Si apre oggi in Vaticano uno storico processo, che vede per la prima volta imputato un cardinale, per la compravendita-truffa di un immobile al centro di Londra, a Sloane avenue 60, Chelsea, con la colletta dei fedeli gestita dalla Segreteria di Stato.
Dopo lunghi mesi di indagini, punteggiati da dimissioni e polemiche, lo scorso tre luglio il Presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo di Roma e grande esperto di mafie, ha rinviato a giudizio dieci persone. Si tratta del cardinale Angelo Becciu, Sostituto agli affari generali della Segreteria di Stato all’epoca in cui venne deciso l’investimento, il suo ex segretario, monsignor Mauro Carlino, Fabrizio Tirabassi, il laico che gestiva la cassa della Segreteria di Stato, gli ex vertici dell’authority finanziaria per l’antiriciclaggio, René Bruelhart e Tommaso di Ruzza, e poi – esterni al Vaticano – Cecilia Marogna, sedicente agente segreto di fiducia di Becciu, il banchiere Enrico Crasso, che per lunghi anni ha gestito gli investimenti vaticani tramite il Credite Suisse, l’avvocato d’affari Nicola Squillace, il broker Gianluigi Torzi, nel frattempo arrestato dalla Guardia di finanza di Roma e accusato dallo Stato pontificio di tentata estorsione, e Raffaele Mincione, il finanziere attorno al quale ruota l’intera vicenda.
Becciu è accusato di peculato, abuso d’ufficio e subornazione, cioè l’offerta di denaro a un testimone per manipolarne la deposizione. Al centro del processo ci sono le indagini sull’acquisto di un palazzo, ex proprietà dei grandi magazzini Harrods, in Sloane Avenue, a Londra, pagato molto di più del suo effettivo valore. Sono coinvolti altri investimenti sospetti, che secondo l’accusa sarebbero stati effettuati o coperti da Becciu utilizzando soldi provenienti dall’Obolo di San Pietro, e cioè il fondo fatto di piccole e grandi donazioni che i fedeli affidano al Papa (ma in realtà alla Segreteria di Stato vaticana) perché venga redistribuito in opere di carità.
Era stato Papa Francesco il 30 aprile, con un Motu Proprio (una decisione presa di propria iniziativa), a stabilire che anche cardinali e vescovi possano essere processati dal tribunale ordinario, composto da giudici laici, sempre però dopo l’assenso del Papa stesso. Prima venivano giudicati solo da una giuria composta da altri cardinali. L’assenso del Pontefice al processo per Becciu, sul maggiore scandalo finanziario che ha coinvolto il Vaticano negli ultimi anni, era arrivato a metà giugno. La sala stampa vaticana aveva comunicato così la decisione di Papa Francesco:
«Le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo Slovenia, Svizzera), hanno consentito di portare alla luce una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che hanno generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre.
L’iniziativa giudiziaria è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Sua Santità Papa Francesco, nell’opera di trasparenza e risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stata contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale nei termini indicati nella richiesta di citazione a giudizio».