Prima degli Elohim, prima del 2012 e della profezia dei Maya, prima del Millenium Bug e delle quartine di Nostradamus sull’Apocalisse prevista per il 1999, ci fu lei, la Cometa di Halley. Battezzata così in onore dell’astronomo Edmond Halley, che per primo ne riconobbe la periodicità, presenta un periodo orbitale che va dai 20 ai 200 anni. Diversi artisti, nel tempo, l’hanno raffigurata o ne hanno parlato. È stata citata da Dante Alighieri, dipinta da Giotto nella sua Adorazione dei Magi, affresco della Cappella degli Scrovegni a Padova, rappresentata sull’Arazzo di Bayeux e, più recentemente, cantata da Irene Grandi nel brano La Cometa di Halley, scritta per lei da Francesco Bianconi. Il suo ultimo passaggio al perielio risale al 1986; il prossimo sarà nel 2061. Ad essere passato alla storia, tuttavia, è stato il penultimo ritorno della cometa, avvenuto il 18 maggio 1910.

Nonostante l’avvicinamento più stretto degli ultimi duemila anni sia da ricondurre all’837 d.C., quando il corpo celeste passò a “sole” 0,0342 au (5 120 000 km) dal nostro pianeta, il primo arrivo del Novecento ha una maggiore rilevanza. Le ragioni sono diverse; si tratta, prima di tutto, della prima orbita della quale esistono testimonianze fotografiche, ma è stato anche un evento relativamente pericoloso, o almeno così si credette allora. La Terra ha attraversato la sua coda, dando luogo a spettacolari vedute, ma scatenando una vera e propria isteria di massa. «La cometa sta per catturare la Terra, annientare il mondo, e distruggere tutte le conseguenze materiali della mia attività e delle attività di tutti.»– riportò Tolstoj il 13 gennaio 1910 nel suo Diario«Ciò prova che tutte le attività materiali, e le loro presunte conseguenze materiali, sono prive di senso. Solo ha un senso l’attività spirituale…».

Quando la Cometa di Halley spaventò la Terra

Alcuni titoli di giornali riferiti al passaggio della Cometa di Halley del 18 maggio 1910

Le drammatiche considerazioni dell’autore russo, non furono che l’anticamera del panico collettivo che funestò il fenomeno epocale. L’incauta pubblicazione della notizia che la Terra sarebbe stata investita dalla coda della cometa, composta di gas velenosi in grado di penetrare l’atmosfera terrestre e avvelenare mortalmente chi li respirasse, diede origine a un’atmosfera di paura. In molti, infatti, si convinsero che la scia venefica avrebbe decimato, se non azzerato, la popolazione mondiale. L’astronomo francese Camille Flammarion affermò la possibilità della diffusione «del gas cianogeno, in grado di uccidere tutti gli esseri viventi sul pianeta». Per questa singola dichiarazione, tra i prodotti più richiesti in quei mesi vi furono le maschere antigas, prontamente vendute a prezzo triplicato da truffatori senza scrupoli, insieme a pozioni, bevande, ombrelli e marchingegni che avrebbero dovuto tenere lontano il maligno. Ironia della sorte, l’incremento della domanda di maschere contribuì al loro successivo sviluppo durante la Prima Guerra Mondiale.

Mentre le persone facevano a gara ad accaparrarsi prodotti “anti-cometa”, gli studiosi e gli esperti in materia tentavano di tranquillizzare i cittadini comuni, mostrandosi assolutamente sereni e per nulla preoccupati. A nulla, però, servirono le note a riguardo diffuse dai governi, la “cometite” era inarrestabile. Grazie ai dibattiti sull’evoluzionismo darwiniano e alle scoperte cosmologiche, durante la Belle Époque molti concetti erano diventati più accessibili. Queste nozioni, tuttavia, erano facilmente manipolabili da parte di malintenzionati, che sfruttavano il basso livello di alfabetizzazione della popolazione. Alcuni arrivarono a fingersi dei preti, per vendere l’indulgenza plenaria in previsione del Giorno del Giudizio, mentre diversi organizzatori di viaggi programmarono per i fedeli dei pellegrinaggi nei principali santuari europei, per permettere loro di accogliere il proprio destino un po’ più vicini a Dio. Dietro un lauto compenso, naturalmente.

La “cometite” e il ritorno alla normalità

Le chiese vennero prese d’assalto da orde di credenti desiderosi di confessare i propri peccati e sperare nella grazia divina. Uomini e donne più pragmatici, invece, si chiusero in bunker sotterranei preparati per l’occasione. In ogni Paese, vi fu una significativa crescita nei suicidi. Ma perché l’opinione pubblica era così scossa da un fenomeno astronomico già conosciuto?

La ragione è da ricercarsi proprio in quel periodo storico, caratterizzato da grandi cambiamenti tecnologici e scientifici, forse troppo repentini per essere assorbiti con facilità dalla mente. In un decennio che, di fatto, chiudeva i conti con il secolo appena concluso, e si preparava, senza saperlo, ai grandi scontri del Novecento, il popolo non era pronto e strutturato ad accogliere qualcosa di parzialmente inspiegabile, come un ammasso di detriti lanciato in direzione della Terra. La mente umana, seppur predisposta alla novità e all’evoluzione, rimane “vittima” delle emozioni e, nei momenti di incertezza, diventa più sensibile alla suggestione da parte di imbroglioni e fake news.

Tra una preghiera e un inganno, il tanto temuto 18 maggio 1910 arrivò, nel turbamento generale. La Terra passò indenne attraverso la famigerata coda e l’emergenza terminò. Giovanni Pascoli dedicò all’avvenimento un inno, chiamato Ode alla cometa di Halley, in cui la definì una «stella randagia». La Cometa di Halley, ignara dello scompiglio da essa portato, si allontanò inconsapevole, e il mondo intero tirò un sospiro di sollievo. Pochissimi anni dopo, una nuova minaccia, stavolta tutta umana e ben più reale, lo sconvolse.

Federica Checchia

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