Maternità e Gore? Sì, è possibile. Dalla Francia, questo piccolo capolavoro del 2007 ha definitivamente rotto lo già debole tabù dello splatter sulle donne incinte. A L’intérieur è ben, scritto, ben girato e spaventoso al punto giusto.
Questo è l’esordio per la mia rubrica BLOODY MARY BLOODY FRIDAY.
Pronti a provar paura, disgusto, inquietudine? A L’intérieur fa al caso vostro!
Ho deciso di iniziare con questo film perchè insomma, mi sento un po’ madre di questo progetto e volevo esprimerlo a mio modo.
Inizia qui la rubrica settimanale a tema horror Bloody Mary, Bloody Friday: io sono Mary e ogni venerdì cercherò di deliziarvi, disgustarvi e terrorizzarvi. Il tutto con una recensione, direttamente dal mio archivio mentale. Una carrellata di film grotteschi terrificanti e inquietanti tra quelli che più ho amato o che mi hanno colpito.
A L’intérieur, quando l’horror è francese:
Bagno di sangue. Moquette di Fegati. Fiera delle interioria. Carneficina. Insomma, l’horror di Alexandre Bustillo e Julien Maury è a tutti gli effetti una visione cruenta e spietata. Ma non è certo la semplice macelleria, peraltro supremamente presentataci, a fare di A l’intérieur uno degli horror più disturbanti e devastanti della storia del genere. C’è molto altro, che rende questo film un’esperienza visiva letteralmente sconvolgente.
La cosiddetta ondata del gore francese è stata un momento molto alto per i generi della paura, rivisitando e modernizzando l’horror dallo slasher allo splatter. Nonostante non abbia avuto sviluppi significativi al livello di carriere dei singoli registi o di contributi horrorifici futuri per il Cinema Francese, ha avuto un’intensità inversamente proporzionale alla sua durata. Finita in un lampo e risoltasi in un nulla di fatto, difficilmente poi qualcuno è più stato in grado di riproporre nulla di paragonabile a lavori come Alta Tensione, Ils, Frontières.
Ils di Xavier Palud e David Moreau, A l’intérieur di Bustillo e Maury, Frontière(s) di Xavier Gens: abbiamo avuto la fortuna di poter assistere all’avvento di una nuova generazione di registi francesi che parlano di politica intingendo la cinepresa nel sangue. Tematiche come la xenofobia, il razzismo, l’invidia di una specifica condizione sociale, l’esplorazione di meandri psichici dell’inconscio: i film non sono solo spaventosi, ti angosciano fin nel profondo. Perché ci riescono? Perché ci sono andati, nel profondo: c’è una certa raffinatezza in come, prima ancora di spaventarti, questo genere di film punti ad entrarti nella testa.
Tra politica, tecnica di ripresa e bagni di sangue, l’ondata francese ci ha comunque lasciato in eredità una manciata di film estremi e viscerali. Pellicole purtroppo ancora sottovalutate (anche per via dei terribili remakes americani) ma il cui impatto è stato portante per l’evoluzione estetica e contenutistica del cinema dell’orrore su scala mondiale.
Un po’ di trama, qualche informazione su “A l’intérieur”:
La trama è sottilissima e mantiene tutto semplice e preciso. Quattro mesi dopo la morte del marito, ucciso da un brutale incidente d’auto, Sarah – una giovane fotografa sull’orlo della maternità – si trova in una situazione angosciante. È sola a Natale e avrà il bambino il giorno successivo, anche se devono indurre il travaglio. È così triste e infelice che quasi credi di non voler nemmeno avere un figlio. In tutto ciò è tormentata da un misterioso sconosciuto.
Non si sente al sicuro nemmeno in casa sua, e teme per il suo bambino. Dopo aver chiamato la polizia ed essere stata rassicurata dagli ufficiali, Sarah si tranquillizza. Abbassata la guardia, la giovane futura mamma si addormenta. Ma solo solo per essere svegliata dalla stessa persona che è riuscita a intromettersi in casa: una donna. Il suo aguzzino, che la tormenta nonostante stia per partorire, è proprio una donna.
Non ha ancora partorito, ma il momento si avvicina. Sarah non riesce ad impedire l’ingresso della sua carnefice. Presto apprendiamo che questa donna ha in mente un obiettivo … recuperare il bambino dall’utero di Sarah.
Non c’è nemmeno il tempo di visualizzare la fitta rete di input tematici e psicologici posti dalla trama, che già è iniziato la raffinata macelleria. Troviamo un discreto gusto nelle sequenze splatter, sia nell’estetica che nella narrazione.
Abbastanza presto, lo spettatore si ritrova immerso in un film di invasione domestica, perversione, sadismo e proiezione di desideri in chiave sanguinolenta. Questo è forse il film sulla gravidanza più gore e violento mai realizzato.
Psicologia dei personaggi: accenni in un mare di violenza
La donna (di cui mai scopriremo il suo nome) è determinata a mettere le mani sul bambino di Sarah e farà veramente di tutto per ottenerlo. Una volta che entra in casa il livello di caos si scarica così rapidamente che non c’è un attimo di respiro, una pausa, un momento per digerire la violenza che si diffonde sullo schermo. Il ritmo è frenetico e personalmente l’operazione di regia nelle sequenze mi ha alzato i livelli di angoscia.
La donna sfregia subito Sarah tagliandola sul viso, poi la insegue nel bagno dove si chiude. La donna è assettata di sangue, rabbiosa, e non si ferma davanti a nulla. Durante tutto il film, varie persone si fermano per controllare Sarah, il che si traduce in un massacro di proporzioni epiche. Per quel che riguarda una tale tematica, questo è probabilmente il film slasher più violento, realistico e sanguinoso mai assemblato. Senza contare che termina con una nota così sconvolgente che non c’è una sola persona che potrebbe uscire da dalla visione senza sentirsi male.
Horror al femminile tra politica e personaggi forti:
Ci sono due cose meravigliose da dire su questo film. La prima è che il film vede come protagoniste due donne forti, la seconda è che entrambe queste donne sono personaggi sviluppati con una forte umanità ed empatia. Il che, oltre a rendere la violenza straniante e inquietante, ci rende impossibile sapere da che parte stare. La sceneggiatura è solida, fondata, credibile e, soprattutto, accattivante. I nostri due personaggi principali si sviluppano magnificamente in donne di cui entrambi ci preoccupiamo e con cui possiamo simpatizzare, rendendo ogni momento molto più pieno di suspense e angoscia.
A l’intérieur è certamente un film politico. La rivolta dei migranti nella banlieue parigina fa da minacciosa cornice alla vigilia di Natale (giornali, televisione e poliziotti non fanno che parlare degli scontri in atto) e lo spettro dell’immigrazione è un retropensiero claustrofbico del film. Vediamo in questo background tematico stagliarsi due grandi spinte. Da una parte la perdita del proprio figlio, simbolo dela purezza da preservare; dall’altra il pericolo, la causa che è l’altro come estraneo. L’estraneo è il terrore primario; se poi diventa sfacciatamente intruso si consacra come la madre di tutte le angosce.
Ancora una volta, l’ambientazione – città francese suburbana nel mezzo di una rivolta causata dalle miserabili condizioni in cui i migranti sono spinti a vivere – offre un ulteriore livello di credibilità alla trama e ai suoi personaggi. Come già accennato, questa generazione di Horror Politico è una perla del cinema francese. Una perla immersa in una tinozza di sangue denso.
A L’intèrieur e il Body Horror:
Ho letto di questo parallelismo e mi trovo molto d’accordo. Non è un azzardo associare (almeno in parte) A L’interieur al body horror.
Non solo perché il corpo della protagonista è in mutazione ma la tematica del corpo è portante in tutta la durata del film. Infatti è lo stesso titolo a suggerirci un’appartenenza al sotto-genere più anarchico ed esplosivo della cinematografia dell’orrore anni ’80.
Si è ossessionati da ciò che c’è dentro, all’interno, le sequenze ci fanno immergere in una voglia spasmodica e violenta di tirare fuori le frattaglie, le interiora, il bambino. Il corpo è il fulcro e va smembrato sì, ma soprattutto aperto: bisogna esplorarne l’interno. Lo smembramento fisico dei corpi non è il solo focus in con cui interpretiamo il concetto di interno: la furia dell’aguzzina è rivolta al nascituro ma anche alla stessa casa in cui la vicenda si svolge. “Dentro” in questo film è un concetto chiave, in bilico tra una perversa volontà esplorativa e la dissacrante e furiosa violazione di quel luogo intimo e sacro che ognuno di noi crede di possedere.
Chi ama il Gore conosce bene questa sensazione: la curiosità morbosa che porta a spingerci oltre, alla ricerca visiva di quel tappeto di frattaglie così orrendo da farci di nuovo spaventare. Il dissacrante come elemento di curiosità, ma anche di violazione, spinta al superamento di limiti e tabù. A l’interièur ha cercato di trasmettere proprio questo: a parer mio, con successo.
Importante NON confondersi con il Remake Americano, mi raccomando!
C’è stato, dieci anni dopo, un Remake della pellicola. Come già accaduto com Martyrs, è dagli Stati Uniti D’america che proviene quest’operazione profana. Assolutamente una copia, oltretutto decisamente sottotono e priva di qualsivoglia originalità.
Inside segue la stessa storia di A l’intérieur, ma è ambientato nella tipica ricca provincia americana in contrapposizione ai poveri sobborghi dell’originale. I personaggi, interpretati da attori americani, hanno gli stessi nomi di quelli del film del 2007.
L’aggiunta del cagnolino in casa, oltre ad essere un tremendo espediente per disvelare elementi della trama, è anche un terribile clichè che contribuisce ad imborghesire la pellicola snaturandola di tutti i significati politici. La fotografia e le scenografie così cupe sembrano uno scimmiottamento e lasciano un sapore di già visto piuttosto stucchevole.
Insomma, non guardate il remake, guardate l’orginale. Veramente, guardatelo. E se ve lo stavate chiedendo nel corso di tutta questa recensione beh…. Sì, Sarah verrà accoltellata proprio al pancione. Sarà una delle cose più tremende e allucinanti che possiate vedere in un film.
Questo è, come sempre, Cinema per stomaci forti!
Ogni Venerdì è Venerdì 13 con me! Ci vediamo al prossimo appuntamento di “Bloody Mary, Bloody Friday”!
Ho scritto già di:
Wes Craven
Oldboy
Apocalypto
Bloody Friday per
METROPOLITAN CINEMA
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