
Il 28 maggio 1980 veniva ucciso a Milano a soli 33 anni il giornalista e inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi. A freddarlo i giovanissimi terroristi della Brigata 28 marzo di Marco Barbone. Oggi a 40 anni da quel drammatico omicidio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio a Tobagi, vittima dell’estremismo di sinistra di quei drammatici anni.
Perchè l’omicidio di Walter Tobagi
“Considerato il suo nuovo ruolo nel Corriere sempre più proiettato in quello di un giornalista destinato ad assumere sempre maggiori incarichi di responsabilità, Tobagi era stato scelto come un obiettivo nei confronti del quale la logica e la prassi della lotta armata imponevano l’annientamento”, affermò Marco Barbone, il capo della Brigata 28 marzo, una settimana dopo il suo arresto. Walter Tobagi era stato scelto da una rosa di giornalisti perché si voleva colpire in quegli anni, spiegò Barbone, “i più intelligenti, che con i loro articoli non avevano l’intento di insultare o aizzare, ma funzionavano come sonda all’interno della sinistra rivoluzionaria”. Tobagi,che aveva cercato di capire, di entrare e di combattere a suo modo i meccanismi del terrorismo di sinistra, era l’obiettivo perfetto. Soprattutto per un gruppo di giovani che cercavano di essere arruolati nelle famigerate Brigate Rosse.
La commemorazione del capo dello Stato Sergio Mattarella
“Walter Tobagi fu ucciso barbaramente perché rappresentava ciò che i brigatisti negavano e volevano cancellare. Era un giornalista libero che indagava la realtà oltre gli stereotipi e pregiudizi, e i terroristi non tolleravano narrazioni diverse da quelle del loro schematismo ideologico”, scrive sul Corriere della Sera il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha voluto rendere omaggio a Tobagi nel giorno dell’anniversario della sua morte. Lo ha fatto sottolineando l’importanza della memoria di questo drammatico evento per la stampa intera e non solo per il Corriere della Sera. Questo perché “la società è cambiata in questi ma la sfida della libertà, dell’autonomia, dell’autorevolezza della professione giornalistica è sempre vitale. Il desiderio di scavare nella realtà per portare alla luce elementi nascosti, oltre a essere buon giornalismo, aiuta anche a trovare semi di speranza. Di questo abbiamo bisogno”.