Achille Lauro e il cinema è un binomio inedito ma non troppo sorprendente, poiché è evidente che lui non intenda farsi ingabbiare da alcuna etichetta. L’ha ben dimostrato negli anni e persino sul palco dell’Ariston lo scorso febbraio. Definirlo rapper o cantante sarebbe soltanto riduttivo, visto il progetto più ampio che si è costruito attorno. Questo personaggio simbolico, fluido e provocatorio ammicca forse maggiormente alla performance art e a un’arte visuale che riesca a sfruttare al meglio la sua immagine. 

Il cameo di debutto di Achille Lauro

Sembra averlo intuito perfettamente il regista Lorenzo Giovenga, autore del cortometraggio Happy Birthday, presentato alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia. Giovenga non chiede molto a Lauro, solo una breve apparizione sulle note di Midnight Carnival. Quella che sembra una semplice vetrina musicale, a cui si aggiunge C’est la vie nei titoli di coda, va letta però anche a un livello più profondo.

Lorenzo Giovenga sul set di Happy Birthday - Photo credit: web
Lorenzo Giovenga sul set di Happy Birthday – Photo credit: web

La figura di Achille Lauro rispecchia in modo immediato e coerente il mondo immaginario e surreale presentato nella prima metà del corto. Si inserisce in un “Paese delle meraviglie” volutamente alienante, dall’atmosfera circense, giocosa ma angosciante, che è il suo habitat naturale. Lauro infatti mira molto con il suo stile a creare “disagio”, rottura con le aspettative di normalità.

Combinazione di estetica e impegno sociale

Il film di Giovenga, così eccentrico nell’estetica (curata dal grande Terry Gilliam), svela lentamente un grande impegno sociale sul fronte della salute mentale e del supporto psicologico. Lo strano mondo ricostruito nella prima metà si scopre essere non solo un mondo di fantasia ma una vera e propria realtà aumentata. Il corto fa infatti parte della serie di esperimenti filmici con il visore della VR (realtà virtuale).

Jenny De Nucci in Happy Birthday - Photo credit: web
Jenny De Nucci in Happy Birthday – Photo credit: web

Nel tentativo di pubblicizzare anche questo nuovo modo di fare cinema e arte visuale, Happy Birthday racconta una storia che lentamente si rivela molto di più. Come spesso accade in alcuni cortometraggi, i primi minuti sono anche quelli meno chiari, che tendono volontariamente a sviare l’interpretazione. L’atmosfera iniziale porta verso l’inquietudine dell’horror, per poi rivelarsi invece una storia intima, un tentativo disperato di aiuto.

Allerta spoiler. Happy Birthday è infatti un racconto sulla realtà sempre più diffusa degli hikikomori in Italia. Ragazzi e ragazze che volontariamente si isolano dal mondo per mesi o anni, schiacciati dalla pressione sociale. Il colpo di scena arriva circa a metà film, quando Sara (Jenny De Nucci) scopre “l’inganno” del padre, interpretato da Fortunato Cerlino, entrato nella sua realtà aumentata solo per starle vicino.

Poster ufficiale di Happy Birthday (L. Giovenga) ispirato agli hikikomori - Photo credit: web
Poster ufficiale di Happy Birthday (L. Giovenga) ispirato agli hikikomori – Photo credit: web

Un esperimento ben riuscito

Il dolore di questa famiglia spezzata riempie l’intera seconda metà del film, con l’intento appunto di sensibilizzare il pubblico su una tematica ancora ignorata dai più. È qui che ritorna Achille Lauro, con uno dei suoi testi più intimi (C’est la vie), in una veste diversa ma ugualmente coerente. Conclude il racconto, sui titoli di coda, cavalcando quella stessa tristezza impotente con cui si conclude il corto.

Il contribuito che dà a Happy Birthday è minimo e la sua presenza sullo schermo piuttosto fugace, tuttavia l’esperimento si può definire riuscito. Achille Lauro ha una fisicità e un’estetica che il cinema e la videoarte potrebbero approfondire ancora, rendendolo una maschera ancor più interessante.

Achille Lauro alla presentazione di Happy Birthday a Venezia - Photo credit: web
Achille Lauro alla presentazione di Happy Birthday a Venezia – Photo credit: web

Articolo di Valeria Verbaro

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