La descrizione dell’atmosfera estiva ne Le Talisie di Teocrito, poeta greco dell’età ellenistica, è una delle più famose della letteratura greca. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, la descrizione estiva nell’Idillio VII.
Le Talisie di Teocrito, gli ambienti pastorali nella poesia
Teocrito, poeta precursore della poesia agreste e bucolica, il cui manifesto poetico si esplica ne Le Talisie. La poetica di Teocrito è interamente permeata da ambienti pastorali; amante della natura, i suoi testi si ambientano in contesti tipicamente bucolici descrivendo scene di vita quotidiana.
Nell’Idillio VII, dal titolo Talisie appunto, argomento dei versi è la gara poetica fra Licida e Simichida. La scena si svolge presso la campagna di Cos durante la stagione estiva, in seguito alla trebbiatura. Simichida si reca presso il podere di due nobili cittadini a Cos per celebrare le Talisie; feste campestri in onore della Dea Demetra, divinità delle messi e dei raccolti. Nel suo cammino incontra il capraio Licida e, fra i due personaggi , si vivifica un dialogo interessante; prima sulla motivazione accidentale del loro incontro, in seguito, sui problemi letterari del tempo. Entrambi cantori di stampo bucolico, per alleviare la fatica del cammino e la calura del momento, fanno sfoggio della loro arte.
Licida canta il suo amore per un fanciullo mentre Simichida menziona Mirto, fanciulla da lui amata; in seguito, rievoca la passione omosessuale di un amico. A questo punto, il capraio consegna a Simichida il suo bastone come dono delle Muse; simbolo dell’investitura poetica. Successivamente prosegue per la sua strada, mentre Simichida si reca con gli amici a celebrare le Talisie.
La descrizione dell’estate nell’Idillio VII
Dopo la disputa letteraria, l’Idillio si conclude in un’arcadica cornice agreste:
Così dissi; ed il capraro, sorridendo soavemente,
come prima, il bastone mi concesse quale dono ospitale delle Muse
e, voltando a sinistra, proseguì per la strada di Pissa
e noi, avviatici Èucrito, il bell’Amíntico ed io stesso
da Frasidàmo, su giacigli morbidi di tenero lentisco
ci adagiammo e su foglie di vite appena colte
con grande godimento. Su di noi con forza si scuoteva
un fitto bosco d’olmi e pioppi e lì accanto zampillava,
gorgogliando dall’antro delle Ninfe, la fonte sacra
e dagli ombrosi rami si affannavano a urlare le cicale annerite dal sole.
Da lontano la rana gracidava dagli spini fitti dei pruni.
Cardellini e allodole cantavano, la tortora gemeva
e volavano in giro le api d’oro presso le fonti.
Tutto aveva odore di pingue estate, odore di raccolto.
Le pere ai nostri piedi rotolavano, le mele, ai nostri fianchi,
in abbondanza e i rami sotto il peso delle prugne
giungevano curvati fino a terra.
Le Talisie di Teocrito offrono una delle più belle descrizioni estive che la letteratura abbia mai avuto. Simichida si gode, ora, la frescura donata dagli ombrosi rami degli olmi e dei pioppi, e la fonte limpida e zampillante popolata dalle Ninfe.
E ancora, Teocrito introduce il classico topos estivo delle cicale, il cui canto risuona nelle ore lente della canicola. I canti degli uccelli che si spargono nell’aria fragrante e accalorata, i susini maturi; lo sciame dorato delle api che si libra presso le fonti d’acqua.
La scena è ora arcadica, immersa in un contesto quasi mitologico; gli ultimi versi suggellano l’atmosfera descritta in precedenza: tutto profuma di estate, raccolto, serenità.
Stella Grillo
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