Tutti lo sanno, ma pochi ne parlano. Che cos’è? È la disparità salariale di genere o, per fare gli anglofoni, il Gender Pay Gap.
In Europa le donne guadagnano in media il 14,5% in meno rispetto agli uomini, che corrispondono a due mesi all’anno di lavoro gratis. Proprio per questo l’Europa ha istituito l’Equal Pay Day, una data a simbolo di quel giorno nel quale le donne smettono di guadagnare e iniziano a lavorare senza retribuzione.
Quest’anno la disparità è diminuita in media dello 0,4%, non il risultato che ci si aspettava.

Parità di genere

Forse nel 2120 (tra circa 99,5 anni secondo il World Economic Forum) esisterà la parità di genere. E se è vero che è aumentata la parità in ambiti come l’istruzione e la salute, la parità economica no. Anzi ha un fatto non uno, non due, ma ben tre passi indietro, merito anche l’emergenza Covid-19.

Nel lungo dossier di 371 pagine del World Economic Forum, nella classica mondiale (153 paesi totali analizzati) l’Italia si posiziona 76ª perdendo 6 posizioni dal 2018, dietro Mozambico (56°), Slovenia (36ª), Filippine (16ª) e alla primatista Islanda. Per quanto riguarda il settore economico l’Italia si posiziona al 117ª su 153.

Il divario italiano

Anche se più istruite e a parità di mansioni, le donne guadagnano meno dei loro colleghi. Le motivazioni sono le stesse di sempre. La discriminazione di genere è il motivo principale, dietro il quale seguono per estensione: la differenza di contratto e le responsabilità famigliari.
In Italia l’Istat ha misurato un divario nei lavori domestici che si aggira intorno al 20%, percentuale simile per la cura dei figli e la loro educazione e del 60% per la cucina (dati Istat 2016).
Questi dati ci aiutano a capire perché alle donne viene proposto in larga maggioranza un contratto part-time (32,9%) rispetto agli uomini (8,8%). E se non è il datore di lavoro, sono le donne stesse a chiedere un orario ridotto o a lasciare il lavoro per seguire casa, genitori anziani e figli. Ricordiamolo: un lavoro necessario, ma non pagato.

Per un mondo più ricco: parità di genere

La discriminazione di genere affonda le radici negli stereotipi sul ruolo degli uomini e delle donne, ma a conti fatti non conviene a nessuno.
Secondo uno studio del 2019 della Harvard Business Review, ottenendo la parità salariale si potrebbe far crescere il Pil mondiale del 35% entro il 2025. Banca d’Italia stima, se il divario tra i contratti part-time/full-time fosse colmato, una crescita del Pil pari al 7%.

Prime Donne – Scuola di Politica su Twitter ci fa sapere che i settori a maggior occupazione femminile sono anche quelli nei quali la disparità salariale è maggiore. Per denunciare l’ingiustizia sono partite le campagne #StessaPaga e #DaQuiAllaParità, una raccolta firme che punta a rilanciare una politica al femminile, con l’obiettivo di raggiungere la quota 50/50.

#StessaPaga - Photo Credits: Prime Donne [Twitter]
#StessaPaga – Photo Credits: Prime Donne [Twitter]

Guardiamo al futuro

Se c’è un aspetto positivo di questo 2020 è proprio la possibilità di guardare al futuro. La necessità di cambiare rotta è diventata evidente con la crisi economica amplificata dalla pandemia.

Věra Jourová Vicepresidente per i valori e la trasparenza, Nicolas Schmit, Commissario per il lavoro e i diritti sociali e Helena Dalli, Commissario per la parità hanno scritto:

Le donne e gli uomini sono uguali. […] Eppure le donne non sono ugualmente apprezzate per il loro lavoro. Guadagnano ancora in media 86 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo in Europa. Le donne quindi lavorano 51 giorni in più per guadagnare quanto i loro colleghi maschi.
Questo non è solo ingiustoÈ contro ciò che rappresenta questa Unione. Sono passati più di 60 anni da quando il diritto alla parità di retribuzione è stato sancito nei trattati dell’UE. Al ritmo attuale, ci vorrebbero decenni, o addirittura secoli, per raggiungere l’uguaglianza. Questo non è accettabile, dobbiamo accelerare e ridurre a zero questo divario retributivo.

In Italia non sono mancate le critiche alla distribuzione dei fondi europei. Matteo Salvini ha scritto sul suo profilo Facebook che alla parità di genere va il doppio della sanità e questa cosa sarebbe “vergognosa”. Sfortuna per Salvini, dei 17 miliardi destinati solo 4,2 miliardi saranno effettivamente dedicati al gap salariale, il restante è distribuito tra iniziative dedicate ai giovani e all’inclusione sociale.

Come usare i fondi?

La cifra preposta di 4,2 miliardi è in grado di colmare la disparità cresciuta negli ultimi decenni? Per incoraggiare l’occupazione, nella bozza del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si punta a potenziare l’asilo nido e i servizi di cura per gli anziani. Ma secondo il rapporto “Investire nell’infanzia” di Alleanza per l’Infanzia e #EducAzioni, l’investimento dovrebbe essere di circa 4 miliardi l’anno.

Intergruppo per le Donne ( per le questioni di genere e a sostegno delle donne italiane), coordinato dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini hanno scritto a Giuseppe Conte in merito alla cifra irrilevante destinata alla parità salariare: “Il Recovery Plan che ci apprestiamo a varare è una grande opportunità per risolvere l’annosa questione della disuguaglianza di genere”.
E ricordano al premier che: ” La Commissione europea […] sostiene con forza l’introduzione di obblighi in materia di integrazione della dimensione di genere e impatto di genere (bilancio di genere) sia nel regolamento sul Quadro Finanziario Pluriennale sia in quello relativo a Next Generation EU“.

Discutere della parità salariare è essenziale per comprendere in che misura e modo il nostro paese si riprenderà dalla crisi economica e sociale. Tornare al precedente regime non è qualcosa verso il quale puntare, perché le derive di quel tipo di società si sono palesate senza ostacoli durante la crisi sanitaria. La parità di genere è lo strumento con il quale affrontare le future sfide economiche, ma anche sociale. La forza d’acquisto e l’indipendenza economica delle donne non è un obiettivo di genere, ma dell’intera nazione.

Per approfondire il tema della parità di genere: La “task force” italiana sulla parità, il mondo del cinema, la musica e la parità di genere a scuola.

Sitografia:
– World Economic forum, Global Gender Gap Report 2020 (2020), link:
http://www3.weforum.org/docs/WEF_GGGR_2020.pdf

– Istat, Cura dei figli e lavori domestici (2016), link:
https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-3d.html?lang=it

– Harvard Business Review, One Way to Reduce Gender Bias in Performance Reviews, (2019), sito:
https://hbr.org/2019/04/one-way-to-reduce-gender-bias-in-performance-reviews

-Save the Children, Investire nell’infanzia: prendersi cura del futuro a partire dal presente (2020), sito:
https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/investire-nell-infanzia-prendersi-cura-del-futuro-a-partire-dal-presente

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.