na famijia, co ‘e pezze ar culo, ai semafori a chiede l’elemosina?!.” Era in via Petroselli, mentre Ruggero chiede l’elemosina, e Brega, suo padre, lo riaccompagna di notte a casa. Mentre Enzo intrattiene i barellieri con i suoi aneddoti davanti l’ospedale San Gallicano. Racconti sangunolenti, da rabbrividire, enfatizzati all’occorrenza per quel pubblico infermieristico.

Finalmente, dopo aver rifiutato decine di sceneggiature, arrivò la telefonata da Sergio Leone. Verdone era suo grande ammiratore, amante del Western all’Italiana; e da suo mentore, divenne produttore di questo suo primo film. Avente per soggetto il repertorio cabarettista televisivo, tratto da “No stop“, la trasmissione di Enzo Trapani. “I personaggi sono suoi fino al midollo“, disse il celebre regista ‘inchinandosi’ alla bravura del comico romano, e di Mario Brega che entrò a casa di Leone reggendo una grande cassa di frutta e verdura presa ai Mercati Generali. Fu così che si diede inizio alle riprese, nell’estate del 1979, “in cinque settimane e due giorni”. Nulla di più. Il resto è storia. Ennio Morricone ha composto la colonna sonora, con il mitico fischio di Alessandro Alessandroni, l’eco dei western, lui che iniziò ne “I 4 + 4 di Nora Orlandi“. Una melodia lenta, espressione dell’afa e solitudine della città in agosto. Fu Leone a dire, invece di utilizzare il disco “Train Time dei Cream” i cui diritti costavano troppo, “Famola fà a Ennio che c’aa fà uguale!”. Oggi ricorre anche il compleanno del maestro Morricone. Con lui, è certo, non è mai stata la solita musica.

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