Vintage, trend o interesse sostenibile?

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Di Redazione Metropolitan

Che sia un trend di stagione, o un nuovo modo di approcciarsi alla moda, del vintage e del riciclo creativo ne abbiamo sentito ampiamente parlare negli ultimi mesi e continueremo sicuramente a farlo. La sostenibilità è un tema predominante nella nostra società già da diverso tempo ma nell’ultimo anno; la crisi economica causata dalla pandemia ha portato anche le industrie di moda a reinventarsi e ridurre lo spreco di tessuti. Uno dei primi a portare in passerella una collezione di abiti riciclati è stato proprio Balenciaga che, introducendo la collezione all’interno di un gaming; ha provato ad immaginare la moda del futuro. O J.W Anderson, che con i tessuti in eccesso delle precedenti stagioni ha dato vita ad una capsule collection dal gusto vintage e fantasioso. O ancora Miu Miu, che ha girato il mondo, alla ricerca di tessuti che potessero avere una storia da raccontare, da scoprire e indossare nella sua inedita ed esclusiva collezione composta da soli 80 pezzi.

Il vintage come risposta alla globalizzazione

Il vintage però, ancor prima di arrivare in passerella, passa senz’altro dalla cultura hippie degli
anni ’70, anticonformista e irriverente, per poi affermarsi come tendenza a partire dagli anni ’90 in
risposta alla globalizzazione e all’omologazione di massa e con l’intento di ritrovare in vecchi capi,
quell’unicità ormai persa.
Memorabile ad esempio, il red carpet della notte degli Oscar nel 2001, quando Julia Roberts
decise di indossare per la premiazione del film Erin Brockovich un bellissimo abito da sera bianco
e nero di Valentino, precedentemente indossato da Lorella Cuccarini al Festival di Sanremo del
1993.
In Italia, tra i primi e storici negozi vintage, non possiamo non citare A.N.G.E.L.O. Vintage Palace,
considerato uno tra i più influenti e importanti negozi di abbigliamento vintage in Italia e nel
mondo con all’interno un archivio storico consultabile per ricerche ad uso stilistico.

Il vintage però, ancor prima di arrivare in passerella, passa senz’altro dalla cultura hippie degli anni ’70, anticonformista e irriverente, per poi affermarsi come tendenza a partire dagli anni ’90 in risposta alla globalizzazione e all’omologazione di massa e con l’intento di ritrovare in vecchi capi, quell’unicità ormai persa. Memorabile ad esempio, il red carpet della notte degli Oscar nel 2001, quando Julia Roberts decise di indossare per la premiazione del film Erin Brockovich un bellissimo abito da sera bianco e nero di Valentino, precedentemente indossato da Lorella Cuccarini al Festival di Sanremo del 1993. In Italia, tra i primi e storici negozi vintage, non possiamo non citare A.N.G.E.L.O. Vintage Palace, considerato uno tra i più influenti e importanti negozi di abbigliamento vintage in Italia e nel mondo con all’interno un archivio storico consultabile per ricerche ad uso stilistico.

Vintage: non solo second hand

Così come negli anni ’90, anche oggi c’è una certa diffidenza quando si parla di vintage. Associato spesso al concetto di usato o “vecchio”, al momento l’influenza del vintage in Italia, è ampiamente diffusa nelle grandi città come Milano, Roma o Torino che ne hanno fatto una vera e propria cultura.

Vintage - Phographer: Barbara Conti
Vintage – Phographer: Barbara Conti 

Se in alcune città è ancora difficile accettare che un vecchio capo, recuperato dall’armadio della nonna possa valere un sacco di soldi ed essere super cool, per molti giovani il vintage oggi è questo e tanto altro. E’ svegliarsi presto al mattino per recarsi al mercato e cercare tra l’usato vecchie giacche o jeans degli anni ’80 da matchare a capi moderni e street. E’ partecipare a dei veri e propri eventi, punto di ritrovo per appassionati del settore, dove è possibile acquistare, confrontarsi davanti ad un buon calice di vino e delle volte è possibile anche barattare oggetti o vestiti. Ma è anche e soprattutto curiosare nei tanti negozi vintage, dove è possibile trovare camicette, gonne, scarpe, abbigliamento retrò e respirare anche tanta creatività grazie al restyle che rende alcuni capi ancora più unici e particolari! E’ ad esempio, quello che accade all’interno di Vintage Garden; un negozio di Milano ma anche un laboratorio in cui Luisa si dedica con passione a modificare parte dei vestiti in vendita dando spazio a tie-dye, jeans personalizzati, giacche con patch da collezione e tantissimi capi colorati proposti in diversi look sui loro social.

Vintage: trend o interesse sostenibile? - Phographer: Barbara Conti
Vintage: trend o interesse sostenibile? – Phographer: Barbara Conti 

Se siete appassionati di storia e restyle; è sicuramente il posto giusto dove trovare qualcosa di davvero unico da aggiungere al vostro armadio!

Quanto conta davvero la sostenibilità?

Data la rapida ascesa post covid del vintage, è giusto chiedersi se dietro al gusto della ricerca, dell’unicità, ci sia davvero un reale interesse sostenibile. Sicuramente, una parte di consumatori, opta per il vintage in alternativa al fast fashion ma la maggior parte, credo possa nascondere dietro lo slogan della sostenibilità, una voglia di acquistare grandi marchi a basso costo perché “vorrei ma non posso permettermelo”.

Vintage: quanto conta davvero la sostenibilità? - Phographer: Barbara Conti
Vintage: quanto conta davvero la sostenibilità? – Phographer: Barbara Conti 

A prescindere dalle motivazioni, il vintage resta ad oggi una grande risorsa. In primo luogo, in ottica di sostenibilità, rimette in circolo capi che andrebbero smaltiti e generano inquinamento. Inoltre, ha contribuito ad educare non solo la società a sostenere un approccio più green, ma anche a sviluppare un nuovo concetto di possesso. Inoltre, il divertimento della ricerca e del mesh-up, rende un look vintage unico nel suo genere!

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Credit:

  • Model: Elisabetta Zampaloni
  • Phographer: Barbara Conti 
  • Styled by Francesca Miglietta & Nadia Mistri
  • Make-up: Alessia Rozzi 
  • Dress: Vintage Garden Milano 

A cura di Francesca Miglietta