Il 24 maggio 1915 è il giorno in cui l’Italia fa il suo ingresso come Stato belligerante nella Prima Guerra Mondiale, la c.d. Grande Guerra, circa 10 mesi dopo l’inizio vero e proprio del conflitto scoppiato tra la fine di Luglio e l’inizio di Agosto del 1914. Le modalità dell’intervento italiano hanno sempre suscitato molte perplessità. É un lunedì, alle 3:30 le truppe italiane oltrepassano il confine italo-austriaco, e puntano verso le terre del Trentino, del Friuli e della Venezia Giulia.
Quando l’Italia entra in guerra nel 1915 è un paese spaccato in due tra interventisti e neutralisti. Uno dei paladini noti dell’intervento bellico è il poeta Gabriele d’Annunzio e con lui una serie di artisti legati al movimento del Futurismo, che vedono nella guerra una benedizione e una possibilità per il paese di riscattarsi. Con D’Annunzio c’è anche Benito Mussolini, ex direttore dell’Avanti, appena espulso dal PSI proprio per il suo voltafaccia a favore dell’intervento.
L’Italia entra definitivamente in Guerra
In quel periodo l’Italia era legata alla Germania e all’Austria-Ungheria dal trattato della Triplice Alleanza, siglato 30 anni prima, nel 1882. Quando iniziano le ostilità l’Italia proclama quindi neutralità. Questo avviene tra il 1 e il 2 Agosto del 1914. Con il tempo si avvicina poco per volta alle potenze della Triplice Intesa: Gran Bretagna, Francia e Russia. È con queste nazioni che il governo italiano firma il 26 aprile 1915 il patto di Londra, impegnandosi ad intervenire al loro fianco.
Ed è con queste, e quindi contro i suoi vecchi alleati, che l’Italia prende effettivamente parte alla Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra. Le ragioni della condotta dell’Italia alla vigilia e nei primi mesi della guerra sono estremamente complesse. Sono state a volte liquidate come espressione di un paese strutturalmente inaffidabile. Ma furono piuttosto il frutto di freddi calcoli di una limitata classe di governo e della monarchia, decise a trarre il massimo vantaggio dai drammatici eventi che ebbero inizio nell’estate del 1914.
L’Italia, decidendo di entrare in guerra, fa un vero e proprio azzardo, giocato in nome della nazione, ma anche e soprattutto della politica di potenza e di conquista. Nelle varie trincee che si erano create, ci furono circa 700 mila morti. La Prima Guerra Mondiale fu un enorme massacro che coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti in totale, 20 milioni di feriti ed enormi distruzioni.
Una guerra che porta alla dissoluzione dell’impero Austro Ungarico, Ottomano e degli Zar, e che segna il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l’inizio della fine della vecchia Europa con l’ingresso sulla scena mondiale degli Stati Uniti.
Da questa guerra l’Italia ottiene solo Trento e Trieste, ma ne esce ferita e lacerata da una profonda crisi che la conduce brevemente al Fascismo. L’Italia ottiene quanto promesso, ma molti dei fanti che il 24 maggio 1915 attraversarono il Piave, nel Novembre 1918, tornando a casa si trovano davanti un mondo diverso. Un mondo che tantissimi altri compatrioti non ebbero la fortuna di vedere.
“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio” dice la celebre canzone, composta nel giugno 1918 da Ermete Giovanni Gaeta per sollevare il morale delle truppe italiane che combattevano. Gaeta con lo pseudonimo di E.A. Mario, scrive allora quella che è ad oggi una delle principali canzoni patriottiche italiane.
Ilaria Festa
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