Sembra ieri, e invece no. Difficile pensare che sia già passato un decennio dalla pubblicazione di 1989, disco che ha consacrato Taylor Swift come astro più fulgido del firmamento musicale, eppure è così. Il quinto album della cantautrice, prodotto dalla Big Machine Records, è infatti uscito il 27 ottobre 2024, e spegne oggi dieci candeline. Nell’agosto 2019, in realtà, la musicista è tornata in studio per inciderlo nuovamente, in seguito alla cessione dei diritti dell’etichetta all’imprenditore Scooter Braun. La nuova registrazione ha mantenuto il titolo originario, ma con l’aggiunta della dicitura Taylor’s Version tra parentesi, al fine di sottolinearne la maternità e il possesso.

1989 ha rappresentato, nella carriera di Taylor, un punto di svolta deciso e consapevole. Per l’artista cresciuta a pane e country, che si è fatta conoscere al pubblico statunitense grazie ad esso, quest’opera, che prende il nome dal suo anno di nascita, ha segnato un allontanamento dal suo solito sound. Se, con il precedente Red, si poteva ancora discutere circa la direzione presa dalla sua musica, lei stessa ha tolto ogni dubbio possibile, virando con decisione verso il pop. Una scelta che si è rivelata fortunata: l’album è l’unico del 2019 ad aver superato il milione di copie vendute. Obiettivo, oltretutto, centrato in meno di una settimana. La sua squadra di lavoro è stata un vero e proprio dream team, dai soliti Max Martin, Ryan Tedder, Greg Kurstin, a collaboratori inconsueti, come Jack Antonoff e Imogen Heap. Di seguito, il video di Blank Space:

1989, l’album della svolta pop di Taylor Swift

La tracklist di 1989 (Taylor’s Version)

In un’intervista all’epoca rilasciata a Rolling Stone, Taylor ha raccontato come i suoi artisti pop anni Ottanta preferiti abbiano influenzato le sonorità del disco. Phil Collins, Annie Lennox e l’era Like a Prayer di Madonna sono stati parte integrante e fondamentale del suo processo creativo. Il risultato è un viaggio tra stati d’animo. Pochi testi parlano della sua vita sentimentale, ma sono quasi sempre sognanti e nostalgici.

La tracklist di 1989 è un concentrato di hit, dal primo singolo estratto Shake it Off, entrato nella top 40 delle radio nel minor tempo nella storia della pop music, alla suggestiva Wildest Dreams, recentemente ripresa da Bridgerton, che l’ha usata in versione strumentale. Il disco contiene gioiellini come Blank Space, trainata da uno strepitoso video in cui Taylor risponde alle illazioni della stampa prendendosi in giro, o come Style, dedicata (forse) all’ex Harry Styles. Tra i brani ad aver destato maggiore scalpore, c’è sicuramente Bad Blood, velata (ma non troppo) dichiarazione di guerra a Katy Perry. Le due avevano litigato a causa di un furto di ballerini da parte dell’interprete di Roar. Ora l’ascia di guerra è stata seppellita, ma il videoclip che accompagna il pezzo, una parata di stelle della moda e dello showbiz, schierate dalla parte di Miss Americana ha fatto a lungo parlare di sé.

1989 è un’opera matura e curata in ogni particolare. Amata dagli swifties e dalla critica, ma detestata da una parte di fans, che accusano la popstar di aver rinnegato le sue origini. Con Taylor Swift non esistono le mezze misure: idolatrata oppure odiata di default dai soliti detrattori. La risposta a questo dualismo estremo, però, l’ha data lei stessa, proprio in questo album:

«And the haters gonna hate, hate, hate, hate, hate
Baby, I’m just gonna shake, shake, shake, shake, shake
I shake it off, I shake it off»

Federica Checchia

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