Santa Lucia di Francesco De Gregori, una preghiera laica ricca di metafore che veicola un messaggio più che mai attuale. L’analisi di quella che, per Lucio Dalla, fu la canzone migliore del cantautore romano.
Santa Lucia, una preghiera per chi si ritrova ai margini dell’esistenza
Il testo qui in analisi è il brano conclusivo dell’album Bufalo Bill che, De Gregori, pubblicò nel 1976. Ricca di metafore, criptica, e pervasa da una religiosità non convenzionale, su Santa Lucia storsero il naso molti critici musicali e molti fan del cantautore. Il motivo principale, per l’appunto, fu la dedica ad una santa. Tuttavia, la sua origine è curiosa; e il messaggio che veicola ha tutt’altro a che vedere con le questioni teologiche. In primis, De Gregori affermò che il testo nacque da una tipica espressione di sua madre:
«Mia madre, che è leggermente miope, quando cercava qualcosa e non riusciva a trovarla, quando la trovava diceva “Santa Lucia, santa Lucia, non l’avevo vista”. La canzone è nata così, questa è una canzone per tutti quelli che non vedono. Non capisco perché debbo vergognarmi di aver usato questa mediazione cattolica…Se le critiche sono rivolte solo al fatto che si nomina una santa, non me ne vergogno… Poi si può dire che faccio delle canzoni commissionate dal Papa, nessuno è al di sopra di ogni sospetto »
A tale tipico intercalare si accosta la tradizione circa la storia della Santa che la vuole patrona della vista, per l’appunto. Nell’iconografia classica è infatti rappresentata reggente un vassoio – con la mano destra – con degli occhi poggiati sullo stesso. Come dichiarato dallo stesso Francesco De Gregori, è una canzone per quelli che non vedono: non vedono le ingiustizie, le brutture della vita, gli emarginati. Per quelli che non sanno vedere e nemmeno vogliono farlo. Esplicativo è un verso del testo dalla potenza semantica e narrativa molto importante:
”Santa Lucia, per tutti quelli che hanno occhi
e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi”
Lo stesso Lucio Dalla ritenne il brano uno dei più intensi di De Gregori, asserendo di invidiare il collega per aver scritto un testo tanto potente.
Santa Lucia: la leggenda trasformata in un’attuale preghiera cantata
La leggenda circa la storia di Santa Lucia ha origine in epoca romana, ai tempi dell’imperatore Diocleziano. Secondo un racconto popolare, pare che la giovane fu decapitata in seguito all’accusa del suo promesso sposo di professare una fede proibita, ovvero, il cristianesimo. Lucia era, infatti, una ragazza siracusana appartenente ad una famiglia abbiente, promessa sposa ad un pagano. Fece voto a Sant’Agata per ottenere la buona salute della madre da anni ammalata alla vista. In sogno le apparve la Santa che le confessò di possedere lei stessa il potere di guarire la madre. Dopo l’avvenuto miracolo, Lucia abbandonò la vita mondana per dedicarsi a Cristo; a tal proposito fu denunciata, processata e decapitata.
Da una leggenda De Gregori estrapola un messaggio di concretezza e attualità: si rivolge alla santa, protettrice della vista, pregandola affinché si occupi degli emarginati dell’esistenza, ai bordi della vita; ma anche di coloro che non hanno una consapevolezza circa la problematicità della società odierna: ”Per le persone facili, che non hanno dubbi mai”, dice il cantautore, rivelando una triste porzione di umanità che non si interroga, è indifferente, avanza per inerzia. Una società che, ormai, è talmente problematica e imbevuta di finzione, ignavia e indolenza, da non essere in grado di guardare oltre le apparenze e cogliere il vero senso della vita. E’ necessario quindi un aiuto, un cambiamento: l’accorata preghiera alla Santa è messa in atto affinché la stessa accolga sotto la sua protezione la parte più sfortunata e derelitta del mondo.
Un messaggio di uguaglianza sociale e onestà
Non è raro trovare nei testi del cantautore romano, metafore o riferimenti alla tradizione cristiana: a riguardo, si possono citare Gesù Bambino o Natale, e ulteriori esemplificazioni. E non è nemmeno poco consueto incorrere, nelle sue produzioni, in allusioni e messaggi ermetici verso gli intellettualmente assopiti, i miopi della vita o coloro che sono esposti alle difficoltà della stessa: Alice e Pablo, citando solo due nomi importanti che danno il titolo a questa tendenza metaforica che è un po’ l’impronta di Francesco De Gregori. La parte finale di Santa Lucia ha poi un lirismo ed una simbologia importantissima: il violino dei poveri o il ragazzino che prova a cantare si riferiscono all’umanità sofferente. L’autore fa aleggiare, sulla figura del ragazzo, l’auspicio che quest’ultimo affronti le difficoltà della vita a cuor leggero e con dolcezza: in modo tale che non siano per lui un peso e lo facciano maturare raggiungendo le meritate gratificazioni. Soddisfazioni che spesso coloro che appartengono a categorie privilegiate ottengono senza guadagnarsele.
”Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata
e un ragazzino al secondo piano che canta,
ride e stona perchè vada lontano,
fa che gli sia dolce anche la pioggia delle scarpe,
anche la solitudine”.
Una messaggio più che mai attuale, soprattutto in una società dove l’avanzare delle differenze e la scissione fra ricchi e poveri si fa sempre più netta. Troppe volte chi dovrebbe esporsi per le classi più deboli lo fa solo in apparenza, senza sporcarsi di concretezza o senza curarsene più di tanto. Un’uguaglianza sociale che riempie e adorna un discorso ma che, sempre di più, è una vera utopia. In questo sembra quasi di rivedere il pensiero di un criticato Luigi Tenco a riguardo di una giustizia sociale fittizia nel testo Cara Maestra. Un inno accorato a Santa Lucia, quello di De Gregori, affinché anche chi non appartiene a certi strati sociali possa prevalere con le proprie forze, affrontando la vita ed essendo soddisfatti del traguardo raggiunto.
Stella Grillo
Immagine di copertina: Santa Lucia, Francesco De Gregori – Photo Credits: francescodegregori.net