Yemen | Dal 2015, la guerra civile sta distruggendo il paese. Da una parte gli Houthi e l’Iran, dall’altra il governo di Hadi e l’Arabia Saudita. In mezzo, 65 mila vittime.
YEMEN – Come iniziare una rubrica che cerca di fare chiarezza sulle mille ingiustizie di questo mondo? La verità è che non lo so. Non so quali siano le parole giuste. Non so cosa sia ingiusto e cosa non lo sia.
Quale paese meriterebbe di essere raccontato per primo?
L’ingiustizia non contempla precedenze: nessuna guerra è più importante delle altre, nessun dolore ha meno ragione di essere raccontato. Il sangue versato è sempre di colore rosso. Specie quello dei bambini, che è di un rosso che dà fastidio soltanto a guardarlo.
Per questo iniziamo dallo Yemen.
Perché di bambini ne sono morti a migliaia.
E perché abbiamo chiuso gli occhi per troppo tempo.
Yemen, l’origine del conflitto
Emergency, la nota ONG fondata da Gino Strada, Teresa Strada e Carlo Garbagnati, pubblica ogni tre mesi un proprio periodico, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle drammatiche situazioni dei paesi di intervento. Nell’ultimo numero, datato Giugno 2019, Emanuele Nannini (Vicedirettore Field Operations Department di Emergency) ci aiuta a comprendere le cause del conflitto yemenita. Il suo articolo “La guerra ignorata” è la fonte principale di questo numero di A casa loro.
Le origini del conflitto, come spesso accade, si fanno risalire al periodo della Primavera Araba, quando una serie di rivolte esplosero a catena, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Le proteste, in molti casi ancora in corso, dilagarono principalmente in Siria, Libia, Tunisia, Algeria, Iraq, Bahrein, Giordania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia e Marocco.
E in Yemen.
In Yemen, nel 2011, le rivolte costrinsero il presidente autoritario Alì Abdullah Saleh a cedere il potere al proprio vice: Abdrabbuh Hadi. Un passaggio di potere che avrebbe dovuto portare stabilità nel paese. All’opposto, si rivelò una transizione politica fatale.
Il governo Hadi e l’arrivo degli Houthi
Hadi si ritrovò improvvisamente a capo di una situazione in cui pochi uomini vorrebbero trovarsi: leader di un paese dilaniato dal caos. I colpi di stato, le rivoluzioni, le guerre civili, infatti, tendono a minare la legittimità di qualunque forma di potere. Lasciano un vuoto, momentaneo, in cui tutti si gettano per cercare di ottenere una fetta del paese. Ed è quello che è accaduto.
Il nuovo presidente dovette affrontare, contemporaneamente, una serie di problemi: un movimento di indipendentisti nel sud dello Yemen, gli attacchi dei jihadisti, la corruzione, la disoccupazione, la carenza di cibo e l’insubordinazione del personale di sicurezza presidenziale, ancora fedele all’ex presidente Saleh.
Tutto sommato, si trattava di problemi che Hadi era in grado di gestire, inconsapevole che il vero nemico doveva ancora arrivare: il movimento Ansar Allah, “Sostenitori di Dio”, guidato dalla setta degli Zaidi.
Noti al mondo come Houthi.
Sullo scacchiere yemenita, gli Houthi si imposero con forza, prendendo subito il controllo della provincia settentrionale di Saada. Anche se fanno parte della minoranza musulmana sciita, gli Houthi hanno ricevuto l’aiuto di gruppi sunniti scontenti del governo Hadi. Insieme, sono riusciti a conquistare la capitale Sana’a.
Era il Marzo del 2015: l’inizio della guerra civile.
L’alleanza con Saleh e lo scoppio del conflitto
Nel decennio precedente, gli Houthi avevano mosso numerosi atti di ribellione contro la presidenza Saleh, ma serviva un’azione inaspettata per conquistare il paese. Per questo, decisero di siglare un accordo proprio con il loro nemico storico.
Dopo la conquista della capitale e l’alleanza con Saleh, gli Houthi hanno costretto alla fuga il presidente Hadi, attualmente in esilio.
La rapida ascesa al potere degli Houthi e la loro vicinanza all’Iran, ha scatenato la reazione dell’Arabia Saudita e di altri stati che si sono coalizzati nel tentativo di restaurare il governo Hadi. Tra questi: Kuwait, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto, Marocco, Senegal, Sudan, USA, Francia, Regno Unito, Turchia, Canada. A cui aggiungere la resistenza popolare e vari gruppi di combattenti.
Al-Qāʿida e l’ISIS, invece, non si sono schierati ufficialmente con nessuna delle due fazioni, pur facendo parte del conflitto.
Yemen, la guerra civile di cui nessuno parla
La coalizione dell’Arabia Saudita era convinta di poter restaurare rapidamente il governo di Hadi. Come prima mossa, ha intrapreso una violenta campagna di bombardamenti aerei, convinta che sarebbe bastato a far desistere qualsiasi tentativo di resistenza da parte degli Houthi e dell’Iran. Si sbagliava.
Houthi ha mantenuto la posizione, assediando il paese. A causa dello stallo, la coalizione saudita ha deciso di intervenire sul campo, inviando truppe di terra a supporto della resistenza popolare.
Le forze a sostegno di Hadi, riporta Emergency, “sono accusate di molteplici atrocità e dal loro ingresso nel sud del Paese la situazione è precipitata: rapimenti, attacchi suicidi e violenza dilagante“. Secondo l’ONG di Gino Strada, inoltre, “militanti di al-Qaeda nella penisola arabica hanno approfittato del caos, conquistando territorio nel sud e compiendo attacchi mortali, in particolare ad Aden, e destabilizzando ulteriormente il Paese”.
In aggiunta, la situazione si è aggravata ancora in seguito alla decisione della coalizione saudita di bloccare le importazioni dello Yemen: il parziale blocco delle merci nel nord del paese aveva lo scopo di impedire l’importazione di armi da parte dei ribelli Houthi.
E l’Occidente?
L’Occidente fa affari, in fondo il rosso del sangue è così lontano, mentre il rumore dei soldi è così vicino.
Così reale. A portata di mano
Per Emergency, ma non solo, USA e Regno Unito “hanno fornito supporto logistico, tecnico e di intelligence alla coalizione saudita”. Oltre ad essere i principali fornitori di armi delle forze che sostengono Hadi. I principali, ma non gli unici: anche Germania e Francia hanno siglato accordi per vendere armi all’Arabia Saudita. Nonostante le leggi nazionali vietino le vendite belliche a Paesi coinvolti in conflitti.
E l’Italia?
Per Emanuele Nannini, “la RWM Italia S.p.A., una sussidiaria della Rheinmetall AG. ECCHR tedesca basata in Sardegna, continua a esportare armi in Arabia Saudita in chiara violazione delle leggi nazionali”.
La guerra civile è ancora in corso e sembra lontana dal concludersi. I danni, però, sono sotto gli occhi di tutti. O di chi li vuol vedere.
2015-2019, lo Yemen ridotto in macerie
C’è un rumore assordante intorno a noi. Lo sentite anche voi?
È il suono delle macchine che passano per strada, delle notifiche che impazzano sul cellulare, dei bambini che giocano col pallone sotto casa, dei nostri pensieri che ci riempiono la testa in ogni momento.
In Yemen, invece, c’è un silenzio assordante. E il rumore delle bombe, che continuano a cadere. E cadono ogni giorno, dal 2015. Ci sono gli scheletri di edifici collassati, che si prolungano come arti feriti su strade ormai vuote. Il sistema idroelettrico non c’è più.
Dal 2016, le aree sotto il dominio degli Houthi sono senza corrente elettrica centralizzata. Anche il sistema sanitario è sulla soglia del collasso, a causa del crescente numero di sfollati interni: se ne contano oltre 400mila.
Chi é dalla parte della ragione nella guerra civile yemenita?
Ancora una volta, cari lettori, non lo so.
Chi sta vincendo? Non so neanche questo.
La crisi dello Yemen, ad oggi, è considerata la più grave crisi umanitaria del pianeta. Per le Nazioni Unite, nella guerra civile hanno perso la vita oltre 7 mila civili. Più di 12 mila hanno subito ferite nel conflitto. Se aggiungiamo i combattenti, il conto delle morti aumenta vertiginosamente: 65 mila vittime in 4 anni.
Sono dati che si riferiscono alle vittime dirette della guerra. Uomini, donne e bambini uccisi da un proiettile, da una bomba o da una scheggia. Ma decine di migliaia sono morti per comuni malattie e per malnutrizione.
Secondo i dati raccolti da Emergency, “circa l’80% della popolazione, 24 milioni di persone, ha bisogno di assistenza e protezione umanitaria, 20 milioni hanno bisogno di aiuto per assicurarsi un pasto quotidiano, 2 milioni di bambini sono gravemente malnutriti“.
3000 persone sono morte per la più grande epidemia di colera della storia.
Arabia Felix
Questo è lo Yemen di oggi.
I romani lo chiamavano Arabia Felix (fertile o felice), perché rispetto alle regioni aride della penisola araba, appariva ai loro occhi come un paese bellissimo. Con i suoi 2 mila chilometri di coste e le imponenti catene montuose del nord.
Un paese bellissimo, che da fertile è diventato arido, che da felice è diventato triste.
Chi sta perdendo?
Questo lo so.
Tutti.