Tutti conosciamo i Beatles e, in particolare, John Lennon. Gli anni dei Fab Four, il successo internazionale, la fortunata carriera solista, l’amore simbiotico con l’artista giapponese Yoko Ono, le lotte pacifiste fino alla tragica morte, l’8 dicembre 1980, per mano del suo fan Mark Chapman. Eppure, tra le ultime note suonate in compagnia di Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr e quel dannato colpo di pistola, c’è un lembo di vita vissuta, meno nota ai più, ma altrettanto meritevole di essere raccontata. È proprio questa l’idea dietro One To One: John & Yoko, documentario di Kevin Macdonald e Sam Rice-Edwards, presentato fuori concorso a Venezia 81.
Cento minuti non sono di sicuro sufficienti per rendere del tutto giustizia a una figura di tale calibro. Il progetto, ambientato a New York nel 1972, esplora tuttavia il microcosmo musicale, personale, artistico, sociale e politico di John e Yoko, focalizzandosi su un determinato periodo. Sullo sfondo, una società americana turbolenta e in fermento. Fulcro dell’opera è One to One, concerto di beneficenza per bambini con bisogni speciali realizzato nel ’72. L’evento è stato l’unico live completo del cantautore, dopo l’ultimo con la band, nel 1966. Attraverso materiale inedito, che va da telefonate private a filmati amatoriali girati dagli stessi protagonisti e clip restaurate e rimasterizzate, viene portato alla luce un lato più intimo e delicato del musicista.
Venezia 81: “One To One: John & Yoko” e il lato intimo di John Lennon
Presenti alla conferenza stampa appena conclusasi, i produttori Peter Worsley e Alice Webb, insieme al regista scozzese Kevin Macdonald, un affezionato del genere. Nel 2012 ha infatti diretto Marley, che parla del musicista giamaicano Bob Marley, e nel 2018 Whitney, tributo alla performer ed attrice Whitney Houston. Trattandosi di John Lennon, un personaggio cardine della storia contemporanea, che ha vissuto intensamente tutte le fasi della sua esistenza, viene spontaneo chiedersi come mai ci si sia soffermati proprio su questo blocco temporale. È lo stesso cineasta ad aver risposto a tale quesito: «Volevo concentrarmi sul periodo in cui è avvenuto il concerto One To One; il film vuole spiegarne la genesi e le ragioni che hanno portato alla sua realizzazione.». Fondamentale per la riuscita del progetto, naturalmente, la famiglia Lennon, che ha messo a disposizione documentazioni audio e visive. Worsley ha dichiarato, a riguardo: «Ho già prodotto altri speciali su John Lennon. Ero, quindi, già in contatto con la sua famiglia. Parlavamo dell’idea di rilasciare nuovamente il concerto, dopo averlo sistemato; visionando quello che avevamo a disposizione, però, mi sono interessato al contesto intorno ad esso. Così, è nato il documentario.».
La scelta dell’anno, dunque, non è casuale, e i motivi si estendono alla sfera privata della coppia. John e Yoko si trasferirono nel 1971 a New York, stabilendosi al Greenwich Village. Un momento di forti novità e scossoni interni per entrambi, che si è in seguito rivelato molto fruttuoso, artisticamente parlando. Esistono decine di documentari sui Beatles e sui componenti del gruppo. Come sostenuto da Alice Webb, però, questo ha qualcosa che lo distingue dalla massa: «Si tratta, in fondo, dell’unico concerto di John Lennon ripreso per intero. Per poter creare qualcosa di diverso, devi necessariamente trovare gli ingredienti giusti. Per me, noi ci siamo riusciti, abbiamo trovato la chiave.».
Un omaggio a John, una carezza per Yoko
Ma cosa si prova, dopo aver passato tanto tempo a scandagliare video, chiamate e materiale vario? Cosa s’impara su quest’uomo che non si conosceva già da prima? Di nuovo, Macdonald:« Mi è sembrato, per certi versi, d’interagire con entrambi. L’intimità dei filmati ti fa capire tanto su di loro, grazie a una quotidianità fino ad ora sconosciuta. Gli spunti sono tanti: la relazione di Yoko con sua figlia Kyoko, quella di John con i suoi anni fanciulleschi. Ecco, osservandoli, ti convinci che debba esserci qualcosa proveniente dall’infanzia, gioie e dolori di bambini portati nell’età adulta.». Ad impensierire la troupe, in ogni caso, è stato il pensiero di confrontarsi con l’occhio vigile dei fans. «Sapevamo che il film sarebbe stato visto da persone ossessionate da Lennon e che avrebbero notato ogni dettaglio», ha affermato il regista, « per questo ci siamo preoccupati di ricostruire tutto nei minimi particolari.».
Guardandolo muoversi nella società degli anni Settanta, ci si potrebbe chiedere come John se la sarebbe cavata ai giorni nostri, e quale sarebbe stato, per lui, “il suo posto nel mondo”. Macdonald non ha dubbi: «In questi cinquant’anni non è cambiato poi molto, ed è deprimente; discriminazioni di razza, la questione climatica etc.. I problemi sono rimasti gli stessi. John, ora come allora, tenterebbe di capire come aiutare il pianeta e i suoi abitanti nel modo più giusto.». E Yoko Ono? L’artista nipponica è stata spesso demonizzata e criticata dai suoi detrattori per il presunto ruolo nello scioglimento dei quattro di Liverpool. Il documentario è, dunque, un’occasione di riscatto per lei. «Non deve essere stato facile sposare un monumento della musica come John. Quando senti solo una campana e conosci una vicenda da una sola prospettiva cominci a chiederti “Siamo sicuri che sia andata proprio così?”. Spero che, guardando il film, lo spettatore possa provare empatia nei suoi confronti, e comprenderla un po’ di più. Dopotutto, per essere convolata a nozze con un uomo del genere, non può che essere una grande artista e una donna strepitosa.».
Federica Checchia
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